De Rosa, il calcio come metafora

Siamo abituati a storcere il naso se la letteratura tratta di argomenti televisivi e a considerarla letteratura di serie B.

Nelle opere di Corrado de Rosa non c’è niente che possa essere definito di serie B, se non paradossalmente l’argomento stesso del suo nuovo lavoro: proprio la seconda serie dello sport più amato dagli italiani.

‘L’allenatore sul divano’ edito da Caracò editore, nasce -a detta di De Rosa stesso- “ dal desiderio di raccontare una città attraverso la metafora del calcio. Salerno, come la sua squadra, vive sospesa tra l’ambizione, frustrata, di essere una grande città e l’orgoglio di essere una dignitosissima provincia meridionale. La Salernitana e i suoi tifosi vivono lo stesso conflitto, che è tipico di chi ama visceralmente la sua squadra”.

Non si spaventino i benpensanti: il calcio è una metafora da cui si parte per descrivere tutta una realtà in cui la maggior parte dei lettori non può non identificarsi. Chi non conosce almeno una persona che si sente un appassionato allenatore e dispensa consigli direttamente dal proprio comodo  divano di casa?

Lo psichiatra salernitano, già autore di celebri opere quali “La mente nera” e “I Medici della camorra”, abbandona temporaneamente gli ambiti criminologici per dedicarsi a qualcosa di solo apparentemente convenzionale.

Nonostante tutto, il calcio resta una fortissima rappresentazione della nostra società. Mi incuriosiva la prospettiva, dall’angolo di visuale del tifoso, di poter mettere in discussione alcuni suoi dogmi immutabili nel tempo”.

Non bisogna quindi cadere nella convinzione che esistano cose di cui non valga la pena parlare, e che i libri, specie quelli di un certo livello si dedichino esclusivamente a ciò che viene considerato letterariamente “alto”.

Dice De Rosa: “Esiste una narrativa nobilissima sul tema, inchieste sul calcio scommesse, analisi sui rapporti con sistemi di corruzione perversi, studi sociologici sul mondo degli ultrà. Esiste anche, però, una meravigliosa terra di mezzo in cui comanda la passione.”

Insomma, De Rosa non ha dimenticato nessun ingrediente per rendere quest’ultimo romanzo una vera e propria indagine sociologica dallo stile inconfondibilmente irriverente. Ci aggiunge persino un pizzico di romanticismo, che si sa in certe cose non guasta mai, quando dice che: “Nonostante le polemiche sugli arbitri e la pornografia televisiva dei litigi su questo o quel rigore dato o negato, il libro é per chi si emoziona ancora se il Leicester vince il campionato inglese.”

Per chi avesse ancora dubbi sulla profondità di questa elaborazione, l’autore gli viene incontro dicendo che: “ Probabilmente c’è il fatto che il tifo, soprattutto nella sua componente nobile, contribuisce alla costruzione della propria identità, alla definizione di valori personali, a familiarizzare con concetti come quello dell’appartenenza a un gruppo e della competitività, a fare i conti con la frustrazione della sconfitta e a concedersi momenti di felicità. Insomma, dal suo divano, l’allenatore fai da te si confronta con la vita.”

Ulteriore nota di merito, per gli appassionati ma anche per chi si approccia adesso ai romanzi di De Rosa, è proprio la chiave stilistica, che emerge in tutta la sua inconfondibile ironia e non annoia mai, trascinando sì nelle riflessioni ma senza mai perdere di vista la speranza dello psichiatra affinché : “lo stile sia funzionale soprattutto a non prendersi troppo sul serio.”

Una luce nuova dunque, in un panorama che, invece, a forza di prendersi sul serio ha finito per diventare seriamente noioso.