Quando la realtà supera la fantasia può capitare che il cavallino rampante della Ferrari permetta d’arrestare uno scafista. Sono state le testimonianze dei profughi arrivati il nove giugno al porto di Messina che hanno permesso l’identificazione di MECHRI Omar, tunisino, di 22 anni.
“Una maglietta di un bel rosso acceso con il simbolo del cavallino rampante, la scritta sul collo della parola “Ferrari” e per gli uomini della Squadra Mobile di Messina è stato semplice portare l’infernale “Caronte” dei 262 migranti sbarcati dal porto direttamente al carcere di Gazzi.
Ma le storie dei 262 migranti sbarcati a Messina hanno svelato altri particolari che mettono l’accento di come la tratta di esseri umani, perché di questo ormai si deve parlare, abbia raggiunto vette “imprenditoriali” impensabili. “l’uomo che li ha portati in mare aperto, a bordo di un barcone in legno, stipati uno sull’altro”, MECHRI Omar e la banda di criminali che vi sta dietro, hanno raccontato alla Polizia stupefatta che vi erano tariffari precisi utilizzati per imbarcare i profughi. Più alta era la tariffa per chi stava sul ponte e prezzi scontati per chi si accontentava del sotto coperta.
Ma non basta e dai racconti è emerso che al libico, al senegalese o eritreo interessato a raggiungere le coste europee, basta chiedere in giro. Tanto che tra i profughi arrivati c’era anche chi tramite Facebook e grazie ai consigli di chi era già riuscito a raggiungere l’Italia, la Germania o la Francia è riuscito ad organizzare il viaggio. “…tramite Facebook mi hanno detto come fare. Avendomi consigliato di recarmi in Libia, ho raggiunto Tripoli, dove ho incontrato un mio connazionale che conosce la città, il quale mi ha fatto incontrare un libico. L’incontro è avvenuto in un bar di Tripoli e io ho accettato le condizioni per venire in Italia .
I 262 migranti sono stati soccorsi dal pattugliatore d’altura svedese Poseidon nel canale di Sicilia e trasferiti al porto di Messina. Dove sono stati accolti, rifocillati e visitati da personale medico. Hanno viaggiato per circa nove ore in modo disumano. Uno sull’altro, uomini, donne e bambini, stipati in stiva come bestie. Quando sono stati soccorsi, il barcone di fortuna su cui viaggiavano era alla deriva e in avaria.
Ascoltati uno per uno, dopo le operazioni, ormai di routine, espletate rapidamente dal personale dell’ufficio Immigrazione e da quello del locale Gabinetto di Polizia Scientifica, hanno raccontato storie di miseria e sogni di speranza.
Circa 200 delle persone arrivate il 9 giugno a Messina sono in viaggio verso altri centri di accoglienza in Abruzzo, Lombardia, Veneto e Trentino dove sono stati trasferite per lasciar posto a chi, probabilmente, nel frattempo arriverà in Sicilia.
MECHRI Omar, lo scafista, è, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, presso il carcere di Gazzi.
PG