Sentono il richiamo della campana di San Matteo i ragazzi di Giostra che ogni pomeriggio preferiscono abbandonarsi tra le braccia di Don Aurelio e dei tantissimi volontari che hanno scelto di ricostruire nel brutto nel degrado e nella miseria, un piccolo pezzo di paradiso terreste in cui vince l’amore agape e la solidarietà. La chiesa così ogni pomeriggio diventa una palestra, una scuola un luogo di ritrovo. “Siamo l’unica alternativa alla strada” ci dice Don Aurelio.
Oggi cosa si fa per combattere la microcriminalità? In queste zone il silenzio è assordante. Diversi ragazzi non vanno a scuola e molti sono cresciuti vedendo il proprio genitore anche lui vittima del disagio culturale, detenuto, o fare ‘entra ed esci’ dalle carceri. Non hanno grandi punti di riferimento. Il male minore in questi casi sarebbe togliere l’individuo dalla famiglia che crea disagio per sradicarlo dalla cultura della violenza e della delinquenza”. A Giostra , quindi, uno dei quartieri più degradati dalla città a pochi passi della città, i bambini crescono in fretta e imparano l’arte di cavarsela da soli a costo di vivere di espedienti . Le ragazze invece sognano di recuperare quello spazio di libertà che magari non è toccato alle loro madri, e alle loro sorelle. Il matrimonio spesso però non è mai frutto di una scelta voluta e consapevole ma è la diretta conseguenza di quella concezione un po’ fatalistica della vita tipica di questi quartieri che ti educa ad essere mamma e donna a sedici anni: “Molto spesso-continua nel racconto Don Aurelio- le persone mi aprono il loro cuore e si confidano. I loro racconti sono pieni di amarezza perché succubi del degrado culturale che non fa vedere speranza o possibilità di cambiamento della propria situazione soprattutto per le donne che così si limitano ad accettare quasi passivamente anche le intemperanze degli uomini”. Ma questo pezzo di cielo dimenticato è anche la storia di chi a tavola fatica a riempire i piatti e non sa come pagare le utenze: “Sono preoccupato perché molta gente non mangia.
A pranzo si mette a tavola un primo e il secondo la sera. Spesso capita che dobbiamo farci carico delle spese dei parrocchiani ma non riusciamo ad aiutare tutti. Per fortuna Dio tocca ancora i cuori di qualcuno che mette a disposizione dei beni di prima necessità”. Nelle stanze dell’oratorio ci sono anche le tirocinanti dell’Università di Messina che con l’associazione Pandora opera in questa struttura. “All’inizio quando sono arrivata qui- racconta Jessica Mobilia- non mi sentivo a mio agio. L’approccio è stato difficile ma ora siamo davvero entusiasti. L’emozione più grande è sentirsi dire ti voglio bene. Sono parole che vengono dal cuore. Ma ore che ho conosciuto questa parte di città sconosciuta mi auguro che le istituzioni intervengano per far rialzare il grado culturale”.
Tra lezioni di matematica e di chimica i ragazzi di Don Aurelio ritrovano il sapore della fratellanza. La nota positiva è che sopravvive l’amore di Cristo troppo spesso offuscato da prediche sterili e inutili. Resta però la consapevolezza che ognuno dovrebbe fare propria parte e che le idee nuove implicano architetture diverse nei quartieri, spazi di partecipazione e condivisione. Finora però il quadro è desolante perché la politica negli anni ha costruito il suo serbatoio inesauribile di voti, mantenendo l’ossatura solida di un sistema clientelare che ha fagocitato tutti :amministrati e amministratori. La sfida oggi è dettata da una di quelle bambine che abbiamo incontrato a San Matteo che impegnata tra i vari conti di algebra, ci ha detto che da grande non vuole fare “niente”.
Quel niente dovrebbe spingere sicuramente a scrivere una nuova pagina e a suggerire nuove aspettative sul futuro.