C’è una domanda che ricorre in ogni incontro (anche on-line) sul rapporto delle donne con la scienza: “Quali sono i motivi culturali e sociali alla base della scarsa presenza delle donne nelle carriere scientifiche?”
Quello che ancora oggi sembra essere l’ostacolo principale alla realizzazione libera di sé sembra essere il fatto che “la cura” cada ancora, quasi esclusivamente, sulle spalle delle donne.
É una questione aperta su cui si confrontano vissuti differenti, sia di chi ritiene che la vocazione alla cura sia “nella natura femminile”: un valore da non perdere, sia di chi si augura radicali cambiamenti culturali nell’educazione di uomini e donne.
Riprendo al proposito qualche frammento da un articolo di Lea Melandri dal titolo: “Dalla culla alla tomba: ma quanto è estesa la ‘maternità’ delle donne?”
Scrive Lea: “…. Rendersi indispensabili, ‘far trovare buona la vita all’altro’ è stato a lungo il modo alienante con cui le donne hanno cercato di riempire il vuoto apertosi all’origine nell’amore di sé. Nell’illusione di “foggiare se stesse” hanno impegnato tutte le loro energie nello sforzo di aiutare l’altro a divenire se stesso….
Ma quanto è estesa la maternità delle donne se, oltre a bambini, malati, anziani sono chiamate a curare, sostenere psicologicamente e moralmente uomini in perfetta salute? Come si può pensare che questo corpo femminile presente nella vita dell’uomo dalla nascita alla tomba, passando per la la scuola, l’assistenza nelle malattie, cioè attraverso i bisogni primari dell’umano, non alimenti, più o meno consapevolmente pulsioni di fuga, aggressività, fantasie omicide, in chi ne teme la stretta quanto l’abbandono?”
Realizzazione di sé, cura, amore e violenza si tengono insieme anche parlando di scienza.
Per saperne di più sulle donne delle STEM: “Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie”, pag. 250, € 16, Ledizioni, Milano 2020. Anche in versione e-book a € 6.99.