Sembrava dovesse essere così lontano – pensava – o, meglio, le faceva comodo pensare che il Natale fosse ancora lontano da venire.
E invece il crescente borbottio nel cortile, i primi addobbi alle porte e ai balconi dei vicini comunicavano chiaramente l’avvento delle festività.
Già! le feste di Natale, puntuali come sempre e come sempre uguali: ma qui da noi in provincia “uguale” significa diverso. Le nostre tradizioni ancora permangono, fra regali elettronici e il suono di zampogne, e sono proprio queste ultime a riportarla ai riti della tradizione. Lei è Angela, forse più di 80 anni, anche se sino ad oggi non li ha mai ammessi, troppo piena di pensieri e responsabilità per permettersi di fermarsi, ma adesso è Natale e questo comporta impegni e sacrifici speciali come quello di mantenere vive le tradizioni che la legano al paesino di montagna dal quale proviene.
Ricorda se stessa da signorina rientrare dopo la messa e trovare la tavola riccamente imbandita di dolci fatti in casa: erano lì, come ogni anno, e duravano tutto il periodo delle feste arricchendosi continuamente. Erano lì quasi per magia, era scontato dovessero esserci: era Natale. Dietro quella tavola imbandita per settimane c’era invece, solitamente, il lavoro di una donna che nottetempo produceva la ricchezza di quel desco.
La tradizione voleva che in quei giorni la tavola fosse abbondantemente colma di biscotti e dolcini così come l’uscio di casa fosse aperto in modo che il viandante non avesse da chiedere: al contrario, l’offerta era così pubblica che chiunque si potesse sentire ospite gradito. E’ così anche Angela quella sera, pigramente si accinse a impegnare il posto che il suo ruolo le competeva. Ma quell’anno fu diverso per lei, all’improvviso si sentì addosso i suoi anni, vide svolgere la sua vita e ne fece un bilancio. Non fu facile la vita per lei, nata in una campagna lontana persino da quel piccolo paese di provincia, tanto che al primo miraggio di una vita migliore, in fabbrica, l’intera famiglia si trasferì a valle. Lì conobbe Francesco, un ragazzone che non si piegava né alla fabbrica né alla guerra e così fra un attività di commercio divenuta poi negozio di frutta e 13 figli videro insieme passare tanti anni.
Videro i “mericani” arrivare e con essi partire due figlie; altri figli partirono per altre regioni d’Italia ma ugualmente lontani. Angela ricorda l’amore composto che aveva nel crescere i nipoti, figli dei figli essi stessi figli, ricorda quando li spiava dalle fessure della sgangherata porticina della soffitta dove si riunivano a giocare e controllava che non facessero giochi per loro pericolosi. Li ricorda ancora tornare stanchi ma euforici per la pesca di anguille svoltasi col nonno sulla riva del fiume. Era importante per lei sapere che i nipoti fossero adesso grandi e in buona salute; i figli, quelli che restavano, avevano tutti una casa e un lavoro e questo la faceva sentire realizzata nel suo compito di mamma. Quest’anno era rallentata nei gesti, sentiva finalmente su di sé la fatica di una vita lunga, troppo lunga per racchiudere tutti i pensieri in una notte. Iniziò tardi la lavorazione delle farine e mentre impastava con la maestria che le era propria e largamente riconosciuta, continuava la sua analisi, il suo bilancio e, man mano che scorrevano i pensieri, venivano accompagnati ora da un sorriso di compiacimento, ora da una smorfia di dolore o dallo sguardo che faticava ad alzarsi dal ripiano di marmo dove gli ingredienti venivano miscelati. La notte aveva perso i suoi adori più scuri e si avviava ai suoni e così Francesco trascinato dalle abitudini si sveglia al giorno che dovrà venire, non trova al suo fianco la moglie ma sa di poterla scorgere in cucina. E’ lì Angela, ancora alle prese con forno e impasti, è in ritardo ma non se ne accorge e accoglie il marito con un sorriso che non ricordava. Ma Francesco si rivolge a lei con un tenero rimprovero, accusandola di impegnare troppo tempo per una tradizione che ormai nessuno più ricorda, per la prima volta usa nei suoi confronti, con affetto, la parola vecchia.
Proprio questo aggettivo spinge Angela a parlare al marito: “Sai Francesco credo proprio di essere stata una brava moglie-mamma-nonna, i nostri nipoti sono grandi e intelligenti, a loro abbiamo dato quello che non siamo riusciti a dare ai nostri figli. Io ho avuto tanto dalla vita; una famiglia unita e amorevole, non mi sono mancati momenti di svago, anche se spesso senza di te. Adesso, come tu hai detto, sono vecchia e tanto stanca. “ Si siede Angela e continua: “ogni anno l’ho concluso con questo mio dono per voi tutti, anche per chi non è più con noi.
Ho prodotto dolci per intere notti senza mai poterne assaggiare perché come tu sai la mia malattia, il diabete, non me lo permette, ma questa notte voglio farmi un regalo, me lo merito, mangerò si mangerò i dolci e ne mangerò tanti sino a morire e questo sarà il mio premio ai miei sacrifici”. Francesco sorrise, non poteva prendere sul serio le minacce di una donna tanto forte e battagliera e così, come da abitudine, si alzò e uscì per la sua consueta passeggiata sulla riva del fiume.
Tornò a casa quando il sole era già sopra le canne, andò in cucina e Angela stava lì seduta, il capo sul tavolo e in lei una luce e un sorriso nuovo.