Cuori che lacrimano. Seconda parte della relazione del brigadiere De Luca

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Questa seconda parte mira ad evidenziare quanto riferito a caldo da coloro che sono sfuggiti alla tragedia del primo ottobre.

Considerato che, alle ore 23.50 circa, mi trovavo a calpestare il fango tra le macerie nei luoghi di quella che era rimasto della via Puntale, che le uniche persone che riuscivo a sentire nel buio più totale erano quelle che erano ai piani superiori delle proprie abitazioni e che in quella che era stata la Via Puntale non vi era presenza di alcuno al di fuori della mia persona.

In tale frangente ero consapevole, che a causa del perdurare della pioggia e del torrente d’acqua creatosi, della possibilità che un’altra parte della montagna potesse franare, in tale circostanza i pensieri erano tanti, primo fra tutti quello di non riuscire a trovare mia madre viva.

Spinto dal grande dolore, pensiero, e dalla voglia di trovare e mettere in salvo mia Madre, ho percorso la via Puntale in lungo e largo immergendomi e arrampicandomi nel fango, infilandomi strisciando nei cunicoli delle macerie, non guardando pericoli, non sentendo  dolore,  freddo, e superando ostacoli che a prima vista mi apparivano insormontabili.

Successivamente, pensando a tali momenti, sono certo che la mia forza e perseveranza sia dovuta ad una volontà Superiore,  infatti, secondo me, tutto era già stato scritto ….. e sono certo che se anche spinto dalla disperazione avessi voluto morire, questo non sarebbe stato possibile perché, ripeto, era scritto così.

Tali ricerche hanno devastato il mio corpo, ma fortunatamente la mia mente è rimasta sempre lucida.

Un segno indelebile è rimasto nei miei pensieri, come i fatti del giorno della tragedia, nonché a quei sette  giorni successivi dove, mi recavo sui luoghi la mattina presto alla ricerca di mia Madre e delle altre persone disperse,  e ritornavo a casa, sommerso dal grande dolore,  dopo che l’ultimo soccorritore se ne era andato, spesso a notte inoltrata.

In quei momenti, in cui tutta la mia anima era pervasa dalla speranza di trovare mia Madre, o qualcun’altro ancora vivo, magari tra gli sfollati,  il tempo passava inesorabilmente, ma non riuscivo ha capire dove potessero essere gli eventuali corpi,  capii e intuii che  forse si potessero trovare in quella maledetta cucina, ma, non ne  ero certo. 

In tale contesto il fango era tanto, le case rimaste erano pericolanti, grosse travi penzolavano, ed era difficile scavare con i soli picconi e pale, ma nonostante tutto, ho scavato con tutti i mezzi a disposizione, ed anche con le mani; ho visto anche  altre persone  scavare con le mani.

Mi ricordo che, non passava sera, che ero costretto a disinfettarle per le ferite che riportavo; in quei momenti,per me il dolore fisico  non esisteva; il mio dolore, la sofferenza e la disperazione erano dentro di me. A volte, nei primi momenti, in quel silenzio assordante, mi sentivo “aria”.

Tutti quei morti, mia madre che ancora non trovavo. Ma non dovevo mollare, io lassù, in via Puntale, in quei momenti ero troppo importante, la mia via, tutte quelle persone che ancora dovevano essere trovate; “Loro” non mi avrebbero perdonato, se avessi mollato! E anche pensando a loro, che non mi sono perduto d’animo.

In  quei giorni l’unico mio pensiero era volto alla ricerca, e non mi curavo completamente della mia persona, infatti i carabinieri, vigili del fuoco, guardie forestali, vedendo che non provvedevo a me stesso, erano così gentili, nel vedere una persona assorta dai suoi pensieri, e dal proprio dolore,   e di loro iniziativa mi portavano su, dalla mensa che avevano costituito nella scuola del Paese, le buste con dentro il mangiare, che mi invogliavano a consumare.

In poche occasioni, mi sono recato alla mensa dell’unità di crisi, con i miei fratelli, sorelle e nipoti.

In tale periodo, le squadre dei soccorritori si alternavano, e quando veniva  una nuova squadra, dovevo lottare per fargli capire che ero della zona, e che potevo dare informazioni utili per individuare i posti dove si potevano trovare le altre persone disperse.

Rammento che, un gruppo di soccorritori giunti nella mattinata del 2ottobre2009, dovendo rispettare il protocollo di sicurezza, avevano qualche difficoltà per come arrivare nella voragine creatosi nella via Puntale, ma dopo avergli fatto coraggio e vedere come si scendeva,  hanno raggiunto il luogo.

 Testimonianze fatte a caldo sui fatti accaduti

Mi scuso pubblicamente con i coniugi Maresca,  dirimpettai di mia madre, (quelle personali le ho già fatte), perché in quella sera non ho udito le loro richieste di aiuto, fortunatamente erano salvi, ed in mattinata sono stati liberati dai soccorritori, tali liberazioni sono state viste dal sottoscritto in quanto posizionato e fermo nei pressi del luogo ove si trovavano.

Nei giorni successivi, incontrando il Sig. Maresca Filippo, presso l’Hotel dove era alloggiato, mi ha raccontato i momenti antecedenti al disastro.

– Erano le ore 19.40 circa, e diluviava, mentre mi trovavo al Bar di Angelo Rizzo,  visto il perdurare dell’alluvione, decidevo di rincasare passando come potevo, nel fortissimo torrente d’acqua formatosi dalle vie che portano alla mia abitazione. Una volta giunto in casa, ho avuto il tempo di guardare il balcone che sporge sulla via Puntale e vedevo che il fango ed i detriti superavano lo stesso. Impaurito mi recavo verso l’interno dell’abitazione, nel bagno, e mi sono abbracciato con mia moglie dicendogli “siamo morti.” Lo stesso mi riferiva, altresì, “attribuisco la salvezza mia e di mia moglie alla volontà di Dio e per questo motivo da oggi non bestemmierò più”.

Il ritrovamento dei suddetti coniugi, è dovuto grazie al figlio Santo, che recandosi nella mattinata  nel luogo dove  vi era stata l’abitazione dei propri genitori, li ha chiamati, e, avendo avuto risposta che erano salvi, ha avvisato i soccorritori.

– Dichiarazioni rilasciate da Marika Neri il giorno successivo al disastro.

“Mio fratello ha salvato! A chi ha salvato? Io ho salvato!”

– Il nonno Don Turi De Luca “detto Pinna”, dopo aver fatto e ricevuto le condoglianze dal sottoscritto, circa 15 giorni dopo, mi riferiva mentre eravamo sulle macerie della via Puntale vicino all’abitazione di mia Madre “Sai Pippo, pure io ho aiutato a tener ferma la sedia che ha permesso alla Sig.ra Ciccina Scionti di passare da noi”.

Qualche tempo dopo, mentre si parlava  ai piedi della via Puntale dell’accaduto, ho chiesto alla Sig.ra Scionti Ciccina chi era stato ad aiutarla per passare dalla sua abitazione a quella dei Neri.

Lei mi rispose “Rossi Pasquale”.

Ad altra mia domanda solo Rossi Pasquale? Lei rispose “anche il padre”, io le dissi solo Rossi Pasquale e suo padre o anche il nonno? Lei rispose “anche il nonno”.

-Testimonianza di Santo Busa’.

All’incirca alle ore 17.00 del 1 ottobre 2009, tornando da lavoro, giunto a Giampilieri, per rilassarmi cinque minuti, e come spesso, decidevo di fermarmi al bar di Lillo Cannavò, vicino il piano della chiesa;  pioveva già da mezz’ora circa e l’intensità della pioggia andava  sempre aumentando.

Dopo aver preso un caffè con Salvatore Scionti “detto Turi” e fumato una sigaretta, ho notato che don Turi Scionti si era preoccupato per il tempo che peggiorava,  lo Stesso, decideva di intraprendere la strada per andare alla propria abitazione sita in Via Puntale; purtroppo è stata l’ultima  volta che l’ho visto, in quanto l’abitazione in cui abitava, è stata completamente spazzata via. Subito dopo, vedendo il tempo ancora peggiorare , anch’io  ho preso la stessa decisione.

Verso le ore 18.15, ha bussato alla porta della mia abitazione, la mia ragazza di nome Dalila, la quale aveva gli abiti che erano inzuppati d’acqua per la forte pioggia che cadeva,e contemporaneamente, mi informava che i vicoli delle strade, e i canali per lo scolo delle acque straripavano, e che per le strade del paese non vi era alcuna persona.

Pensando che fosse il solito ma forte temporale, e non immaginando cosa sarebbe successo nei momenti successivi, per passare un pò di tempo, mi sono seduto davanti al PC; la mia ragazza, preoccupata, guardava dalla finestra l’intensità della pioggia, e timorosa, mi riferiva che il tempo peggiorava sempre di più,  si udiva forti tuoni che rompevano la serenità dei luoghi, e dei lampi che illuminavano il villaggio a giorno, abbiamo notato immediatamente che la luce in vari momenti  andava e tornava, per poi regolarizzarsi.

Preoccupati, ci siamo affrettati a cenare, e vista la posizione della mia abitazione, abbiamo subito notato, che in tutto il paese è venuta a mancare l’illuminazione, mentre la nostra abitazione è rimasta illuminata (può sembrare strano, ma è stato così;  questo si verificava alle ore 19.35 circa).

Contemporaneamente, ho ricevuto una telefonata dall’utenza della nonna materna della mia ragazza che abita in via Lena, nella parte bassa del paese, la Stessa preoccupata del tempo, mi diceva di rintracciare l’altra nonna Maria Li Causi (nonna paterna),  infatti, come noi, nessuno mai  pensava , che potesse scendere la montagna.

Abbiamo iniziato  ha telefonare ripetutamente alla nonna paterna,  ma non riuscivamo a contattarla per mancanza di linea. Poco dopo, il telefono squillava, ma nessuno rispondeva.

Affacciandoci dalla finestra di casa mia, abbiamo notato che l’intensità della pioggia era diminuita notevolmente, ma abbiamo udito un forte rumore che proveniva dalla Via Palombara, era un enorme e spaventoso torrente d’acqua che si era formato con una intensità spaventosa, infatti, l’acqua dello stesso torrente, sbattendo, balzava sino ai primi piani delle abitazioni, e nel contemplo, guardando attentamente in aria, abbiamo notato nel Paese una nube immensa di polvere. Da questo, abbiamo intuito che qualcosa di grave era successo. nuovamente iniziò a diluviare, e noi sempre più preoccupati, continuavamo sempre di rintracciare telefonicamente la nonna paterna.

Visti i vani tentativi, e preoccupatissimi, abbiamo deciso di telefonare a mio suocero in caserma, presso il Comando Provinciale Guardia di Finanza di Messina, e senza allarmarlo, gli abbiamo chiesto  se avesse sentito sua Madre, o se sapesse dove fosse.

Dopo numerose telefonate fatte e ricevute,  presi d’ansia, stante la risposta di mio suocero che mi riferiva di aver chiamato numerose volte  sua Madre, senza essere riuscita ha rintracciarla, presi la decisione, in attesa che fosse arrivato mio suocero, di andare ha cercare personalmente la Nonna.

Alle 20.30 circa, sono uscito dalla mia abitazione, sita in via Placida, che si trova a circa 200 metri dalla parte alta della via Puntale, luogo in cui si trovava l’abitazione della nonna Maria Li Causi.  Diluviando, ho raggiunto l’inizio della via Giovanni Piliero ad incrocio con la via Palombara, rammento che per poter attraversare il detto incrocio, mi sono dovuto aggrappare alle pareti delle case, al fine di evitare che la furia delle acque mi trascinasse  via, e fortunatamente ci  sono riuscito.   

Arrivato alla fine della via G. Piliero  nei pressi della via Puntale alta, il continuare per me, voleva dire mettere a rischio la mia incolumità, infatti notavo che la via era invasa da detriti, fango, rocce, alberi sdradicati, una macchine ed un motorino, ma la cosa principale e che non riuscivo a vedere nulla, stante l’oscurità totale dei luoghi.

Il mio pensiero, in quel momento, era quello di voler scendere nella via Puntale che conoscevo molto bene, ma sono stato bloccato dai forti boati che sentivo, che mi fecero pensare a dei grossi massi che rotolavano giù  con violenza dalla montagna.

Percependo il pericolo, ho deciso di tornare alla mia abitazione, e dopo avermi cambiato, ho raccontato alla mia ragazza, ciò che ho visto e sentito. Ma, preso ancora dai pensieri e dall’immensa preoccupazione , decisi effettuare un nuovo tentativo volto a raggiungere, questa volta, attraverso vie diverse, la via Puntale bassa.

Dopo vari tentativi, mi sono  reso conto che la maggior parte delle vie del Paese,  erano sommerse dal fango, e che lo stesso arrivava ai primi piani delle case; a questo punto,  presi la  decisione di aggirare il Paese attraverso la via Trave, in quanto la stessa era stata meno colpita dall’alluvione.  Giunto nello stradone che porta verso la piazza Pozzo, ho dovuto scavalcare un groviglio di macchine che erano state travolte dai detriti, e arrivato alla piazza, constatai l’impossibilità a raggiungere la via Puntale bassa,a causa dell’enorme quantità di acqua, fango e detriti che erano scesi dalla montagna.

Alle ore 20.50 circa tornato nei pressi della mia abitazione, ho raggiunto nuovamente la via Puntale alta, ma a causa della forte puzza di gas propagato nell’aria, impaurito,e con il pensiero che la mia ragazza mi  potesse raggiungere, ho deciso  di tornare nuovamente a  casa.

Non potendo dare nessuna notizia utile sulla nonna, Dalila “la mia ragazza”, si preoccupò maggiormente, e spinta dalla disperazione, mi ha chiesto di uscire  nuovamente per rendersi conto personalmente che cosa stava accadendo. Il suo pensiero andava oltrre che per la Nonna, anche  verso il  Padre, che nel frattempo aveva lasciato la propria caserma per raggiungerci.

Nell’attraversare la via Giovanni Piliero, abbiamo consigliato  ad alcune persone che erano affacciate dalle proprie abitazioni, di chiudere le bombole del gas  per evitare il peggio.  Giunti alla fine della predetta via,  avendo constatato l’impossibilità a proseguire,  ci siamo fermati vicino ad una rete metallica prospiciente la via Puntale, e da quel posto, abbiamo cercato di scorgere qualcosa.

Ma stante il buio pesto, e pur avendo due piccole torce, non siamo riusciti a vedere  nulla , ad un certo punto, un’ immenso lampo ha illuminato a giorno per pochi attimi l’intera zona, permettendoci così, di vedere e renderci conto di quello che era successo.

 Abbiamo visto che, nessuna abitazione era rimasta in piedi nella Via dove è scesa la frana; in conseguenza di ciò, la mia ragazza iniziò ad urlare e a piangere, ma quasi subito, con un successivo lampo, mi  sono accorto che la casa della nonna era ancora  sana, così ho potuto fare un sospiro di sollievo, pur restando molto scioccato, per quello che i miei occhi hanno visto in quella frazione di secondo  dove il lampo ha illuminato a giorno.

Nell’immediatezza,  ci siamo messi a gridare per vedere se c’era qualcuno che ci poteva sentire e se avevano bisogno di aiuto.

Subito, abbiamo udito un fortissimo boato proveniente dalla parte bassa della via Puntale, e   immediatamente il nostro pensiero è stato quelle di aver sentito lo scoppio di una  bombola del gas. Nelle ore successive, altri due scoppi si sono verificati, presumibilmente da altrettante bombole di gas.

Nel contempo, pensando che qualcuno ci potesse sentire, abbiamo continuato ha gridare, per vedere se qualcuno ci rispondeva, infatti, dal posto non molto distante dove noi eravamo, abbiamo  udito  alcune grida con richieste di aiuto, riconoscendo la voce di Marika Neri, che urlando segnalava la presenza di due feriti nella sua abitazione; subito gli abbiamo  suggerito con voce alta e strillando, di stare più calma possibile, e che avremmo indirizzato subito da loro i soccorsi una volta arrivati.

Il mio pensiero comunque, era sempre, quello di voler scendere nella voragine della via Puntale, ma preoccupato per l’enorme puzza di gas nell’area, mi bloccavo.

A questo punto, siamo tornati ancora indietro e abbiamo attraversato le varie vie del Villaggio, che   in quei bruttissimi momenti, erano completamente deserte, al fine di raggiungere nuovamente la via Pozzo. raggiunta la piazza,  contemporaneamente giungeva alle ore 23.40 circa mio suocero Giuseppe De Luca che pur non avendolo più sentito, eravamo sicuri che arrivasse. 

Dopo averlo reso edotto, della impossibilità di passare attraverso la Via Puntale bassa, abbiamo deciso di transitare dalla via dove è ubicata la macelleria D’Angelo, e attraversando la piazza della Chiesa centrale del paese, che nel frattempo si era riempita in un  ammasso di fango e detriti, abbiamo raggiunto la pulita via Giovanni Piliero che  attraversandola ci ha condotti nella Via Puntale alta,

Dove mio Suocero, incurante del pericolo, senza alcuna esitazione, si è buttato nel buio più totale  nella voragine che si era creata nella predetta Via.

Erano circa le 00.20, e la pioggia, purtroppo era ancora incessante, eravamo molto preoccupati  per lo Stesso, in quanto  sparito completamente nel buio più totale della voragine, e, abbiamo aspettato  il suo ritorno con molta trepidazione.

Circa 20 minuti dopo,  dal buio più profondo,  abbiamo udito la voce di mio suocero che mi chiamava ,e mi diceva di avere tra le braccia un bambino preso nelle macerie, e che non ce la faceva ad arrivare fino alla Via G. Piliero dove noi l’attendavamo. 

Allora Io, gli urlai chiedendogli se era in grado di raggiungere la rampa  da dove precedentemente era sceso, lo Stesso mi  rispose, “va bene Santi  ci provo”.

 Stante l’oscurità, scorgevo mio suocero solo quando, ha fatto i primi passi sulla rampa dove Egli precedentemente era sceso, nel frattempo erano da poco arrivati Antonio Rodilosso e Placido Scionti,che si erano fermati nella via G. Piliero, accanto a noi, e  immediatamente tenendomi da un ferro interrato, gli  sono andato incontro, e mi consegnò il bimbo,  ripetendomi più volte,  che si chiamava Panarello, ricordatelo ricordatelo perché è piccino; gli ho riposto, di non preoccuparsi, che c’è  suo zio! c’è suo zio! e lui ancora mi disse , accertati che sia lo zio! accertati che sia lo zio! perché è piccino!

Placido Scionti,vedendo il bambino e scambiandolo per il nipote Lorenzo, ha provveduto immediatamente a portarselo con se a casa sua, insieme ad Antonio Rodilosso.

Alle 02.30 circa all’arrivo dei primi Vigili del Fuoco, mio suocero,  ha provveduto ha portare gli stessi Vigili del Fuoco nella voragine della via Puntale, facendogli strada e incoraggiandoli, stante le condizioni dei luoghi. Agli stessi,  mi sono accodato anche Io.

 Subito, mio Suocero, ha indicato a gli stessi Soccoritori, una conduttura del gas rotta, dove fuoriusciva una enorme quantità di metano, scendendo nei luoghi del disastro,  ci ha condotti dove si trovavano i feriti, e precisamente,  ha indicato loro, il luogo dove si trovava una persona incastrata, che  precedentemente nello stesso posto,  mio Suocero aveva salvato un bambino di nome “Brian”

Subito, i vigili del fuoco si sono fermati per prestare i primi soccorsi nell’abitazione della famiglia Neri, mentre noi  abbiamo proseguito verso il porticato della via Vallone, dove  io provvedevo a sfondare una porta di una casa, per poter raggiungere meglio l’abitazione dei nonni materni della mia ragazza, mentre mio Suocero provvedeva a coprire il corpo di don Lillo Maugeri,spinto precedentemente dal fango assassino, nel giardinetto di don Giovanni “detto  u sartu”.

Successivamente, e per i giorni a seguire, ho collaborato e continuato alla ricerca dei dispersi  con tutti i soccorritori che man mano  sopraggiungevano.

A cinque mesi di distanza,per quello che è successo, mi è rimasto  un grandissimo dolore dentro, che difficilmente potrà lenirsi.

 

Riflessioni

– se una persona avesse sprigionato una fonte di calore all’interno della propria stanza satura di gas, cosa sarebbe successo? Non avrebbe commesso accidentalmente ed involontariamente un’imprudenza, con il rischio di far saltare in aria la propria casa?

– Diluviando, e con un torrente di circa un metro di acqua e fango, chi sarebbe sceso dalla Via di accesso della propria abitazione, e chi avrebbe mai pensato di uscire di casa?

– In quei frangenti con la montagna che veniva giù a valle, con il fango che era arrivato al primo o secondo piano o forse più delle case, con il pericolo che un’altra frana potesse scendere ancora, e con tutte le entrate bloccate, chi sarebbe potuto uscire?

– Non è sufficiente che taluno dica ad altri di voler salvare qualcuno, (magari con il telefonino),  sentimento nobile e penso condiviso da tutti,  altra cosa è mettere in pratica ciò che uno vorrebbe fare.

– A mio modo di vedere, al momento della tragedia, nessuno poteva portarsi al di fuori della propria abitazione in via Puntale, stante l’immensa quantità di acqua, fango e detriti che venivano giù dalla montagna.

–  Queste riflessioni mi fanno pensare, che ogni essere umano, per sua natura, è portato dapprima a  mettersi in salvo con la propria famiglia, ed eventualmente, a pericolo scampato, intervenire per soccorrere chiunque avesse bisogno, ma ci sono sempre dei limiti.

– Altra mia riflessione, ha come oggetto la innumerevole serie di interviste rilasciate da persone che erano residenti in altri luoghi (città, paesi o addirittura persone che di Giampilieri superiore non erano a conoscenza di quasi nulla), mentre coloro che il primo ottobre erano nel fango sin dalle prime ore, non sono mai stati ufficialmente sentiti dagli organi di informazione e dalle autorità intervenute.

Se fossero stati sentiti coloro che hanno calpestato il fango potevano emergere fatti più precisi.

Ritengo che vi fosse un forte interesse, per incanalare i fatti in una unica direzione, al fine di raggiungere obiettivi prefissati da parte di qualcuno (soprattutto,Autorità, tv e alcuni giornalisti locali).

Niente sarà come prima, il dolore, la sofferenza, mia e di tutti gli altri abitanti dei paesi colpiti  rimarranno indelebili nella nostra mente.  Nessuno mai potrà dimenticare i 37 morti…..

Solo chi ha perso un proprio familiare, può comprendere la ferita insanabile che portiamo nel cuore.

 Il tempo, a qualcuno, farà sicuramente dimenticare quello che e’ successo, soprattutto a coloro che hanno avuto responsabilità, coloro che dovevano e non hanno fatto.

Mi domando, da credente: “Lassù” quando si troveranno al cospetto di quei 37 Angeli, cosa gli diranno? “Scusate non pensavamo che potesse scendere la montagna”; sapete….. le responsabilità non  sono nostre ma di altri”; o avranno il coraggio di ammettere “Già la montagna ci aveva avvisato di avere le gambe che non le  reggevano più, ma noi c’è ne siamo fregati lo stesso, perché’ i soldi li dovevamo spendere  altrove.

Uno dei principi cardine della religione recita: non fare agli altri, ciò che non vorresti fosse fatto a te. Già “Dio” ha dettato questo a Mosé, e Mosé c’é l’ha tramandato, ma noi l’abbiamo sicuramente dimenticato.

Il mio desiderio e il mio augurio, è quello che i Villaggi colpiti tornino ad essere quelle splendenti realtà che erano prima, senza che nessuno abbia paura alcuna di potervi ritornare a vivere serenamente; sono certo che questo mio sentimento è condiviso da tutti gli abitanti delle comunità colpite.     

SEGUIRA’ TERZA ED ULTIMA  PARTE                                                                           Giuseppe De Luca

 

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