“Quanti n’ammazzaru, L’Ora! Il clima non è quello e non potrà mai tornare ad essere quello degli anni di sangue quando gli strilloni de L’Ora, il coraggioso giornale della sera di Palermo, commentavano così la catena di delitti quotidiani. Palermo si svegliava col sangue e viveva la notte nel sangue. Da allora ad oggi molto è cambiato, c’è stato il lavoro di magistrati ed investigatori che, pagando prezzi altissimi, hanno bonificato la città, avviato i processi e strappato al potere mafiosi di ogni calibro. Anche quelli di Brancaccio, guidati dagli stragisti fratelli Graviano. A cambiare le cose in questo quartiere smisurato di Palermo, tra il mare impraticabile e gli agrumeti che furono di Michele Greco c’è stato pure un prete, don Puglisi. Lavorava per diffondere la parola di Cristo e insieme il valore della legalità. Guardò in faccia il suo assassino e gli sorrise prima di cadere. A Brancaccio ora si torna a sparare. Le cronache dicono che è caduto un nome importante. Con la più classica delle esecuzioni: due giovani in moto, coperti dal casco, una serie di colpi, quello di grazia che “parla” e lancia messaggi inequivocabili a chi deve capire, e magari fare un passo indietro, prima che sia troppo tardi.
Brancaccio oggi è anche la testimonianza della crisi economica:zona industriale con capannoni che chiudono e con strade che restano spesso prigioniere di montagne di spazzatura. Più in là, l’autostrada che arriva in città e diventa convulsa circonvallazione. Prima di ficcarsi tra i palazzi della zona occidentale, da una parte c’è Brancaccio, dall’altra Ciaculli, mandarini e case. Qui si consumò la strage che segnò un passaggio”storico”dei metodi di Cosa Nostra. Era l’estate del’63 e quei sette uomini delle forze dell’ordine dilaniate dalla Giulietta imbottita d’esplosivo segnava la fine della prima guerra di mafia.
Francesco Nangano, ucciso sabato sera in via Messina Marine con cinque colpi di pistola era un uomo nel mirino. Aveva subìto due attentati ma non aveva presentato alcuna denuncia. Forse pensava che non si andasse oltre l’intimidazione. Ha continuato a fare la vita di sempre. Chi l’aspettava sapeva che il sabato sera c’era l’appuntamento “Da Gigi”, per comprare la carne per il pranzo della domenica. Facile farlo fuori: i due in moto hanno aspettato che Nangano uscisse, non gli hanno dato tempo di avviare l’auto lasciata in seconda fila. Valli a cercare i testimoni…Più facile provare a visionare qualche registrazione dei video di sorveglianze della zona. Francesco Nangano è rimasto schiacciato dai contrasti con il vertice della famiglia mafiosa di Brancaccio, e in particolare con uno degli esponenti di punta del clan, Nino Sacco. Dentro Cosa Nostra, scalpitare è pericoloso, può essere mortale ritenere di giocare partite importanti vantando un passato “meritevole”.
Per la giustizia, Francesco Nangano era un detenuto assolto da tutte le accuse (mafia e omicidio).Ingiustamente detenuto per quattro anni. Per quella detenzione, infatti, Nangaro aveva ottenuto dallo Stato un risarcimento di 270 mila euro.
“E’ un omicidio molto, molto inquietante”, ha commentato il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi. I magistrati lo temono: potrebbero esserci altri morti: “La situazione a Brancaccio è tuttora in movimento – dice Teresi – adesso bisogna capire cosa accadrà”.
Ad una settimana del voto, il delitto di Brancaccio riaccende i riflettori sui movimenti di Cosa Nostra. Cosa farà la mafia nelle urne? In una inchiesta di Repubblica, firmata da Enrico Bellavia, si ricorda di quanti voti può muovere la mafia: 300mila voti. Enrico Bellavia ricorda le parole del pentito Antonio Calderone: “La mafia è una prostituta che si offre a chi paga di più”. E non c’è prezzo più alto di una promessa d’affari futuri. Questo nel passato, e lo confermano
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