Crollo Favara: Addio a Chiara e Marianna, le sorelline che aspettavano una nuova casa

Non ci sono lacrime che possono contenere il dolore e l’angoscia di chi ha perso due figlie e questi sentimenti sono ancor più disperati al pensiero che la morte sia sopraggiunta in modo così atroce e lento sotto le macerie della propria abitazione. E’ accaduto a Favara, in provincia di Agrigento, soltanto lo scorso sabato 23 gennaio e, ieri mattina, la popolazione siciliana tutta si è stretta alla famiglia durante l’estremo saluto a Marianna e Chiara Pia Bellavia, nella chiesa madre del comune.     

Non ci sono parole di conforto per un paese che ha visto morire due piccole concittadine sotto il crollo di una palazzina sita in via Del Carmine, tutt’oggi dichiarata stabile dallo stesso sindaco Domenico Russello che continua, ormai da giorni, ad allontanare le responsabilità da sé e dall’amministrazione municipale.

I congiunti hanno richiesto che le esequie si celebrassero in forma privata e tante persone, oltre un migliaio, hanno seguito la cerimonia fuori dalla parrocchia malgrado la pioggia. Ad officiare la funzione religiosa è stato l’arciprete don Mimmo Zambito che ha chiuso però le porte agli organi di stampa.  

Numerose le polemiche come anche le frasi di vicinanza e comprensione nei dell’arcivescovo Mons. Francesco Montenegro che, per ragioni di protesta, si è rifiutato di presiedere i funerali simbolo di una “tragedia annunciata”, come lui stesso li ha definiti. Nel frattempo, prosegue il lavoro dei magistrati che hanno aperto un’inchiesta per individuare eventuali colpe nel disastro. A coordinare le indagini sono il procuratore capo Renato Di Natale, l’aggiunto Ignazio Fonzo, e i sostituti Lucia Brescia e Giacomo Forte. Attualmente, tutto il Dipartimento comunale Urbanistica potrebbe essere messo sotto accusa: nessuno escluso quindi, nel registro degli indagati, potrebbero essere inseriti anche il sindaco Russello e i vertici dell’ufficio tecnico municipale.

La famiglia Bellavia, senza alcun dubbio, aveva già presentato domanda all’amministrazione comunale per ottenere un alloggio popolare e lo aveva fatto nel lontano 2003. Lo rivela persino il primo cittadino di Favara. Di conseguenza, l’inchiesta tenta di far emergere e mettere in luce i motivi dei ritardi burocratici relativi all’assegnazione di queste case popolari e di controllare se, nella zona colpita dal crollo, erano state emesse ordinanze di sgombero, eventualmente non eseguite dalle forze dell’ordine. Certamente, gli accertamenti devono procedere per rispetto della famiglia Bellavia e delle piccole vittime della tragedia. Così sono andati avanti a cura dei carabinieri e su delega della Procura di Agrigento, anche mentre i genitori dicevano addio a Marianna e Chiara.

“Esiste un accertamento eseguito dal Genio Civile negli anni scorsi secondo cui l’immobile era sicuro. Questo è l’unico dato che ad oggi ci risulta”. Ad affermarlo è stato sempre il sindaco di Favara, Domenico Russello, che, poco prima dei funerali, è stato sottoposto alle interviste dei giornalisti. “Sopra la palazzina, prima del cedimento – ha rivelato il primo cittadino – c’era una sopraelevazione probabilmente abusiva, costruita in un secondo momento con una copertura in cemento armato che, forse, ha causato lo schiacciamento dello stabile. Lo abbiamo visto dalle foto della palazzina antecedenti al crollo”.

La realtà cruda e paradossale è che esistono 56 alloggi popolari che l’amministrazione, da tempo, ha completato ma non ha ancora assegnato. Le stesse abitazioni per cui sono stati spesi evidentemente fondi pubblici sono state già distrutte e vandalizzate.

“E’ scandaloso che siano state distrutte – ha commentato il sindaco – ma io sono qui dal 2007 e non spetta a me indicare le responsabilità. E’ stato accertato che per la palazzina dei Bellavia non c’era alcuna ordinanza di sgombero”.

Se da una parte alla famiglia Bellavia non era pervenuta alcuna ordinanza di sgombero, è pur vero che lo stesso nucleo familiare aveva fatto richiesta per la casa popolare.
In effetti, i Bellavia  erano stati esclusi dalla graduatoria come avviene nelle “migliori tradizioni di disagio socio-economico familiare” pur avendo presentato ben sette anni fa la domanda per mettersi se non altro in lista d’attesa. Ma questo periodo d’attesa non è stato preso neanche in considerazione dalle istituzioni preposte perché i Bellavia non avevano allegato i documenti necessari. A chiarire i dettagli di questa lenta burocrazia che è costata la vita alle bambine di Favara è sempre il sindaco Russello che, sin dalle prime spiegazioni rilasciate alla stampa, ha negato che i Bellavia avessero avanzato richiesta di alloggio.

Successivamente, il primo cittadino è venuto a capo della procedura che i Bellavia hanno espletato e ha acquisito gli atti documentali, compresa la “famosa” ed unica domanda presentata nel 2003. Nell’affermazione del sindaco, si sottolinea “unica”domanda a volere rimarcare che non ne sono state fatte altre come è stato ipotizzato. Sembrerebbe anche ridicolo dover pensare che per ottenere una casa, bene primario per un uomo e, maggior ragione, per una famiglia, si debba manifestare più volte per iscritto le propria esigenza. In ogni modo, Russello si è liberato di qualunque difficoltà d’espressione verbale o possibilità di fraintendimento dicendo: “Non voglio polemizzare con il signor Bellavia, a cui ho mostrato il mio affetto”.

“Ci sono state 390 famiglie ammesse e altre 65 escluse, tra cui i Bellavia – ha ribadito il sindaco. Nella domanda del signor Bellavia, mancavano gli allegati previsti dalla legge, sia per quanto riguarda il reddito che l’alloggio. Gli è stato notificato con un messo comunale di procurare la documentazione richiesta che non ha prodotto per poi essere scartato dalla graduatoria”.  

Chiamiamola “applicazione della legge” o semplicemente “interminabile burocrazia” ma resta il fatto che sono spirate due bambine che avevano bisogno di una nuova casa e che avevano richiesto di trasferirsi attraverso il rispetto delle procedure del loro papà, sette anni prima di questa tragedia.    

Intanto, i sindaci dell’Agrigentino oggi si sono riuniti a Favara per concertare la realizzazione degli interventi  futuri, per correre ai ripari (se di ripari si può parlare con due morti sulla coscienza), per fare un censimento dei centri storici diroccati e chiedere aiuto alla Regione e allo Stato. Inoltre,  hanno usato duri toni d’accusa nei confronti dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Montenegro per la sua grave decisione di non celebrare i funerali delle due sorelline Marianna e Chiara Pia Bellavia. Fino a questo pomeriggio, l’incontro fra sindaci e presidente della Provincia Eugenio D’Orsi era ancora in corso.

“Il crollo della palazzina – ha ripetuto in più occasioni il sindaco di Favara Russello – non è certamente dipeso dalle mie responsabilità. Non era affatto un evento franoso annunciato e i discorsi dell’arcivescovo hanno alimentato le polemiche”.

Arrivano inesorabili le repliche dei cittadini agrigentini che dichiarano di ammirare la reazione dell’arcivescovo Montenegro che ha fatto solo quanto aveva promesso. Qualcuno dice “Ha evitato di dare spettacolo come fanno tanti sindaci o politici in genere in queste circostanze, ha dato una lezione di stile e di morale”. Un silenzio solenne che era richiesto dalla situazione. Ci vuole un intervento tempestivo delle istituzioni per salvaguardare la gente. Tutti i sindaci e chi per loro dovrebbero chiedere perdono e recitare un atto di dolore perché lo sfascio idrogeologico, la speculazione edilizia, l’abbandono e il degrado dei centri storici e delle periferie, nel corso degli ultimi 50 anni, sono dovuti alla loro gestione di governo.

In questi casi, è difficile trovare un responsabile o comunque il responsabile non è uno solo. La colpa è dei tanti ma tutti si affrettano a scagionarsi prima di essere accusati. Non si vuole puntare il dito contro nessuno giusto per vendetta ma si vuole trovare i colpevoli perché non si verifichi di nuovo la tragedia.

Se la Procura sta aprendo un fascicolo vuol dire che esiste un caso come esiste una emergenza per cui i sindaci oggi hanno deciso di incontrarsi. Ma non sono i soli ad aver fatto il punto della situazione oggi.

Questa mattina, a Palermo presso Palazzo delle Aquile ed i locali del gruppo consiliare del Partito Democratico si è svolta la conferenza stampa dal titolo: “Realizzare nuova residenza attraverso il recupero del centro storico e delle borgate storiche”. La sessione del Consiglio Comunale di questa settimana prevedeva all’ordine del giorno la discussione sulla delibera “Presa d’atto degli studi sulle esigenze residenziali ed approvazione di indirizzi. Criteri e direttive da seguire nella redazione del P.E.E.P.”

“I recenti crolli del centro storico di Favara, i crolli che periodicamente si verificano nel centro storico di Palermo, la discussione avviata all’ARS sulla finanziaria regionale che prevederà risorse per le Cooperative edilizie ed imprese nell’ambito dell’edilizia, il nuovo piano casa regionale, mettono in atto nuove prospettive ed alternative per rispondere alla richiesta di alloggi”.  Ad affermarlo è il capogruppo PD ,On. Davide Faraone.

Denunceremo, dettagliatamente e con riscontri circostanziati – ha continuato – le gravi mancanze dell’amministrazione comunale, in merito alla rischiosa situazione che ancora persiste in diverse aree del centro storico cittadino”.

Nel solo comune di Favara ci sono almeno 400 immobili a rischio e, allo stesso tempo, numerosi immobili liberi: il governo regionale stanzi subito cinque milioni di euro per affrontare questa emergenza abitativa”. Lo denuncia Giovanni Panepinto, deputato regionale del PD e sindaco di Bivona (Ag), che esprime il proprio cordoglio per la tragedia di Favara.

“Bisogna fare sfollare immediatamente le circa 2.000 persone che vivono in case fatiscenti – ha spiegato – soprattutto nel centro storico, e dare loro una dignitosa abitazione. Contemporaneamente, bisogna agire dal punto di vista normativo e possiamo farlo in tempi brevi”. Il rappresentante della Regione nonché dell’amministrazione di Agrigento si farà promotore  di nuove leggi che agevoleranno la demolizione di edifici privi di particolare valore storico o architettonico, il recupero e la messa in sicurezza degli immobili. Questo attraverso la certezza dell’imminente discussione da parte dell’Ars sul Piano casa.

Ma, finalmente, l’assessore al Centro storico di Palermo, Maurizio Carta ci offre oggi una verità, proveniente dal capoluogo e documentata dal censimento. La Mappa dell’edilizia pericolante ha rilevato nel centro storico di Palermo circa 100 edifici ad alto rischio e 400 urgenti su un totale di quasi 1600, diventando uno strumento indispensabile sia per l’intervento di emergenza che per la necessaria prevenzione e programmazione. L’assessorato ha avviato un programma di interventi che si sviluppa su tre livelli: le macro-aree da sottoporre a monitoraggio e prevenzione prevalentemente localizzate nei Mandamenti, Palazzo Reale e Monte di Pietà con particolare attenzione alle aree limitrofe ai mercati dell’Albergheria e del Capo, le più fragili e con le condizioni di contesto maggiormente critiche.

Sono stati stanziati 784 mila euro già utilizzabili con il metodo del “contratto aperto” e 393 mila euro recentemente deliberati per i quali si sta procedendo all’individuazione della ditta.

Adesso, aspettiamo che arrivi il turno di Agrigento e di Favara dove tra l’altro, dalle ultime notizie del vertice odierno in Procura, non è stato iscritto ancora nessuno nel registro degli indagati.