CORONAVIRUS: RISTORI ANCHE PER I CARCERATI

In questi quasi due anni di coronavirus ci sono stati molti ristori per diverse categorie: indennizzi, compensi o risarcimento dei danni subiti a causa della pandemia. Per i detenuti, nulla! Sembra che lo Stato continui a dimenticarsi dei suoi prigionieri, abbandonandoli, sempre e comunque, al loro destino e alla disperazione.

Eppure molti carceri, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, sospesi i colloqui, l’accesso in carcere dei volontari, i permessi premio, sono diventati dei buchi neri.

E i prigionieri sono stati risucchiati, macinati, tritati dalla negazione dei più elementari diritti umani, con l’aggiunta della paura di essere contagiati dal coronavirus. Perché non pensare seriamente anche per loro ad un provvedimento di amnistia e indulto o a un surplus di concessione di liberazione anticipata?

L’articolo tre della Costituzione italiana stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, quindi, perché non concedere un ristoro anche ai detenuti che a causa del coronavirus hanno scontato una pena più grave di quella prevista dalla legge e dalla condanna?

Lo so, molti storceranno il naso nel leggere questa proposta, perché per molte persone il carcere e la pena per funzionare devono fare male. Mi permetto però di ricordare loro, con pacatezza, ma con fermezza, che non si rieduca nessuno con la sofferenza della prigione. E che il carcere così com’è non riabilita e quando si esce la probabilità di commettere un reato è la stessa, se non più alta. La convinzione che del carcere così com’è non se ne possa fare a meno è una grande stupidaggine. Il carcere è un’invenzione sciocca, perché non migliora, ma peggiora i suoi abitanti.

Per fortuna non tutti i buoni sono cattivi e qualche giorno fa ho ricevuto queste parole di commento su un mio articolo in Facebook:

“I detenuti non sono considerati persone, essere umani, per una buona parte della Società la vita dei detenuti non vale niente, se muore un cane o muore un detenuto per alcune persone è la stessa cosa, cioè non è una grande perdita. Questa cosa mi provoca tanta rabbia e tanto dolore. A volte su internet leggo “… è rinchiuso nel carcere…” non mi piace questa parola, tu non sei una bestia feroce da rinchiudere per rassicurare la gente “perbene”. A me fa molto soffrire quando parlando di detenuti si usano espressioni denigratorie tipo “gentaglia” oppure “feccia” oppure “avanzo di galera” c’è molto giudizio, molta superbia e zero amore in queste frasi.”

Carmelo Musumeci