Era l’una di notte del 10 agosto del 2015 quando il corpo di Ilaria Boemi è stato ritrovato senza vita sul lungomare del Ringo.
Ilaria aveva solo sedici anni quando è morta a causa di un arresto circolatorio dovuto all’assunzione di una dose letale di MDMA. Per settimane intere il dibattito pubblico della città si soffermato sulla responsabilità della teenager e della sua famiglia, innalzando così un muro di ipocrisia nei confronti delle droghe e dei suoi consumatori.
Da sempre questa categoria di persone viene discriminata poiché agiscono contro legge e contro la propria salute. Spesso vivono ai margini della società e subiscono costantemente un peso che gli viene imposto. Altre volte il consumo una tantum o può mutarsi in vera dipendenza o può causa episodi che possono portare alla morte.
Lo Stato ha il dovere di preservare la salute dei suoi concittadini. L’azione proibizionistica a opera delle forze di polizia è però irrisoria: da sempre il proibizionismo ha avuto effetti contrari al suo fine, il più delle volte provocando un aumento dei consumi.
Da diversi anni, infatti, molte Nazioni dell’occidente hanno avviato un processo di depenalizzazione e di legalizzazione delle droghe. I risultati sono stati incredibili: la tendenza al consumo è diminuita.
In Italia il dibattito rispetto le droghe è costantemente aperto e le sue parti sono in costante contraddizione. Nel frattempo, sarebbe opportuno avviare un percorso che porti i consumatori di sostanze stupefacenti verso una piena coscienza della propria azione. Una soluzione sarebbe l’istituzione del servizio di drug checking, ovvero dei punti mobili dove gratuitamente, attraverso delle immediate analisi (dai 5 ai 20 minuti), si può apprendere la sostanza che si vuole assumere. Questo servizio è già offerto dalle Regioni dell’Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia.
Nel gennaio del 2019 è stata avanzata una proposta di legge regionale anche nel Lazio. Nella nostra città, invece, Ninnì Caprì, studente universitario e attivista contro il proibizionismo, ha lanciato due appelli: una lettera per la legalizzazione della marjuana contro il narcotraffico, firmata da circa duecento cittadini, e una petizione per l’istituzione di drug checking nella nostra città.
Ninnì ha deciso di rilasciarci un’intervista per far comprendere l’importanza di questo servizio.
“Il 38% delle persone che si rivolge a questo servizio, di fatto, rinuncia a consumare la sostanza analizzata poiché non era quella che voleva assumere. Un servizio che potrebbe salvare molte vite”.
Il costo medio per ogni singola analisi è molto basso a fronte della salute del consumatore. “Da un lato si potrebbe dire che la droga fa male e che non ci dovremmo drogare. Ma la logica proibizionista non funziona ed è ipocrita. L’istituzione di questo servizio è per tutelare il diritto alla salute.” Lo studente universitario, inoltre, dichiara che l’analisi effettuate nei centri di drug checking “sarebbero funzionali alla ricerca poiché andrebbe ad aggiornare la lista delle droghe in circolazione e i loro componenti”.
In aggiunta il servizio dovrebbe essere mobile per prevenire l’overdose a causa di sostanze alternate all’interno di festival o discoteche. “A Copenaghen sono stati istituiti dei veicoli per il drug checking, anche per informare.”
La petizione avviata da Ninì Caprì, oggigiorno, non è più disponibile a causa di alcuni problemi con il sito di essa.