È arrivata la bufera, è arrivato Bertolaso

Piove sul tetto della macchina, e l’acqua si schianta sul vetro di fronte a me che pare mi voglia strappare dalla guida, potesse afferrarmi. È cosa di poco, lo so. Uno di quei temporali che qua chiamiamo “riuturi”. Guido e penso all’autunno. Il display sul cellulare si accende e vedo di fronte a me la faccia di Dino. È inevitabile pensare per un attimo al libro: Dino è stato il mio contatto principale con Messina nell’ultimo periodo, nei giorni della presentazione. Penso ai miei viaggi verso Giampilieri, con la pioggia che mi ha fatto compagnia senza chiedere il permesso.

Attivo il bluetooth e non trovo il solito saluto. La voce è secca com’è stata la terra qui attorno per tutto agosto. «Seba! – sento – L’hai sentito?».

«Cosa?», chiedo.

«Il signor Guido Bertolaso!».

«No, non so».

«Dammi il tempo di mettere gli occhiali e ti leggo il virgolettato».

Immagino le mani grandi di Dino che si muovono in maniera febbrile nel gesto di inforcare gli occhiali. Poi lo sento leggere, e mi rendo conto che quella voce ha ottimi motivi per essere così affilata. Prometto che una volta a casa cercherò le agenzie, i pezzi, e butterò giù qualcosa.

Sembra davvero incredibile. E l’acqua continua a bussare.

A casa ci metto poco. Arrivo sul pc un po’ zuppo: per entrare ho fatto a pugni con le gocce insistenti, e ho perso.

Mi ci vuole poco per trovarlo. «Non credo ci sia ora abusivismo nelle zone colpite dall’alluvione dell’ottobre 2009 a Messina. La mazzata che hanno ricevuto è servita per fermare lo scempio del territorio. Meglio tardi che mai».

Ma tu guarda il capo della Protezione Civile.

Nel giro di qualche istante rileggo la frase così: “Prima dell’1 ottobre nelle zone colpite dall’alluvione praticavano allegramente l’abusivismo, ora hanno imparato la lezione. Per fortuna”.

Beh, se fossi al telefono con me stesso avrei la voce di Dino, adesso.

C’ho messo sette capitoli e qualche mese per comprendere, assimilare e spiegare che da quelle parti l’abusivismo è una causa minore, che non è giusto additare quella causa come male assoluto, perché a farne le spese sono solo gli abitanti. E lì non si tratta degli abitanti de L’Aquila, che riescono a mettere insieme carriole e telecamere (grazie a Dio) per protestare portandosi appresso facebook e gli occhi e le orecchie dei social network. Quei villaggi, quei borghi, quei piccoli comuni hanno un’anima silenziosa, la stessa anima che si porta appresso da decenni e decenni le decisioni scellerate di amministrazioni senza coscienza, proponendo o accettando di costruire perché ogni decisione si basava su ignoranza e necessità. Quell’ignoranza e quella necessità che insieme generano mostri. I mostri che poi l’alluvione inghiotte insieme alla gente. La gente che poi viene additata come “abusiva”, e si porta a spasso quell’etichetta rimanendo nello stesso silenzio che negli ultimi secoli ha permesso di non imbrigliare le montagne, di non gestire correttamente le fiumare.

Rieccolo quel Bertolaso che fece il primo danno appena sceso dall’elicottero, lì a Giampilieri. Quando alzò l’indice sulle case bollandole come abusive, ignorando che gran parte di quelle zone è costituita da costruzioni del 1200 che si intrecciano con quelle del 1600, fra viuzze che a girarle ti senti catapultato secoli indietro, e ne hai conferma se leggi le iscrizioni che ricordano come centinaia di anni fa passarono gli spagnoli a tentare di far razzie. Da quelle parti realizzavano una seta che indossavano i reali d’Europa, e lo facevano prima ancora che nei palazzi della capitale potessero immaginare l’esistenza di vita sui Nebrodi.

A Scaletta, Itala e nei vari borghi colpiti quella maledetta notte, a partire da Giampilieri, fanno ancora fatica a tornare a vivere, a scrollarsi di dosso quell’accusa viscida come il fango fresco. Eppure il capo della Protezione Civile ha pensato di aprire ancora bocca. Probabilmente il primo ottobre, in occasione della commemorazione, non ci sarà, e forse per questo ha rinnovato adesso le sue parole.

Uomo d’azione, come più volte è stato celebrato, fa fatica a gestire le parole: quelle pronunciate ieri contengono la stessa forza distruttrice dei 220 mm d’acqua precipitati lo scorso anno.

Oggi l’uomo delle emergenze è tornato ad aprir bocca, e lo ha fatto parlando di Napoli, dove l’immondizia è magicamente tornata per strada: «C’è qualcosa che non mi torna», ha detto. A Giampilieri è tornato il fango del giorno dopo, e alla gente qualcosa non torna.