Ci sono dei ragazzi, avranno più o meno 20 anni, stanno sempre sotto casa mia seduti sotto la saracinesca chiusa accanto al mio portone. Stanno qui sotto il mio balcone, qualche ora la mattina e qualche ora il pomeriggio, perché c’è una rete wi-fi libera.
Passano tutto il tempo parlando al telefono. Con chi? con la loro famiglia credo, questo non lo so perché non parlano la mia lingua. Ce n’è uno però, che non passa tutto il tempo a parlare, ma sta sì sempre seduto sotto la saracinesca accanto al mio portone, però lui chiude gli occhi e col suo telefono ascolta una canzone, sempre la stessa. Riconosco i ritmi africani, riconosco le voci scure, le voci calde di cori armoniosi e poi penso che forse lui da casa sua non se ne voleva andare. Forse chiude gli occhi e ascolta quella musica perché vorrebbe sentirsi ancora lì. Io vorrei sempre parlargli però un po’ mi vergogno. Quando entro dal portone lo saluto, così per cortesia, però anche lui si vergogna, mi sorride timidamente e fa sempre il gesto di alzarsi come se non volesse disturbare. Ma lui non mi disturba, a me lui mi da qualcosa che non trovo più da nessuna parte, mi da un emozione così forte, che io chiusa in queste 4 mura davanti a un telefono o un computer non riesco più ad avere.
Questo ragazzo mi ricorda che sono una donna, che sono un uomo, una sorella, una figlia, una madre. e se sono tutto questo potrei essere io alla deriva in mezzo al mare ad ASPETTARE CHE QUALCUNO MI SALVI. Perché non possiamo essere degli Eroi? andiamo al cinema e leggiamo in continuazione storie di EROI, eroi che ammiriamo e che da piccoli aspiriamo a diventare, oggi che abbiamo la possibilità di esserlo abbiamo paura di provare un emozione solidale.
Io non ho paura di questo ragazzo, è solo un ragazzo