Dal male al bene durante il carcere a vita

bernardo provenzano è morto in regime carcerario, durante l’ergastolo ostativo, pur essendo una larva d’uomo. A totò riina, sottoposto allo stesso regime, sono stati negati i domiciliari.

Ma in realtà le domande da porsi sono altre. E cioè l’anima, il cuore, la mente di un ergastolano possono cambiare? E quanto possono cambiare?

Tanto, per esempio, da riconfermagli la “dignità” di riappartenere al genere umano che gli era stata tolta per l’efferatezza dei reati, gli omicidi e i delitti raccapriccianti commessi ?

 

Il cronachista non sa e non puó rispondere a queste domande, ma forse può farlo un altro ergastolano per mafia. Si chiama Carmelo Musumeci e si considera un’ eccezione che conferma la regola. E cioè, che si può cambiare. Ergastolano dal 1991 è diventato nel frattempo uomo di cultura e scrittore.

Passato dalle elementari a ben tre lauree– Giurisprudenza, specialistica in Diritto Penitenziario e Filosofia- durante l’espiazione della pena e dentro le mura di un carcere. E’ stato sottoposto ad ergastolo ostativo (quell’ergastolo che per la gravità dei reati di stampo mafioso commessi, chiamati appunto ostativi, e per la mancata collaborazione con la giustizia, si differenzia dall’ergastolo “normale” che dopo 27 anni permette la concessione di permessi e altre libertà condizionate) sino al 2014. Anno in cui un’ordinanza innovativa e coraggiosa, per la nostra società e per i nostri tempi, del Tribunale di sorveglianza di Venezia ha riconosciuto che i reati per i quali l’ergastolano avrebbe dovuto collaborare erano prescritti e pertanto era inutile applicargli l’ergastolo ostativo. Oggi Carmelo Musumeci, nato a Aci Sant’Antonio (CT) nel 1955, la mattina collabora in un centro di recupero di bambini disabili e ciechi gestito dalla comunità “Papa Giovanni XXII”, di Padre Benzi, la sera continua ad essere sottoposto a regime carcerario.

Noi lo abbiamo contattato, raccogliendo le sue considerazioni.

 

Ecco davanti a loro mi sento colpevole, adesso che sono uscito mi sto rendendo veramente conto del male che ho fatto, perché ho la possibilità di sedermi con questi bambini. Il carcere senza nessuna relazione con l’esterno peggiora la situazione perché sei chiuso in una cella e non hai nessun confronto con la società. La società, invece, dovrebbe chiedere conto all’ergastolano: ma perché hai fatto questo reato, perché io vado a lavorare e tu vai a rubare ?”.

Uomo capace d’intrigare, incuriosire e ammaliare, Musumeci, tanto che illustri contemporanei dei nostri tempi, menti raffinate, preparate e sensibili, per rispondere alle stesse domande iniziali che si è posto il cronachista, hanno collaborato e scritto le prefazioni ai suoi libri. Troviamo cosi che l’ex Presidente della Corte Costituzionale, Gaetano Silvestri, è intervenuto nel saggio che Musumeci ha scritto con Pugiotto, un giurista dell’Università di Ferrara e che aveva al centro il tema dell’art. 27 della Costituzione e l’umanità della Pena. L’ultimo libro di Musumeci, Angelo SenzaDio, è impreziosito dalla bellissima prefazione di Agnese Moro, la figlia del rimpianto Statista ucciso dalle Brigate Rosse Aldo Moro. Potremmo fare altri nomi, da Erri de Luca alla compianta Margherita Hack e tanti altri che relazionandosi e confrontandosi con l’ergastolano hanno fatto uscire fuori l’uomo. 

Secondo Musumeci, in tutti gli uomini vi è il male e il bene “e seppure sono nato colpevole, nel senso dell’ambiente dove sono nato – la mia povera nonna quando mi portava in piazza e vedevamo un Vigile Urbano in divisa mi diceva di stare attento perché quello era l’uomo nero-  vi ho sicuramente messo anche del mio. Ciò non toglie che si possa cambiare ma solo se il carcere ti permette di relazionarti con l’esterno”.

Ed è questo il tema di Angelo SenzaDio, scritto proprio tutto unito. Un uomo, un ergastolano, Lorenzo, che impossibilitato ad avere relazioni con l’esterno si crea un amico immaginario, un angelo che l’accompagna verso il cambiamento e che sveglia attraverso l’amicizia la sua capacità di crescita interiore.

Il romanzo è autobiografico?

“Il messaggio di questo libro è che non si può cambiare da soli, stando in una cella murato vivo e senza fine pena. Il carcere in se è criminogeno, non ti cambia, non ti migliora. E quindi questo personaggio, che dovrebbe rappresentare tutti gli ergastolani ostativi, che si ritiene cattivo e colpevole pur volendo cambiare non ha nessuno stimolo a farlo ed allora la sua fantasia crea quest’angelo che lo porta ad una crescita interiore.  Nel mio caso l’angelo si è incarnato in carne ed ossa, dopo aver incontrato Don Oreste Benzi, in una persona della comunità di Papa Giovanni XXIII”.

Anche totò riina e provenzano sarebbero potuti cambiare in bene?

“Tutti possono cambiare, ovviamente è difficile cambiare da soli. Nel “carcere” come esiste in Italia è quasi impossibile, perché davanti a una detenzione abbruttita dal 41 bis. O.P. (il carcere duro dell’Ordinamento Penitenziario, senza permessi e contatti con l’esterno) una persona non si sente più colpevole, ma innocente. Nella sua mente si dice: è vero, io sono stato un criminale ma non è che lo Stato è meglio di me se non ha neanche l’umanità d’ammazzarmi. Mi mura vivo, in quelle condizioni. La pena dovrebbe tendere al recupero della persona (art. 27 della Costituzione) ma se è posta cosi (art. 41 bis. O.P.) uno non ha nessun stimolo a cambiare. Anzi

Allora dovremmo reintrodurre la pena di morte?

Certo è molto più umana. Prendo le parole di Papa Francesco che ha detto che la pena dell’ergastolo ostativo è una pena di morte mascherata. Anzi è molto peggio, perché tu muori un po’ tutti i giorni e tutte le notti mentre con la pena di morte muori solo una volta. Il punto fermo comunque è che la pena dovrebbe essere in grado di fare uscire fuori il male che hai fatto, farti provare il tuo senso di colpa, sta lì la punizione. Ma affinché ciò accada, devi migliorare la persona, fargli capire dove ha sbagliato. E questo come può essere se lo sbatti in regime di 41 bis. Non puoi dialogare, non puoi parlare con nessuno e non senti il peso e la colpa di quello che hai fatto. La cosa che teme di più un criminale è il perdono. E’ il perdono che ti spiazza, che ti fa sentire colpevole, non certo l’ergastolo, la pena di morte o il 41 bis.

E’ come col cane, se lo leghi diventa ancora più cattivo”.

Per me nel caso di provenzano e riina lo Stato ha perso una grande occasione di sconfiggere la cultura mafiosa. Perché

se fai morire certi personaggi in carcere, per una certa subcultura mafiosa li trasformi in eroi.

Io, da parte mia, li avrei mandati a spazzare le strade di Corleone

@PG

 

Per leggere il libro : 

https://amazon.it/Angelo-SenzaDio-Carmelo-Musumeci/dp/1544016441/ref=asap_bc?ie=UTF8