Tredici donne eoliane su cento hanno dichiarano di aver subito violenze, questo è quanto emerso dal sondaggio realizzato dai ragazzi della Consulta giovanile di Lipari, iniziato un anno fa in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La campagna, durante la quale è stato distribuito il questionario anonimo, in seguito messo online, rientrava nel progetto di più ampia portata “Le Ali della Solidarietà”. Progetto che prevede iniziative educative, di supporto, ascolto, sensibilizzazione e prevenzione su varie tematiche d’interesse sociale.
L’attività ha coinvolto la maggior parte delle istituzioni scolastiche, sociali e politiche presenti sul territorio, ma soprattutto i giovani, con anche l’obiettivo di informare la popolazione della legge varata lo scorso 15 ottobre 2013 e illustrare l’esistenza dei vari centri antiviolenza sul territorio limitrofo. Per la prima volta nel nostro ordinamento viene riconosciuto che la violenza ha luogo soprattutto nelle relazioni e fra le mura domestiche e che non va mai giustificata (gelosia, onore, movente passionale). Viene riconosciuto il reato di stalking e previsto l’arresto; l’allontanamento da casa del coniuge violento, se c’è un rischio per l’integrità fisica della donna; e l’accelerazione dei processi.
Il questionario è stato proposto con l’intento di tracciare un profilo statistico sul comprensorio, mai realizzato prima, “per porre le basi e iniziare un processo di monitoraggio continuo nel tempo, utile ad adottare le misure opportune a contrastare il fenomeno”, come specificato dal comunicato ufficiale.
Su un’ampiezza del campione pari al 2% della popolazione eoliana, nella maggior parte Liparesi (93%), hanno compilato il questionario per il 67% donne e il 33% uomini. Single 36%, fidanzati/ conviventi/sposati 61%; solo il 23% con figli.
L’età media è compresa prevalentemente tra i 14 e i 39 anni. Il 38% degli intervistati hanno indicato di aver conosciuto donne che hanno subito o stavano subendo violenze (al tempo del questionario).
Il 13% ha affermato di aver subito violenze nell’arco della propria vita. Numeri importanti se relazionati alla percentuale che ha compilato il questionario rispetto all’intera popolazione eoliana. Prevalentemente si tratta di violenza verbale (23%), fisica (22%), psicologica (21%) e stalking (13%) perpetrate tra le mura domestiche per il 74% per mesi (29%) e anni (44%).
Intervistiamo Anna (nome di fantasia), eoliana, sposata, 2 figli.
Anna è una donna semplice, casalinga, 35 anni, mentre parliamo resta a occhi bassi. Sembra mi stia raccontando di un’altra storia, un’altra vita, un altro uomo, un’altra donna. Il ritmo lento delle sue parole e le lunghe pause sembrano aiutarla a tenere il controllo, il punto della situazione.
“Mio marito ha avuto sempre un temperamento molto forte, ma con il tempo forse l’abitudine, maggiori responsabilità con l’arrivo dei figli e la mancanza di lavoro hanno reso il nostro rapporto sempre più difficile. Più tardi sono arrivate le sue prime storie extra coniugali. L’estate, l’aria di festa, l’alcool… E poi l’aggressività, talvolta la violenza”.
L’alta percentuale di donne e uomini che si sono resi disponibili a compilare il questionario potrebbe indicare che la resistenza a parlare di questo argomento stia diminuendo?
“Se hai subito o stai subendo violenza da parte del tuo compagno, ti convinci che la tua situazione è diversa e lontana da ciò che senti alla tv e durante le attività di sensibilizzazione. Per andare avanti e assolvere i tuoi compiti di donna, moglie e madre, di fronte alla società, devi trovare una giustificazione. Il più delle volte ti ripeti che non è così grave, che lui cambierà, o che te lo stai meritando. L’anonimato aiuta a vincere la paura di essere giudicata o forse la paura di ammettere che quello che stai subendo non è diverso e lontano da ciò che senti raccontare. O meglio, l’anonimato è il modo più semplice per metabolizzare che ciò che senti raccontare lo stai vivendo anche tu. Lo puoi ammettere, e tuttavia non subirne le conseguenze”.
Cercando di individuare quali sono le conseguenze di tali violenze secondo gli intervistati, vengono indicati lo sviluppo di disturbi psicologici, quali stress (16%), depressione (14%), ansia, attacchi di panico (15%), paura (13%) e preoccupazione per la propria sicurezza (13%).
Si è voluto anche indagare la percezione che gli eoliani hanno del fenomeno ed è emerso che nel 23% chi commette atti di violenza è ritenuto malato con disturbi psichiatrici, nel 21% non è capace di comunicare verbalmente le proprie emozioni e nel 15% semplicemente perché è una persona gelosa.
Cosa ti lega a un uomo infedele e che ti picchia?
“La paura di ricominciare, i miei due bambini, la mancanza di lavoro; ho provato a cercarne uno. È un periodo difficile. Due bambini non vivono con due mesi di lavoro estivo”.
Credi che lui cambierà, prima o poi?
“Se la nostra situazione economica e lavorativa migliorerà, forse con il tempo ogni cosa andrà al suo posto”.
Solo il 26% indica la denuncia tra le azioni che la donna deve intraprendere per uscire da tale situazione tragica e il 45% ritiene che chi subisce violenza è debole e/o sfortunata.
Tra i commenti lasciati dagli intervistati:
Chi ti ama non ti picchia.
Bisogna necessariamente parlarne.
Chi picchia una donna non è un uomo ma un essere inutile.
Fate qualcosa.
È una vergogna.
Fare rumore serve a non fare silenzio!