Convenzione contro la violenza maschile sulle donne – femminicidio*

Il 25 novembre 2012, Giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, non deve essere in Italia una ricorrenza rituale. Alle parole devono corrispondere con forza politiche adeguate per fermare la violenza di genere che è una violazione dei diritti umani.

Negli ultimi anni, in diversi consessi internazionali, lo Stato italiano è stato fortemente redarguito dalle Nazioni Unite per il suo scarso e inefficace impegno nel contrastare la violenza maschile nei confronti delle donne.

Nell’agosto del 2011, il Comitato CEDAW (Comitato per l’implementazione della Convenzione per l’eliminazione di ogni discriminazione sulle donne), e nel Giugno 2012, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, hanno rivolto allo Stato italiano una serie di raccomandazioni.

Entrambi hanno espresso una forte preoccupazione:

per l’elevata prevalenza della violenza nei confronti di donne e bambine, italiane, migranti, Rom e Sinte; per l’allarmante numero di donne uccise dai propri partner o ex-partner (femminicidi); per il persistere di tendenze socio-culturali che minimizzano o giustificano la violenza domestica; per l’assenza di rilevamento dei dati sul fenomeno, per la mancanza di coinvolgimento attivo e sistematico delle realtà della società civile competenti sul fenomeno per contrastare la violenza; per le attitudini a rappresentare donne e uomini in maniera stereotipata e sessista nei media e nell’industria pubblicitaria. Ad oggi l’Italia è ancora del tutto inottemperante rispetto agli standard e agli impegni internazionali.

Per questo, come associazioni di donne e realtà nazionali della società civile che condividono da tempo un forte impegno per contrastare, prevenire e sensibilizzare sul tema della violenza sulle donne e sui diritti umani, abbiamo elaborato una Convenzione condividendo una proposta politica unica, aperta all’adesione di altre realtà nazionali, locali e a singole persone, perché consapevoli della diversità delle nostre storie e dei nostri percorsi. Abbiamo scelto di essere insieme per richiamare le Istituzioni alla loro responsabilità e agli atti dovuti, per ricordare che tra le priorità dell’agenda politica la protezione della vita e della libertà delle donne non possono essere dimenticate e disattese.

La Convenzione che presentiamo alle Istituzioni a partire dalla giornata del 25 novembre 2012, sostiene che:

– La violenza maschile sulle donne non è una questione privata ma politica e un fenomeno di pericolosità sociale per donne e uomini, bambine e bambini.

– Tale violenza non è un fenomeno occasionale ma un’espressione del potere diseguale tra donne e uomini, di cui il femminicidio è l’estrema conseguenza.

La chiave del contrasto alla violenza sulle donne in ogni sua forma consiste:

– nel cambiamento radicale di cultura e mentalità,

– nella rappresentanza appropriata delle donne e degli uomini in ogni ambito della società;

– nell’uso non sessista del linguaggio, anche nei media, al fine di promuovere un rapporto rispettoso e un livello di potere equo tra uomini e donne,

– nell’intervento delle Istituzioni che non possono lasciare i cittadini e le cittadine soli davanti a un tale fenomeno, siano essi italiane o italiane, straniere o stranieri. Le Istituzioni sono tenute a prevenire, contrastare e proteggere con politiche attive, coerenti e coordinate l’intera popolazione, con il sostegno delle reti locali a partire dai centri antiviolenza.

La Convenzione denuncia:

– L’insufficiente ascolto e coinvolgimento che viene riconosciuto alle realtà che da anni praticano politiche e cultura di genere nel rispetto delle differenze, con risultati importanti.

– L’inadeguatezza e la mancata attuazione del Piano Nazionale Antiviolenza del Dipartimento Pari Opportunità.

– Le risposte insufficienti, casuali e discontinue, provenienti dalle Istituzioni sul fenomeno, e il preoccupante disinteresse verso le Convenzioni internazionali e la conseguente violazione dei diritti umani.

– Il silenzio istituzionale sul persistere di una diffusa rappresentazione stereotipata e svilente delle donne e dei loro ruoli in famiglia e nella società, in particolare nei media e nelle pubblicità;

– Un’informazione che troppo spesso racconta in maniera obsoleta e scandalistica la violenza sulle donne, arrivando a scusare il comportamento degli uomini violenti.

Consapevole del grande impegno da affrontare, la Convenzione promuove a partire dalla settimana del 25 novembre una serie di incontri e mobilitazioni con le associazioni di donne e le realtà della società civile che hanno condiviso i contenuti e le richieste di questa proposta.

Invita le Istituzioni nazionali e locali ad un confronto aperto, ad assumersi le proprie responsabilità, a porre in essere politiche adeguate e rispettose della dignità e dei diritti umani delle donne.

In particolare chiede che:

– il Governo nella persona del Presidente Monti incontri le rappresentanti della Convenzione per un confronto di merito su questo drammatico fenomeno e su quali azioni intende sostenere per adempiere alle relative raccomandazioni delle Nazioni Unite.

– il Consiglio dei Ministri dedichi una seduta speciale al dibattito sulle politiche necessarie ad affrontare la violenza sulle donne in Italia, ed ogni Ministro si pronunci in modo chiaro su come intende dar seguito ai propri propositi in materia e nell’esercizio delle sue funzioni.

– Il Parlamento presenti e discuta i temi della presente Convenzione contro la violenza sulle donne, le Raccomandazioni del Comitato CEDAW e della Relatrice Speciale sulla violenza dell’Onu e stabilisca i relativi impegni da prendere.

– I Consigli e le Giunte Regionali invitino le realtà aderenti alla Convenzione, le associazioni e i centri antiviolenza presenti sui territori locali e prendano impegni precisi, anche in merito all’attuazione delle raccomandazioni ONU e ai vincoli delle raccomandazioni comunitarie per gli ambiti di competenza regionale.

– che lo stesso facciano i Comuni per la costruzione o per il rafforzamento delle reti locali a partire dai centri antiviolenza in tutte le città d’Italia.

– che l’ordine dei giornalisti, la federazione della stampa e gli editori accolgano la Convenzione per ciò che riguarda l’informazione e i mass media.

La Convenzione si rivolge allo Stato italiano, al Parlamento, all’intero Governo e al suo Presidente, alle Regioni, ai Comuni e a tutte le altre Istituzioni con le seguenti richieste:

Sulla base degli obblighi internazionali assunti dallo Stato Italiano in materia di violenza maschile sulle donne e di stereotipi di genere chiediamo:

• il rispetto e l’attuazione delle osservazioni conclusive 2011 del Comitato CEDAW e delle raccomandazioni della Relatrice Speciale ONU contro la violenza sulle donne;

• la ratifica immediata della Convenzione del Consiglio d’Europa (Istanbul 2011) sulla

prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica.

In materia di prevenzione, contrasto e protezione dalla violenza maschile sulle donne chiediamo un sistema di servizi che:

• Si attengano agli standard minimi previsti dal Consiglio d’Europa in materia;

• Condividano una definizione univoca di violenza contro le donne basata su standard internazionali, con la rete di servizi pubblici e convenzionati a partire dai centriantiviolenza;

• Promuovano la creazione di reti locali competenti tra tutti i settori che sono coinvolti nella prevenzione, nella protezione e nel contrasto alla violenza;

• Garantiscano la presenza omogenea e capillare sul territorio nazionale, dei servizi pubblici e convenzionati, con finanziamenti regolari e continuati nel tempo;

• Definiscano una regolamentazione dei criteri metodologici di accoglienza e protezione delle vittime di violenza con un approccio di genere e laico per tutte e tutti;

• Riconoscano i centriantiviolenza come nodi strategici di ogni politica e come parte integrante dei servizi da offrire sul territorio per accogliere donne vittime di violenza e nel caso i loro figli/e;

• Predispongano un meccanismo per cui ogni Regione abbia una sua legge regolarmente finanziata, anche attraverso i Fondi Sociali Europei, che permetta ai Comuni di avere risorse certe per sostenere nei piani di zona i servizi e le politiche locali di prevenzione, sensibilizzazione, protezione e contrasto alla violenza.

Formazione

Di fondamentale importanza è la formazione di tutti i soggetti che lavorano nei vari settori con le vittime di violenza e i minori in un’ottica di genere. L’assenza di formazione e specializzazione in materia di violenza sulle donne rappresenta un fattore di rischio per l’incolumità psicofisica delle donne che si rivolgono alle autorità ed ai servizi territoriali per chiedere aiuto e può determinare prassi deleterie e percezioni soggettive che sminuiscono e giustificano gli abusi, determinando una condizione di vittimizzazione secondaria ed aumentando il pericolo di ulteriori violenze. Per questo è necessario:

• Assicurare un’adeguata formazione, attraverso le competenza delle donne che da anni lavorano per prevenire e contrastare il fenomeno per:

– le forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri etc.) e dell’esercito;

– il personale dei pronti soccorso, i servizi sanitari e socio sanitari, i medici di base e tutti i servizi territoriali;

– tutto il personale dei servizi sociali compresi quelli dedicati all’immigrazione;

– la magistratura, l’avvocatura, i pubblici ministeri e il personale dei tribunali civili, penali e minorili;

– i giornalisti e gli operatori dell’informazione nei mass media.

Raccolta dati e banche dati

In Italia manca una rilevazione dei dati sistematica, integrata e omogenea, in materia di violenza sulle donne su tutto il territorio nazionale da parte dei diversi servizi coinvolti (es. forze dell’ordine, pronto soccorsi, servizi socio sanitari etc.).

Tali dati sono indispensabili per valutare l’entità del fenomeno e soprattutto per approntare politiche adeguate e determinare una corretta informazione dei mass media. E’ imprescindibile ed improrogabile che :

• Venga definito un meccanismo di rilevazione che sia sistematico, integrato e omogeneo, attraverso l’uso di metodologie standard internazionali, dei dati quantitativi e qualitativi raccolti dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, dal 1522 e dalla rete dei centri antiviolenza su tutte le forme di violenza sulle donne; questi dati dovranno essere rielaborati dall’ISTAT che deve presentare un rapporto annuale dei risultati. Si pongono così le basi per l’istituzione di un futuro Osservatorio nazionale sulla violenza contro le donne.

• Venga immediatamente costituito il comitato di monitoraggio previsto dal Piano Nazionale;

• Vengano rese comunicanti le banche dati delle forze dell’ordine;

• Vengano rilevati sistematicamente e resi pubblici dai Ministeri competenti i dati, disaggregati per genere, divisi per distretti di competenza e per regioni, relativi a:

– denunce per violenza sessuale, atti persecutori, maltrattamento, omicidio/femminicidio e tentato

omicidio, violazione degli obblighi di assistenza familiare e successiva archiviazione, remissione di

querela, rinvio a giudizio, rito con il quale il giudizio è stato definito, esito del giudizio,

applicazione di misure cautelari, violazione delle misure cautelari;

– applicazione della l. 154/2001(misure contro la violenza nelle relazioni familiari);

– ammonimenti del questore per atti persecutori(stalking);

• Vengano rilevati sistematicamente dai servizi competenti e resi pubblici dai Ministeri le richieste di prestazioni e di aiuto conseguenti ad atti di violenza nei confronti delle donne:

– nei pronto soccorsi,

– nei servizi socio sanitari,

– da parte dei medici di base,

– nei centri antiviolenza,

– dal numero nazionale di pubblica utilità 1522.

Giustizia e diritto di famiglia

In sede giudiziale, in caso di separazione e affido dei minori, nei casi di violenza domestica agita sulle donne e assistita o subita dai figli chiediamo che:

• La legge vieti l’affido condiviso tra i due genitori e che venga applicato come prassi l’affido esclusivo al genitore non violento;

• Sia vietato l’utilizzo della sindrome di alienazione parentale (PAS) in ambito processuale ed extraprocessuale;

• Non sia consentito l’utilizzo di tecniche di mediazione familiare in ambito processuale ed extraprocessuale.

In conformità agli obblighi derivanti allo Stato dagli accordi internazionali ed in attuazione dei principi stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti Umani in materia di violenza sulle donne chiediamo che:

• Vi siano interventi tempestivi a difesa dell’incolumità delle donne che denunciano violenze;

• La predisposizione negli uffici giudiziari di sezioni specializzate in materia di violenza di genere;

• La liquidazione definitiva del danno cagionato dalle violenze, assicurando meccanismi risarcitori effettivi.

Infine si deve porre fine alla umiliazione ed alla frustrazione delle donne che, in sede civile, combattono per il riconoscimento dei propri diritti e di quelli dei propri figli, vagando da una sede all’altra a seconda delle diverse competenze territoriali dei diversi giudici: infatti, per facilitare la risoluzione dei diversi aspetti sostanziali e procedurali dei casi di separazione per coppie di fatto e sposate (con figli), sulle quali la competenza a giudicare è suddivisa tra organi diversi, quali il Tribunale Ordinario e il Tribunale dei Minori, siti in territori diversi od anche in città diverse, chiediamo l’individuazione di una unica sede fisica presso i Tribunali Ordinari e di procedure semplificate.

Informazione e mass media

Nella formazione dell’opinione pubblica, e nel sostegno degli stereotipi comuni, l’informazione tramite stampa, tv e web, ha un ruolo fondamentale, per questo è necessario richiamare i mass media alla loro funzione d’informazione responsabile, affinché promuovano e diffondano una cultura più consapevole riguardo le questioni di genere, e un modo adeguato e rispettoso nel trattare temi e fatti che riguardano la violenza sulle donne in ogni sua declinazione, compreso l’immaginario che a essa si richiama. Pertanto è fondamentale che l’informazione dei mass media adotti un linguaggio adeguato e immagini idonee che non trasformino la vittima in complice della sua stessa morte o violenza, perché così si ridimensiona agli occhi dell’opinione pubblica la gravità del reato, con il rischio ridimensionare la gravità del reato stesso. Per questo chiediamo che:

• Il governo ed i Ministeri preposti, insieme all’Ordine dei Giornalisti, la Federazione nazionale della Stampa e agli editori, individuino e adottino gli strumenti di formazione idonei a promuovere nelle redazioni una cultura più consapevole sulla violenza di genere e sul femminicidio al fine di darne una informazione corretta e adeguata, con l’introduzione di corsi specifici per chi già svolge la professione nelle redazioni e per chi si appresta a svolgerla (scuole di giornalismo e master);

• Il governo, tramite i ministeri interessati, istituisca un Osservatorio sull’informazione che riguarda la violenza di genere– femminicidio per monitorare nel tempo i cambiamenti intervenuti sui mass media.

Azioni di prevenzione e sensibilizzazione culturale

È fondamentale destrutturare gli stereotipi di genere, sensibilizzare e informare sul fenomeno della violenza sulle donne, sul come riconoscerlo, prevenirlo e contrastarlo individualmente e nella società. Pertanto chiediamo che:

• Vengano rivolte campagne di sensibilizzazione nazionali e locali a contrasto della violenza maschile sulle donne rivolte a tutta la popolazione e in particolare agli uomini;

• Nella scuole e nelle università, la didattica contenga anche gli argomenti della discriminazione e della violenza di genere e in particolare sia fatta attenzione:

– all’adozione di libri di testo che non veicolino pregiudizi di genere nel linguaggio e nei contenuti;

– all’aggiornamento e alla formazione professionale del corpo docente sugli stereotipi di genere e la violenza maschile sulle donne;

– all’inserimento in tutti i curricula universitari a indirizzo sociale, medico, legale, storico e politico, dello studio delle Convenzioni inerenti ai diritti umani, della convenzione CEDAW, e della discriminazione e della violenza basata sul genere.

Piano Nazionale contro la Violenza

Alla luce delle varie richieste riteniamo fondamentale verificare l’efficacia e l’attuazione del Piano Nazionale contro la Violenza che termina nel 2013, e chiediamo una immediata ed efficace revisione con il contributo dei soggetti promotori della presente Convenzione.

*Realtà promotrici:

UDI Nazionale, Unione Donne in Italia

Casa Internazionale delle Donne

GiULiA, Giornaliste Unite, Libere, Autonome

Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa

D.I.RE Donne in Rete Contro la violenza

Piattaforma CEDAW “30 anni lavori in corsa CEDAW”:

Fondazione Pangea, Giuristi Democratici, Be Free, Differenza Donna, Le Nove, Arcs-Arci, Action Aid, Fratelli dell’Uomo

Per info e adesioni: convenzioneantiviolenza@gmail>