Messina è piena di amianto ma il comune di Messina non può intervenire. Questa è la verità che arriva dall’assessore all’ambiente “Oggi non possiamo intervenire –ha dichiarato Daniele Ialacqua– tramite Messina Ambiente. Quello che possiamo fare è raccogliere quello che si trova in strada abbandonato. Il costo è troppo elevato.
L’unica cosa che possiamo fare è creare una convenzione che unisca altri enti insieme al comune al fine di pensare ad un intervento serio”. La fotografia della struttura urbanistica della città è figlia del terremoto del 1908 che ha investito Messina e Reggio Calabria anzi ne è la diretta conseguenza. Constatazione questa che lega la nostra città a Casal Monferrato, dove nei primi nel ‘900 nacque il più grande colosso industriale produttore del minerale, oggi al centro di uno dei più grandi disastri ambientali della storia del nostro paese che in un momento di forte crisi economica rischiava di chiudere i battenti ed ha approfittato delle macerie per vendere e rilanciare il proprio prodotto. Oggi a Messina, i segni di questa ricostruzione e quelli dell’abesto sono ben visibili, tanto che il problema del minerale è legata al monstrum baracche ergo al risanamento. Questo è quello che emerge anche dalla relazione del comune presentata nel dicembre del 2007 dall’ingegnere Francesco La Spada:”La presenza di manufatti in cemento amianto –si legge-comporta sempre un potenziale rischio per la salute delle persone che abitano o semplicemente transitano nella zona. Nel caso delle zone prese in esame, costituite principalmente da baracche, per le quali i possessori, non sembrerebbero avere possibilità economica per effettuare i previsti controlli eo provvedere al confinamento alla rimozione e per le quali il comune sta redigendo specifici piani di sbaraccamento; a parere dello scrivente dovrebbe essere previsto un intervento di incapsulamento delle lastre maggiormente ammalo rate o rotte, mediante la stesura sui lati della lastra di speciali che penetrando all’interno della lastra stessa, rendano improbabile il rilascio di fibre amianto”.
A distanza di questi anni la sensibilizzazione è sicuramente aumentata. Colpisce però che Messina si sia fermata solo alla rilevazione dei dati come ha rimarcato Domenica De Rosa, dirigente dell’Arpa: La nostra città si è fermata al censimento. Ci sono edifici con blocchi di eternit spezzati. Credo che qui il problema vero sia non creare una sinergia di collaborazione. Noi ad esempio stiamo facendo un lavoro splendido con l’ex Sacelit. La bonifica è iniziata nel 2004 e oggi siamo quasi alla fine. Tutto ciò è stato possibile grazie al fatto che la ditta ha pagato tutto e così è stato possibile lavorare con tutte le precauzioni di sicurezza. Un dato che emerge è che oggi L’Arpa non si occupa più di queste tematiche come sottolinea la dottoressa Veronique Zappia:”Oggi il nostro lavoro è stato ridimensionato. Ci occupiamo di bonifica solo a livello industriale. Fino a qualche anno fa c’erano le centraline della provincia dopo per la mancanze di risorse sono state dismesse”. Altra questione chiarificatrice è stata posta dal dottor Giuseppe Trimarchi del laboratorio di Sanità pubblica che ha rimarcato la miopia della legislazione: “Qualche anno fa l’Italia è stata chiamata a votare un referendum. Sostanzialmente si è scisso l’ambito ambientale da quello medico e noi subiamo gli effetti di questa legge. Questi due settori non possono essere divisi. Ormai c’è questa situazione paradossale in cui ci confrontiamo quando ci sono i convegni”. Oggi l’Asp si trova a tutelare 500 pratiche l’anno. Nel registro dei mesoteliomi sono contemplate e monitorate tutte le malattie professionali. Quelli che restano fuori sono tutte quelle persone che si ammalano senza sapere perché. Una volta però come ha sottolineato il dottor Pietro Billè i medici liquidavano le diagnosi parlando semplicemente di cancro polmonare. Oggi si sa con una biopsia che dietro un cancro si nasconde qualcosa di più pericoloso strettamente legato all’ambiente che spesso si trasforma in veicolo di morte. Infine per la completezza dell’informazione abbiamo raccolto le dichiarazioni dell’ingegnere Cortese che danno contezza su quello che finora è stato fatto: “Abbiamo fatto un intervento con un finanziamento comunitario di 780mila euro per togliere l’amianto dalle scuole e dalle strutture pubbliche. Il finanziamento risale al 2004 e il bando è scaduto il 22 aprile scorso. Le zone con più amianto a Messina sono quelle baraccate. Poi c’è la Sanderson (3700mq), Mare Grosso (3300mq), 1400mq a Paradiso e 1200 a Bordonaro. Nella zona falcata sono stimati 6000mq di amianto. E parliamo solo delle coperture, poi ci sono da calcolare canne fumarie e serbatoi. Il canile di S. Lucia sopra Contesse è pieno di amianto. Messina è piena di amianto. Ne abbiamo tolto 20mila mq ma non si vede. In più c’è da dire che manca una coscienza civica su questo tema. Non abbiamo potuto usare tutto il finanziamento perché sa cosa succedeva? Che andavamo a Fondo Fucile e la gente ci mandava via. Togliere l’amianto dai luoghi privati dovrebbe essere a carico dei privati. Ma la gente lo butta nelle fiumare, invece di smaltirlo regolarmente. Non c’è percezione del pericolo che si corre se non c’è un ammalato in famiglia per amianto.
Con i fondi residui del progetto abbiamo aperto un bando ai privati per lo smaltimento dei serbatoi. Ma hanno partecipato pochissime persone. Perché? Per non affrontare la spesa del nuovo serbatoio. Il bando lo abbiamo fatto due volte ed è andato quasi deserto: 60 privati richiedenti su 250mila abitanti. Il mio primo intervento per togliere l’amianto a Messina risale al 2005-2006. C’è la lana di amianto ai cantieri navali, c’erano interi vagoni ferroviari costruiti in amianto. Il costo per smaltire 60mq di copertura è di circa 2600 euro. Poi l’amianto viene mandato ad Agrigento, a Macerata e in Germania per lo stoccaggio dopo l’incapsulamento. L’amianto è dovunque, solo che al nord c’è maggiore coscienza e il problema è più sentito che qui”