Entrerà nel pieno delle sue funzioni solo lunedì con il voto di fiducia previsto nelle due Camere. Nasce il Governo Letta, il primo esecutivo post-ideologico che ancora semina scetticismo soprattutto da parte dello schieramento da cui proviene il nuovo premier. Democratici in attesa del computo del voto d’aula e Pdl che incassa la rassicurazione del Colle con Anna Maria Cancellieri alla Giustizia ed il proprio segretario Alfano nel ruolo di ministro e vicepremier. Nell’esecutivo giovani ma soprattutto la presenza di donne in importanti dicasteri, personalità del mondo della ricerca e degli enti locali, qualche comparsa di partito a dare un tocco di colore bipartisan. Letta però scopre la carta migliore, dopo la Bonino agli Esteri, un ministro donna di colore all’Integrazione.
Governo Letta quindi con tante sorprese e con una robusta rappresentanza femminile. Sono serviti sessanta giorni di decantazione per costringere i partiti a fare il tanto sofferto accordo, accordo siglato – va ricordato -sullo scrittoio di un Capo dello Stato rieletto proprio per fare questo lavoro: stabilire i limiti dell’empasse istituzionale e garantire al paese un governo compostoalmeno dalle due forze che sommate esprimono una maggioranza in Parlamento, dopo il “gattopardesco” gioco delle parti offerto agli italiani(Bersani e il Movimento Cinque Stelle insegnano).
Età media, 53 anni (undici in meno della precedente compagine) il nuovo Governo risponde agli accordi sanciti dai partiti a sostegno di Enrico Letta: fuori i senior ed i politici che hanno già avuto a che fare con i precedenti governi (ad eccezione dello stesso premier, responsabile di importanti dicasteri con Prodi, Amato e D’Alema e del segretario del Popolo della Libertà Angelino Alfano che gli farà da vice ottenendo anche il Ministero degli Interni) dentro giovani, donne e personalità con una certa esperienza ma anche con impegni importanti di partito. 21 i ministri in rappresentanza dei gruppi parlamentari di Pd, Pdl e Scelta civica.
Sotto l’egida del Colle, il nuovo governo già sorprende quindi per il numero di donne che siederà nel prossimo Consiglio dei Ministri (7 su 21).
Poltrone azzurre: Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, all’economia. Alla Difesa Mario Mauro in quota Monti insieme a Gianpiero D’Alia, deputato Udc, alla Semplificazione. Agli affari europei, riconfermato, Enzo Moavero. Maurizio Lupi (Pdl) alle Infrastrutture. Al Lavoro il presidente dell’Istat Enrico Giovannini. Tra i saggi scelti da Napolitano promossi a ministro anche Gaetano Quagliariello agli Affari costituzionali. Andrea Orlando, giovane turco del Pd, sarà ministro dell’ambiente, mentre alla Coesione territoriale Carlo Trigilia sociologo e professore nell’ateneo di Firenze. Ai Rapporti con il Parlamento l’ex capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini. Sempre in casa Pd agli Affari regionali Graziano Delrio, attuale presidente dell’Anci e allo Sviluppo economico Flavio Zanonato, sindaco di Padova, così come ai Beni culturali Massimo Bray, direttore editoriale Treccani e deputato Pd. Infine Filippo Patroni Griffi, ministro uscente della Pubblica amministrazione, al ruolo di nuovo sottosegretario alla presidenza del consiglio.
Poltrone rosa: Emma Bonino agli Esteri, tra i nomi che avevano animato la corsa al Quirinale, alla Giustizia – casella delicatissima nel prossimo governo- Annamaria Cancellieri che lascia gli Interni, le deputate Pdl Nunzia De Girolamo alle Politiche agricole e Beatrice Lorenzin alla Salute, mentre in quota Partito Democratico, direttamente dalla stessa città del premier Pisa, la professoressa Mariachiara Carrozza all’Istruzione e Ricerca, l’ex campione olimpionica Iosefa Idem alle Pari Opportunità, Sport e Politiche Giovanili e Cécile Kyenge, deputata di origini congolesi eletta a febbraio, al ministero per la Cooperazione e l’Integrazione.
E’ proprio la nomina di un ministro di colore (dove il colore sta ad indicare una bellezza, una particolarità, un segno che porta con se una storia intera di luoghi e terre lontane, come potremmo essere percepiti anche noi europei qualora ci spostassimo in altre latitudini) che porta l’Italia finalmente alla “modernità”.
Chi è la Ministra che darà voce all’Integrazione nel Governo Letta?
Eletta alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Democratico dell’Emilia Romagna, Cécile Kyenge Kashetu (nella foto) prende il posto di Andrea Riccardi alla Cooperazione internazionale e Integrazione del governo Letta. Origini congolesi, medico a Modena dove vive, porta bandiera di tante lotte pro immigrati.
Col significativo titolo di “Un giorno senza di noi e l’Italia si ferma” fu la promotrice del primo sciopero degli stranieri che dal 2010, puntualmente, viene celebrato in Italia ogni 1° marzo. Come spiega l’Ansa il neo ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, e’ nata a Kambove in Congo 49 anni fa ed e’ un medico oculista. Modenese, vive a Castelfranco dell’Emilia, ed e’ da tempo impegnata in politica, prima nei Ds, poi nel Pd. E’ stata eletta deputata lo scorso febbraio, sola parlamentare di colore della diciassettesima Legislatura alla Camera (nel precedente Parlamento l’aveva preceduta nella storia il deputato, anch’egli di origini congelesi, Jean-Leonard Touadi, eletto alle scorse amministrative nel Consiglio Regionale del Lazio con Luca Zingaretti). . Prima donna di origine africana a sedere in Parlamento Kyenge e’ sposata e madre di due figlie, e’ laureata in medicina e chirurgia, specializzata in oculistica. Nel 2004 e’ stata eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i Democratici di Sinistra, prima di divenire responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale ed immigrazione. Dal settembre 2010 e’ portavoce nazionale della rete Primo Marzo per cui si occupa di promuovere i diritti dei migranti e i diritti umani. Tra i suoi diversi impegni, la promozione e il coordinamento del progetto ‘Afia’ per la formazione di medici specialisti in Congo in collaborazione con l’Universita’ di Lubumbashi.
La strada del neo ministro all’integrazione, fatta di battaglie e conquiste, è stata tutta in salita. In particolare da quando si è candida alle politiche, con l’obiettivo di “portare il meticciato a Montecitorio”. Dopo la sua candidatura nelle liste del Pd, dove ricopriva l’incarico di responsabile regionale per le politiche dell’immigrazione, ha ricevuto via Facebook anche minacce di morte di chiara matrice razzista.
E non la scoraggia la via intrapresa consapevole che “in Italia ci vogliono tante Rosa Parks”. Questo incarico nel Governo, fuori da ogni pronostico (altro che Amato o Brunetta all’economia), rappresenta la vera novità. Per avere un’idea del suo programma basta pensare che il giorno prima di essere scelta scriveva su Facebook ai suoi tanti amici: “Chi nasce e cresce in Italia è italiano”. Il suo incarico nel Governo, infatti, rappresenta per i milioni di stranieri in Italia una vittoria storica, che ricompensa di tante discriminazioni subite, che fa ben sperare per gli immigrati di seconda generazione che una patria ancora non sanno cosa sia per il vulnus legislativo che continua a non vederli “cittadini italiani”.
”Per me è una grossa soddisfazione: ringrazio Enrico Letta per una decisione che segna il passo decisivo per cambiare concretamente l’Italia, la sua società e il modo di vedere un’integrazione che è già presente nel Paese”, è il commento a caldo di Cécile Kyenge. ”Quella dello ius soli è una delle mie prime priorità, poi ci sono tante cose che dovranno cambiare ma questa rimane comunque una priorità al di sopra di tutto. Probabilmente troverò delle resistenze, dovremo lavorare molto per realizzarlo”.
Ma l’Italia è ancora una terra dalla tolleranza alternata, solidarietà davanti alle tragedia, rigidità davanti alle speranze dei flussi di immigrati che bussano alle porte di Lampedusa per il riconoscimento di una propria dignità.
Lo scorso 8 marzo, proprio nel giorno della Festa della Donna, la deputata del Pd e neo ministro era stata raggiunta da insulti razzisti rivolti su Facebook da un esponente della Lega Nord anche a Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani del Pd. Sempre a marzo Kyenge e’ stata una dei quattro firmatari – oltre a Pierluigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza – della proposta di legge depositata alla Camera sul riconoscimento della cittadinanza agli immigrati, uno degli otto punti che lo stesso Bersani aveva proposto per il governo. La proposta di legge contempla il riconoscimento della cittadinanza per chi nasce in Italia da stranieri residenti da almeno 5 anni e della possibilita’ di richiederla anche per chi non e’ nato in Italia ma vi e’ cresciuto.
Dopo l’elezione alla Presidenza della Camera dell”ambasciatrice dei profughi”, della portavoce ONU per i rifugiati Laura Boldrini (memorabile il suo discorso d’insediamento sui diritti) e la stessa nomina agli Esteri di Emma Bonino anche lei “amabsciatrice di libertà” (la moratoria sulla pena di morte portava la sua firma), il Governo Letta apre nuovi scenari per diritti ancora non riconosciuti, perché da oggi l’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale sembra trovare addirittura non solo interpreti autorevoli e filantropici ma anche i suoi migliori tratti, quelli del neo ministro Cécile Kyenge.