Chi manda le onde, l’ultimo lavoro di Fabio Genovesi

Si è tenuta a Messina la presentazione del libro “Chi manda le onde”, scritto dall’autore toscano Fabio Genovesi. Location dell’evento è stata la libreria bistrot Colapesce, che ha organizzato la presentazione in occasione del primo anno di attività della libreria.    
Un folto numero di appassionati era presente all’avvenimento, che è stato introdotto dal giornalista Francesco Musolino, il quale ha esaltato la capacità di Genovesi nel riuscire a rendere le vite dei personaggi aderenti alla realtà, cogliendone le sfumature ed i più piccoli dettagli.

“Chi manda le onde” è un libro che si pone un obiettivo duplice: da un lato raccontare il dolore, le cose brutte che purtroppo succedono, dall’altro suscitare la risata nei lettori, cosa che mette in risalto la capacità dell’autore di affrontare argomenti seri con una certa leggerezza.

Il modo migliore per comprendere a fondo questo romanzo è concentrarsi sui personaggi che si muovono al suo interno: Serena, una donna che ha sofferto molto per amore; Luna, una bambina albina che non si protegge dalle avversità della vita, che cerca di non privarsi di nulla, assieme all’amico Zot, un ragazzino arrivato da Chernobyl, che nonostante l’età si esprime con un linguaggio che ricorda un dizionario degli anni Cinquanta. C’è Sandro, un quarantenne innamorato di Serena, la cui vita però non sbocca, rimane intrappolato in una sorta di limbo, non riuscendo a diventare adulto; e poi Ferro, un ex bagnino in pensione, che si erge a ultimo baluardo contro i miliardari russi che vogliono impossessarsi della Versilia.

“Ci ho messo quattro anni a scriverlo” – ha esordito Genovesi – “ci sono dei metodi per scrivere dei romanzi: uno è costruirlo come un tema al liceo, i professori bravi ti dicono di usare la griglia. È un modo veloce per scrivere un romanzo che fa schifo. La vita non è così, la vita non è uno schema. Lo schema è preciso, meccanico, prevedibile, lineare, che in fondo è l’esatto opposto di quello che è la vita.”

Una certezza dell’autore, all’inizio del progetto cui si prestava, era che non avrebbe parlato della Versilia, tuttavia la difficoltà nel dover raccontare un posto che non si conosce ha riportato Genovesi sui suoi passi, e così la Versilia, per il particolare ruolo che riveste, va ad essere quasi un personaggio aggiunto dell’opera.
Genovesi racconta la Versilia per chi non la conosce, per rendere interessante a tutti i luoghi che lo hanno visto crescere.

Come il titolo lascia intendere, fulcro di tutta l’opera è il mare, e la costante metafora delle onde che rappresentano le difficoltà della vita, che sembrano insuperabili, ma che poi alla fine si superano.
E l’andamento delle onde sembra quasi riecheggiare leggendo il romanzo, che alterna un ritmo incalzante ad uno più calmo, disteso.

Peculiarità di Genovesi è quello di usare differenti punti di vista: ricorre alla prima persona per Luna, questa bambina albina dagli occhi troppo chiari per sopportare la luce del sole che ricorre all’immaginazione per vedere e ricostruisce delle storie grazie agli oggetti che il mare trasporta sulla spiaggia; la seconda persona è usata invece per Serena, una scelta dovuta al fatto che è difficile decifrare la mentalità femminile, immedesimarsi nel loro modo di essere. Il “tu” rappresenta la voce dello specchio, quello che giudica la donna e le fa credere di essere inadeguata in ogni situazione nella quale si viene a trovare; infine, l’impiego della terza persona è per Sandro, che rappresenta la generazione dei quarantenni di oggi, e per gli altri personaggi, è l’autore che gestisce direttamente la narrazione.

“A me piace raccontare questo: come reagiscono le persone ai calci e alle carezze della vita” – conclude Genovesi. Un romanzo quindi originale, che vuole raccontare il dolore della vita, ma essere al contempo un libro comico: un libro in cui si intrecciano diversi punti di vista, allo stesso modo in cui si intrecciano le vite di questo strano gruppo di personaggi, dei quali Genovesi è un tramite, che dà loro voce senza tuttavia far avvertire la sua presenza.