Per chi, da pattese, si apprestasse a far ritorno nel piccolo centro tirrenico della provincia messinese dopo alcuni anni di assenza, la prima, immediata sensazione appena sceso dal treno sarebbe quella di uno straniero in patria. E si domanderebbe di certo come possa essere accaduto che in un così breve volgere di tempo sia stato collocato un numero così inverosimile di costruzioni, palazzi, palazzine e villette a schiera lungo tutto il versante orientale della cittadina: primo, evidentissimo biglietto da visita per chi giunge da Messina, sia in treno che in auto.
Il secondo pensiero sarebbe dunque rivolto a ricercarne le cause: “di certo – penserebbe – si sarà verificato un incremento straordinario della popolazione, fenomeno in grado di giustificare l’esigenza di nuovi insediamenti abitativi”. Tuttavia rimarrebbe sicuramente deluso nello scoprire che la popolazione è rimasta pressoché stazionaria. E probabilmente la sua mente s’affollerebbe di domande: cercherebbe di capire quali possano essere state le ragioni che abbiano spinto tanti imprenditori edili ad investire su un territorio privo di una massiccia richiesta abitativa, decidendo di sovvertire le più banali regole di mercato basate sull’equilibrio tra domanda e offerta. Si chiederebbe altresì perché gli amministratori abbiano permesso un tale scempio del territorio infischiandosene totalmente dell’impatto ambientale, e perché non sia stato previsto, quantomeno, un adeguamento ad un criterio omogeneo nella realizzazione e nella tinteggiatura delle facciate, così da non destare nel forestiero il sospetto d’essersi imbattuto in quel paese dei balocchi di collodiana memoria.
A questo punto comincerebbe a cercare risposte da parenti, amici e conoscenti, fin quando qualcuno, pazientemente, mettendoglisi di fianco, non comincerebbe a raccontargli una storia che, più o meno, suonerebbe così: ”Appena due anni fa, era il gennaio del 2010, i Carabinieri della Stazione di Patti effettuavano il sequestro di 42 appartamenti tutti in costruzione in contrada “Cuturi”. Le accuse principali riguardavano la violazione del DPR 380/2001 e di altre Leggi Regionali e Regolamenti Comunali che disciplinano il settore dell’edilizia urbana, poiché le abitazioni erano state costruite realizzando una trasformazione urbanistica illegittima del territorio tramite aumenti di volumetrie non conformi agli strumenti urbanistici vigenti ed al piano di lottizzazione approvato dal Consiglio Comunale; l’abuso d’ufficio in concorso, consistente nel rilascio di concessioni edilizie che avevano consentito la illegittima realizzazione dei fabbricati sequestrati; la mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria (parcheggi, strade, rete fognaria e relativo depuratore, reti idrica, telefonica ed elettrica, spazi di verde pubblico attrezzato); la falsa attestazione, da parte dell’Ufficio Tecnico comunale di Patti, dell’avvenuta realizzazione di quelle stesse opere di urbanizzazione che aveva consentito il rilascio delle concessioni edilizie. Tra gli indagati risultavano anche alcuni impiegati dell’Ufficio Tecnico del Comune di Patti, i componenti delle Commissioni Edilizie, gli imprenditori e i direttori dei lavori delle imprese costruttrici.
Nel frattempo l’esasperazione degli abitanti di contrada Cuturi è andata crescendo di pari passo alla sordità di chi avrebbe dovuto garantire livelli di vivibilità quantomeno accettabili, per cui qualche giorno fa hanno pensato bene di sfogare il loro disagio in un documento pubblico. In esso si porta a conoscenza che a seguito delle pur non intense piogge che hanno colpito il paese di Patti, è stato possibile riscontrare la quasi totale otturazione dei tombini di deflusso delle acque meteorologiche ed il conseguente allagamento della sede stradale con minaccia per le abitazioni. Tali allagamenti contribuiscono al progressivo deterioramento del manto stradale che presenta delle buche in vari punti delle carreggiate e la causa preminente di tali disagi sarebbe l’inesistente opera di pulizia e manutenzione alla rete di deflusso delle acque meteorologiche: i canali sono ricoperti da vegetazione fittissima che, in alcuni punti, cela addirittura delle discariche di rifiuti a cielo aperto. Nel documento si evidenzia inoltre che a seguito dei lavori di attivazione dell’impianto di illuminazione stradale, la ditta aggiudicatrice dei lavori non ha ancora ultimato il ripristino della sede stradale interessata dal passaggio dei cavi elettrici: il materiale di risulta è abbandonato e ricoperto da vegetazione che funge ormai da arredo urbano e nello stesso tempo causa sporcizia e pericolo per i residenti. Nel documento i residenti hanno inoltre evidenziato la mancanza di un adeguato servizio di pulizia per le due strade di competenza comunale ed hanno richiesto l’installazione di un’apposita segnaletica verticale, orizzontale e luminosa e l’assegnazione dei numeri civici che garantirebbe il regolare recapito della posta per i residenti e la facile localizzazione delle abitazioni, in particolar modo per i mezzi di soccorso.
Il documento evidenzia in maniera drammatica lo stato di abbandono e degrado in cui versa parte del territorio cittadino: proprio quell’area interessata negli ultimi anni da un’opera di cementificazione selvaggia. Così la contrada Cuturi è divenuta simbolo di una gestione scellerata del territorio che da una parte mira alla costruzione forsennata di scatoloni di cemento e dall’altra abbandona nella più totale incuria tutto ciò che andrebbe invece valorizzato. E proprio in contrada Cuturi, casualità delle casualità, è sorta ormai da parecchi mesi l’ingombrante, mastodontica scatola bianca che presto ospiterà un nuovissimo e modernissimo centro commerciale, e che già minaccia il futuro delle tante attività commerciali che insistono, un po’ stentatamente, nel cuore del centro cittadino. Ed è proprio al centro cittadino che, infine, dovremmo volgere lo sguardo: cosa offre ai nostri anziani e ai nostri giovani? Non esiste un centro di socializzazione, un circolo, un luogo di ritrovo, una struttura pubblica per praticare sport o parlare di arte e di cultura. La centralissima piazza Marconi, un tempo lastricata in pietra lavica e adibita a salotto della città, è divenuta un grande parcheggio per automobili; il parco Robinson, polmone verde della città, non dispone di un parco giochi per bambini; la piazza Mario Sciacca, fino a pochi anni fa ritrovo privilegiato dai giovani, rimane tristemente vuota anche di sabato sera; il palasport di via Mazzini è ormai una struttura fatiscente e pericolante; il centro storico, a parte le recenti ristrutturazioni di Palazzo Galvagno e del convento di San Francesco, rimane, dopo quarant’anni di proclami e di promesse, un’accozzaglia di casolari al limite della decenza, ghetto d’eccellenza per un centinaio d’extracomunitari. In compenso a destra del “monte sacro” su cui svettano la cattedrale e il palazzo vescovile, a qualche centinaia di metri in linea d’aria, è sorta la nuovissima concattedrale: un edificio a base cilindrica e dalla sommità conica, dipinta con dei colori che da subito hanno destato le perplessità dei pattesi, quasi convinti che si tratti dell’ennesimo schiaffo alla dignità e al buon gusto di questo paese.
Eccoli i segnali più visibili di una cittadina, come tante ne esistono al sud, che, sprofondata nell’apatia e nel fatalismo, ha rinunciato a riprendersi e a rivivere i suoi spazi in maniera civile ed intelligente, precludendo ai suoi cittadini l’occasione di incontrarsi, discutere, condividere idee e speranze di crescita. In sintesi, ha impedito la nascita di una società civile davvero impegnata e consapevole. Nel frattempo il consiglio comunale discute dell’eventualità di costruire un carcere. Fine della storia.”
A questo punto il curioso, quello da poco ritornato nella sua Patti, rientrerebbe a casa con un solo obiettivo: rifare le valigie e tornarsene da dove era venuto. Ma questa è solo una storia e – seppur vera – si alimenta sempre e comunque della speranza che qualcosa, prima o poi, possa cambiare.