Disamina politica del G7

“ Voi G8 , noi 6 miliardi “ . Si diceva così all’ inizio di questo secolo per riassumere in un solo potente slogan la visione  e la strategia politica che permise di costruire sulla contestazione dei vertici delle grandi potenze economiche un’ampia coalizione politico- sociale che andava dagli anarchici alle suore missionarie, passando per i movimenti popolari del sud del mondo , i sindacati ,le organizzazioni studentesche e femministe. 

Si chiamava altermondialista quel movimento, con un neologismo felice ma meno fortunato  del contemporaneo “ no global”, e si batteva contro gli effetti distruttivi della globalizzazione economica senza invocare il ritorno di muri e barriere ma piuttosto pensandosi  come mondo “ altro “ da quello fondato sulle gerarchie economiche, l’esclusione sociale, la guerra . Il G8 di Genova, nel luglio del 2001, riuscì a far mobilitare contro di sé un’opposizione così vasta e così fortemente motivata da indurre le classi dirigenti di allora a” disattivarla “ con un deciso processo di delegittimazione culturale e un uso massivo e spregiudicato della violenza repressiva di cui per anni si parlò come della più  grave violazione dei diritti umani avventura in territorio italiano  dalla seconda guerra mondiale.

Fu inaugurata allora una gestione paranoica e  securitaria dell’ordine pubblico che si è  riproposta puntualmente  negli anni a venire ad ogni appuntamento internazionale , per estendersi poi ad altri ambiti della vita civile, dalla gestione delle migrazioni ai cortei studenteschi.

 Il dispiegamento  , francamente eccessivo, di forze in occasione del vertice dei sette grandi che si sta svolgendo in queste ore a Taormina ricalca un copione consolidato e fa il paio con la tensione  e lo stato  di ansia generalizzato sparso sapientemente attraverso i media che accompagna la preparazione e lo svolgimento delle iniziative di contestazione del vertice , come il corteo di sabato 27 ( oggi per chi legge) a cui si apprestano a partecipare migliaia di cittadini provenienti da ogni parte d’Italia 

Esibizione di forza e di efficienza da parte delle istituzioni nazionali e internazionali, raziocinio misto a ’indignazione e rabbia da parte di chi contesta, rassegnata estraneità quando non paura indotta da parte  di tutti gli altri. Gli ingredienti per dire che poco o nulla è  cambiato rispetto al 2001 ci sarebbero tutti. Tuttavia non è  il caso di lasciarsi suggestionare da una visione che si ferma alla superficie delle cose.

L’ottimismo che ostentavano i grandi del mondo 16 anni fa mostra vieppiù la corda ma il logoramento e la stanchezza hanno coinvolto pure chi questo grandi li criticava .

Guerra  e terrorismo, i “ gemelli diversi “ che occupano  la scena mondiale dall’11 settembre del 2001 si sommano a una crisi economica devastante a cui le istituzioni europee hanno saputo rispondere solo con austerità – cioè tutelando i privilegi delle aree geografiche e dei ceti sociali più forti a scapito di tutti gli altri – mentre le primavere arabe del 2011  sono sfociate, con la parziale eccezione della Tunisia , in guerre  civili che hanno fatto collassare la sponda sud del Mediterraneo, che è  diventato un mare -muro e un cimitero di profughi. 

Insomma il mondo in cui le grandi potenze  ( meno la Russia, fatta fuori nel frattempo a causa dello scontro fra Naro e Russia su Ucraina e Cecenia)  e movimenti sociali si confrontano a distanza fra Giardini è Taormina  è  assai più inquieto di quello dei tempi di Genova.  Le distanze fisiche  e mentali fra paesi e popoli sono aumentate anziché diminuire e l’avanzata dei social media convive tranquillamente con il boom del populismo e del razzismo . Il mondo senza frontiere sognato dai compagni di Carlo Giuliani si è allontanato mentre i tentativi  di cambiare le cose a favore dei più deboli restando insieme dentro e contro le istituzioni europee , come la Grecia di Alexis  Tsipras,  resistono a fatica in un assedio che sembra non lasciare speranze  di vittoria. 

Perché allora insistere a battersi  per un mondo più  umano e contestare i vertici dei potenti, esattamente come all’inizio del xxi  secolo?

Perché quelli che allora potevano passare per  timori di un club di Cassandre sono diventati la realtà in cui viviamo  e non rassegnarsi a una vita priva  di dignità non è  solo questione di idealismo giovanile ma è  diventato puro buon senso, questione di sopravvivenza. Vertice e controvertice passeranno. Da lunedì come prima e meglio di prima, si continueranno con testardaggine a mettere su i mattoni di una vita più degna per tutte e tutti, accogliendo dove “ loro “ discriminano, rivendicando casa , lavoro buono e diritti dove “ loro “ fanno profitti ; costruendo democrazia e città ribelli dove” loro” fanno mercato e sparano sondaggi in tv;  Facendo la pace dove “ loro “ lasciano  macerie.