Le difficoltà delle giornaliste nei luoghi di conflitto, la parità nell’era digitale, la necessità di avere più donne giornaliste nei luoghi decisionali per migliorare la rappresentazione della realtà ancorandola ad uno sguardo di genere plurale.
Sono questi, i temi sviluppati dal XIX Congresso Internazionale delle Giornaliste e delle Scrittrici, ANMPE, appena conclusosi a Buenos Aires (9-11 novembre 2010).
Partiamo dal panel che ha chiuso la prima delle tre giornate di lavori, e che si è articolato intorno agli aspetti di genere dell’informazione nei luoghi di conflitto, con gli interventi di Caddy Azduba di Radio Okadi e Teresa Bo dell”emittente Al Jazeera.
Azduba, africana, ha puntato il suo intervento sul conflitto in Congo dove “i “ribelli” utilizzano coltelli, armi da fuoco, vetri taglienti, ferri caldi e prodotti come l’aerosol nella vagina delle donne per sottometterle più del 60 per cento di queste vittime riporta lesioni permanenti e malattie come l’aids. In questo angolo di Africa, la violenza maschilista utilizza dunque lo stupro sistematico, nelle sue forme più crudeli, come arma di distruzione di massa”.
Caddy Azduba lavora per Radio Okadi, un’emissione delle Nazioni Unite in Congo; in quanto “ giornalista di pace” – spiega – “la mia principale missione è denunciare attraverso programmi e azioni informative concrete la violenza estrema che viene esercitata contro le donne congolesi. Da quando è iniziato il conflitto, nel 1996, si contano 40 stupri al giorno e le principali vittime sono donne e bambine.”.
Azduba ha raccontato la tragica storia di una di queste vittime innocenti, “una donna, che viveva con il marito e cinque figli. I ribelli hanno fatto irruzione in casa e l’hanno violentata. Dopo, hanno obbligato il marito e i figli a commettere la stessa atrocità ma loro si sono rifiutati. L’uomo è stato squartato davanti alla famiglia e i figli portati via. La donna ha passato un mese chiedendo di loro, alla fine le hanno consegnato un sacco con cinque teste. Lei è impazzita.”. Azduba, che ha conosciuto personalmente questa povera donna morta pochi mesi fa, ha detto che il suo caso “è solo uno su cinquecentomila.”.
Pubblicamente impegnata sull’obiettivo di promuovere il dialogo come cammino verso la pace, la giornalista africana vive esposta ogni giorno alla violenza e alla morte, e sono gli stessi indici della violenza generale nel paese a spiegarne i motivi. Da quando il conflitto è iniziato almeno cinque milioni di persone vi hanno perso la vita e un milione di congolesi e congolese, sfollati, vivono nei campi profughi, lontano dai villaggi natali.
Teresa Bo, dell’agenzia notizie dell’emittente araba Al Jazeera, ha parlato della sua esperienza in Afghanistan e Colombia. Bo ha denunciato l’assenza di copertura mediatica – praticamente a livello mondiale – sulle atrocità che colpiscono la popolazione civile afghana e colombiana. In queste zone di conflitto, ha aggiunto, non ci sono donne giornaliste. “I civili afgani sono costantemente sotto tiro delle milizie talibane mentre la popolazione indigena colombiana è vittima della doppia violenza dell’esercito e della guerriglia. E’ fondamentale che gli organi di informazione denuncino la violazione dei diritti umani che accompagna i conflitti, poiché dargli visibilità può contribuire al cambiamento”.
Scopo generale dei panel promossi dal Congresso è stato quello di promuovere dibattito sul ruolo esercitato come comunicatori da intellettuali, leader sociali e operatrici/operatori dei media. Con l’obiettivo specifico di incoraggiare l’informazione con prospettiva di genere per dare valore alla capacità di incontro e di organizzazione delle giornaliste, e riconoscere le relazioni asimmetriche di potere che in generale ci toccano.
Radiografia dell’ineguaglianza
La realtà quotidiana e la questione dell’ineguaglianza sono state descritte dal coordinatore ONU per l’Argentina, Martin Santiago, nella seduta inaugurale del Congresso. Santiago ha ricordato che nel 1989 é stata promulgata la carta magna dei diritti delle donne, la CEDAW, Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, e che in questi venti anni, seppure molti risultati siano stati raggiunti a livello di normative, sia nazionali che internazionali, “ altrettante questioni sono ancora in alto mare. Le barriere contro le donne esistono e la fotografia del reale non li esprime compiutamente.”.
Il rappresentante Onu ha dato una panoramica sulla condizione delle donne nel mondo: il 6o per cento delle persone povere del pianeta sono donne e più della metà delle povere è analfabeta; la violenza di genere continua, radicata in tutte le culture del mondo: 2 su 3 donne senza distinzione di classe sociale, livello educativo, etnia o religione hanno vissuto o vivranno qualche tipo di violenza sessuale nel corso della loro vita; si calcola che almeno 220 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali, e più dell’80 per cento delle vittime della tratta sono donne. Ogni anno due milioni di donne vengono aggredite in Centroamerica semplicemente perchè donne, e nel 2009 831 guatemalteche sono state crudelmente assassinate.”.
Accesso delle donne ai luoghi decisionali.
In Sud America si registra un numero consistente di donne ai vertici delle istituzioni, a partire dalla cilena Michele Bachelet, ex presidente del Cile, sino all’attuale titolare dell’Esecutivo dell’Argentina Cristina Fernandez, e alla presidente recentemente eletta del Brasile, Dilma Roussef. Ma, in generale, qui come nel resto del mondo, la rappresentanza femminile resta scarsa. Secondo la media mondiale, su tre incarichi di livello ministeriale solo uno è occupato da donne, mentre su 10 seggi parlamentari solo tre sono di leader donne.
Per l’altro verso, invece, le donne lavorano più degli uomini, poiché sommano il lavoro produttivo e quello riproduttivo, e guadagnano di meno. La differenza salariale oscilla nel mondo tra il 3 e il 51 per cento, in Argentina la donna guadagna il trenta per cento in meno di un uomo per lo stesso lavoro.
Diritti sessuali e riproduttivi.
Qui la discriminazione segna indici vergognosi, con centinaia di migliaia di donne morte ogni anno di parto. Su scala mondiale, la meta più difficile degli Obiettivi del Millennium è la lotta alla mortalità materna.
“Illuminare queste asimmetrie, queste diseguaglianze con tutti i loro chiaroscuri, ha concluso Santiago, è compito precipuo dell’informazione.”.
Tra i panel orgnizzati nel corso del Congresso, segnaliamo quello sul linguaggio, sull’utilizzo delle nuove tecnologie, sulle reti int ernazionali di giornaliste . In particolare: la spagnola Milagros Pérez Oliva, difensora dei Lettori in Spagna, e la peruviana Rosa Maria Alfaro, Red Latinoamericana de Observacion de Medios, hanno dibattuto sul diritto all’informazione; la Red de Periodistas con Perspectiva de Genero e la Red Argentina de Periodistas hanno discusso di informazione di genere e di utilizzo TIC e della brechas digitale.
Spazio anche alle giornaliste-scrittrici: le argentine Sandra Chaher e Sonia Santoro hanno presentato il testo “ Las palabras no tiene sexo”; la messicana Rosa Maria Vallez Ruiz il libro “Contra viento y marea. Periodistas y escritoras de México”, la cilena Raquel Correa “ Preguntas que hacen historia: 40 años entrevistando (1970-2010)”, Monique Altschul y The Uncrushable Rose “ Género y corrupción: las mujeres en la democracia participativa”, e la cinese Bambi Shen “ Memoir of a Chinese”.