L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala e il Fotogramma d’Oro Short Film Festival. Le proiezioni, iniziate con “Futuro Prossimo”, cortometraggio sul tema dell’immigrazione, di Salvatore Mereu, si articoleranno con cadenza mensile fino al 25 giugno 2019. Alla fine di ogni “corto”, previsto un dibattito sul tema del film. Il direttore artistico del Fotogramma d’Oro, Francesco Coglitore: “Da ogni proiezione scaturirà una lettura diversa dei corti, in chiave psicoanalitica. Per noi sarà l’occasione per promuovere il festival in ambito diverso da quello istituzionale”. La prima giornata si è parlato di accoglienza e integrazione con le problematiche che ne conseguono. Referente per il Laboratorio, la psicologa Donatella Lisciotto: “C’è difficoltà nel collocare dentro noi stessi un fenomeno che ha degli aspetti molto complicati e lontani dalla nostra cultura”. In tal senso preso ad esempio il modello Riace, promosso dal sindaco Mimmo Lucano.
Otto eccellenti cortometraggi, ciascuno con un tema a sfondo etico e sociale. Storie e realtà differenti tradotte e adattate in interpretazioni artistiche con soggetti e sceneggiature che si fanno apprezzare in meno di venti minuti di proiezione: quanto basta a far riflettere, dibattere, confrontarsi sugli argomenti. Il 23 ottobre, presso la sede del Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala è iniziata la rassegna “Corti…Incontri”, nata dalla collaborazione tra lo stesso Laboratorio, che ha come referente la psicologa e psicoterapeuta Donatella Lisciotto e il Fotogramma d’Oro Short Film Festival, diretto da Francesco Coglitore, presidente della Federazione Nazionale Cinevideoautori. Le proiezioni, con relativi dibattiti sui temi trattati nei film, avranno luogo con cadenza mensile, fatta eccezione maggio, sempre di martedì alle ore 19. Le date: 20 novembre, 18 dicembre, 22 gennaio, 26 febbraio, 26 marzo, 23 aprile, 25 giugno.
Martedì scorso è toccato aprire il cartellone a “Futuro prossimo”, film del regista sardo Salvatore Mereu, incentrato sul tema dell’immigrazione. Il film, nel corso dell’ultima edizione del Fotogramma d’Oro Short Film Festival, svoltosi al Multisala Apollo dal 23 al 26 maggio, si era aggiudicato il Fotogramma di bronzo “per il suo sguardo antiretorico sulla drammatica realtà dell’immigrazione, svolto attraverso un linguaggio visivo di stupefacente efficacia nella sua essenzialità filmica.
Un cinema povero di mezzi e ricchissimo nella sua resa artistica e umana”, riporta la motivazione del premio. La trama è così accennata: “Durante il giorno Rachel e Mojo vagano per la città, alla ricerca di un lavoro che non si trova. Di notte trovano riparo in uno dei casotti di uno stabilimento balneare del litorale. Una mattina, Basilio, che ne è il custode, durante il suo giro di ricognizione scopre che qualcuno ha passato la notte in una delle cabine…”.
Ed ecco, dunque, al passo coi tempi ed in piena contesa politica, riapparire il tema dell’immigrazione, con tutte le sue complessità, variabili secondo i soggetti, le idee e le storie. Al Laboratorio di Vicolo Cicala, dal nome suggestivo, preso dalle vicine Case Cicala, rara testimonianza di architettura cittadina resistita al terremoto del 1908, l’argomento è stato trattato in totale libertà d’espressione, con tempi autogestiti da ciascun partecipante, senza alcun moderatore: segno di rispetto comune.
“L’immigrazione è un tema che interessa a 360 gradi, che prima era solo sociale, ora anche politico”, ha detto Francesco Coglitore ad apertura dell’incontro. Il film, infatti, ha spalancato le porte ad un tema di scottante attualità che in sala è stato trattato secondo le percezioni, le idee e le esperienze di ciascuno.
Protagoniste, una dona e una bambina. Il senso di maternità della donna è pieno, toccante, coinvolgente.
Dalla sala, su questo punto, una testimonianza reale: “Bambini minori vengono spesso imbarcati da soli facendo affidamento sul senso di genitorialità e protezione altrui”. Il senso della vita: chi arriva coi barconi, secondo la propria tradizione culturale, si prende cura dei figli degli altri. Il tema porta innanzitutto ad interrogarsi e a ricercare in sé stessi il senso dell’accoglienza, pur avvertendo una visione del mondo che la darebbe per scontata. La prima a darne esempio è proprio la psicologa Donatella Lisciotto: “Mi ha colpito la discrepanza tra la nostra vita e quella di quelle persone che ormai vivono in mezzo a noi. Se una sera mi trovassi davanti quella coppia non saprei dove ospitarla, pur volerlo farlo, nel senso che non trovo una collocazione dentro di me”. La difficoltà: “Collocare dentro di noi queste cose orribili, queste scene di povertà”. L’aspetto psicologico: “Il nostro perturbante, ossia il disagio nell’accogliere”. Differenza tra integrazione e accoglienza. L’integrazione può essere una scelta forzata, altra cosa è l’accoglienza. Manca una preparazione culturale. Sempre la psicologa: “Su questi temi si parla sempre di loro e non di noi”. La differenza la fa la loro condizione.
La voce di una partecipante al dibattito: “Sono troppo bisognosi e questa cosa ci spaventa. Il profugo viene percepito come qualcuno che ha bisogno di tutto. Così si alimentano fantasie predatorie e persecutorie”. Ecco, allora, un interrogativo comune che accompagnerà il dibattito: “Come si educa all’accoglienza?” Perché riflettendo, il grande problema, guardandosi intorno, è ritrovarsi tra l’intolleranza da un lato e la retorica dall’altro. Ma in sala c’è chi pensa al peggio: sfruttamenti e maltrattamenti dei migranti, specie le donne. “Quello che noi non vediamo è la bruttezza bianca che gira intorno a queste persone”.
Il film narra un momento toccante vissuto da una donna e una bambina. Quest’ultima è straordinaria. Si riflette in sala: “Colpisce la naturalezza della bambina che chiedeva cose normali e si comportava come fosse nostra figlia. Traguarda la speranza, nella sua purezza incarna una ribellione autentica, mentre l’adulta ha sviluppato la paura. Forse, conoscendo più da vicino questa normalità, la realtà diventa meno perturbante”.
Un modello da osservare e da prendere ad esempio: Riace, con tutti i guai giudiziari patiti dal sindaco Mimmo Lucano. “Mi ha colpito molto la semplicità di quest’uomo che parla in modo molto semplice, tipico dei maestri elementari”, dice Donatella Lisciotto. La differenza rispetto ad altri, noi compresi: “Lui ha trovato una collocazione che a noi viene difficile trovare. Sono cose squisitamente interiori che è difficile anche spiegare”.
Altre voci in sala: “A Riace si è sviluppata una società di convivenza e di mutualità che ha creato il modello Lucano. Ciò che ha disturbato il potere è l’essersi organizzati tra persone senza ordini dall’alto. La loro autodeterminazione ha creato tutto questo”.
In conclusione, altre suggestioni sul film: “Questo camminare…Chiamarli migranti è come cristallizzare una loro condizione che non ha mai una stabilità e una direzione. Sono vaganti, camminano e basta. Un film bello, davvero potente”.
L’appuntamento alle prossime proiezioni da parte di Francesco Coglitore: “Per noi sarà l’occasione per promuovere il festival in ambito diverso da quello istituzionale. Da ogni proiezione scaturirà una lettura diversa dei corti, in chiave psicoanalitica.”