«Questo non è più un processo dove si accerta una verità, ma è diventato un processo astratto». Esordisce così Rosario Pio Cattafi in videoconferenza dal carcere de L’Aquila dove è detenuto al 41-bis. Durante l’udienza preliminare del processo “Gotha 3” che lo ha portato in carcere e che si è tenuta nell’aula di Assise del tribunale di Messina, Cattafi ha preso la parola per fare dichiarazioni spontanee.
Al riparo dalle domande dei pubblici ministeri, l’avvocato accusato di essere “colletto bianco” della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, ha messo in dubbio la parzialità della sede del processo a causa del «clima creato dall’avvocato Repici con le sue denunce». Ragione per cui Cattafi, tramite i suoi legali Giuseppe Salvatore Carrabba e Giambattista Freni, ha chiesto di spostare il processo che lo vede imputato per associazione mafiosa da Messina a Reggio Calabria.
I fatti richiamati da Cattafi risalgono al 2010, quando l’avvocato Fabio Repici, a quei tempi legale della famiglia di Graziella Campagna e oggi del collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano, fece alla trasmissione di Rai3 “Blu notte” delle dichiarazioni sul «sistema istituzionale asservito alle esigenze e agli interessi della mafia». Repici denunciava il cosiddetto “rito peloritano”, il sistema di relazioni, connivenze e favori ai piani alti delle istituzioni che inquinava anche la magistratura: «al momento in cui il giudice, il pubblico ministero, l’avvocato e perfino l’imputato sono amici tra di loro, è chiaro che il processo diventa una farsa» aveva dichiarato a Carlo Lucarelli.
«Repici in un verbale risalente al 15 aprile 2011 formula delle accuse ben precise nei confronti del magistrato Giuseppe Verzera, che è lo stesso che ha negato a noi difensori una registrazione – è stata l’accusa di Carrabba – e quel fascicolo è stato inviato anche al procuratore Pignatone di Reggio Calabria. Perciò ci dev’essere un procedimento aperto lì. In tal caso la competenza anche di questo processo sarebbe di Reggio».
Una tesi subito smontata dal giudice dell’udienza preliminare, Monica Marino, che ha dichiarato «inammissibile la richiesta in quanto non sono stati rispettati la forma e i termini per la presentazione della richiesta da parte degli avvocati difensori di Cattafi. Il fatto che l’imputato sia sottoposto al 41-bis non è minimamente ostativa al deposito della richiesta – ha poi rincarato – poiché il detenuto può formulare le sue richieste presso la casa circondariale in cui è ristretto, e sarebbe come se le avesse formulate presso la cancelleria del giudice».
Niente spostamento del processo a Reggio Calabria, dunque, nonostante Cattafi avesse giocato un’ultima carta per convincere il gup Marino: «Sono stato arrestato per legami con politici e con l’ex procuratore generale Franco Cassata, mi ha accusato Bisognano. Più connessioni di così!». Ma nulla ha convinto il giudice che il processo non si possa tenere a Messina.