“Facciamoci usare dall’Africa”;il messaggio dell’arte del riciclo

Il progetto arte del riciclo è sbarcato in Senegal.

Quattro messinesi: Clelia Marano, Linda Schipani, Gianmarco Vetrano e Federica De Cola hanno unito competenze e professionalità per portare in Senegal la voglia di scambiare idee, esperienze ed emozioni con la gente del luogo, sia adulti che bambini. Il viaggio è stato organizzato da Alex Moustapha Sarr, rappresentante per l’Italia dell’Associazione “JANT BI” impegnata in attivitá sociali nel Comune di Pikine Est, Dakar, in collaborazione con Chiama Senegal ed è stato finanziato dagli stessi partecipanti. La scommessa ha visto protagonisti i rifiuti, il loro reimpiego e la trasformazione in qualcosa di nuovo e originale. “Tutto è nato quasi casualmente- come ci spiega Clelia Marano- Linda Schipani che è l’ingegnere del gruppo doveva portare questo progetto in una scuola di Pikine a Dakar. Per la prima esperienza abbiamo scelto questa località, perché questo territorio non è devastato da guerre e carestie e quindi era più semplice avere un approccio con la popolazione. Infatti, è chiaro che non puoi andare in un luogo dove c’è la guerra e proporre l’arte del riciclo”. Poi strada facendo abbiamo deciso di coinvolgere anche un video-maker, Gianmarco, per cercare di documentare quello che trovavamo. L’altra componente del gruppo è stata l’attrice Federica De Cola che è stata l’intrattenitrice dei bimbi” In dieci giorni i professionisti messinesi si sono adattati benissimo alla realtà che li ha ospitati e hanno lavorato sodo per impiegare al meglio il tempo al loro disposizione: “Abbiamo incontrato appena arrivati i nostri bambini, -continua Clelia- che avevano un’età compresa tra i tre e i dodici anni per presentare il nostro progetto. L’indomani abbiamo fatto la scelta folle di andare nella nostra discarica per reperire il materiale da utilizzare. Questa è stata la scena più bella di questi giorni. Linda e Federica sono scese di corsa dalla jeep per reperire il materiale e noi siamo stati bloccati dai “custodi” della discarica perché non avevamo i permessi. Dopo un’ora pagando e mediando siamo riusciti ad ottenere i permessi per raccogliere e filmare. Nell’entrare in questa discarica immensa quanto una città, abbiamo scoperto che ognuno ha un suo pezzo. C’è chi è responsabile della plastica e chi del vetro. Il signore che ci ha bloccato ovviamente è il responsabile della sua area. Noi siamo stati tutta la giornata a interagire con le persone che popolavano i pezzi di terreno della discarica. Io ne ho visti posti atroci ma questo mi è sembrato l’inferno. Pensa che una signora raccoglieva del pesce dalla discarica, lo faceva essiccare e lo portava al mercato per venderlo. Noi ovviamente l’abbiamo segnalato subito.

La loro vita è fatta di sopravvivenza” La sera la casa di Alex è diventata -come apprendiamo direttamente da Clelia Marano -una sorta di factory in cui tutti si incontravano per creare: animali, quadri e lampade. Duranti questi giorni i messinesi e Alex Mustapha hanno ricevuto la visita di Guido Barbera che in quel giorno inaugurava la casa delle donne: uno sportello informativo per le donne che ancora non hanno la possibilità di istruirsi. Da qui si è aperta la possibilità di portare l’arte del riciclo alla biennale di Dakau, perché se si riesce a portare un messaggio attraverso l’arte, si può creare un rapporto con tutta la popolazione soprattutto con le donne che sono le più emarginate, non avendo la possibilità di andare a scuola ma costrette sin da piccole a fare da mamma ai fratelli più piccoli.

Tuttavia, Il desiderio dei quattro compagni di viaggio è di portare questo grande messaggio di solidarietà in tutta l’Africa. Il consiglio però che Clelia Marano dà -concludendo l’intervista- a chi volesse intraprendere questo percorso è dirompente: “Bisogna partire chiedendosi cosa si può fare per questo continente chiedendo direttamente alla popolazione. Non bisogna partire e pensare di risolvere il problema portando solo medicine e cibo. Questi sono dei palliativi. Piuttosto bisogna agire a tutto tondo creando anche la cultura del come si usa un farmaco.

Questo progetto, grazie ai miei compagni avrà una durata nel tempo. Progetti sociali e cooperazione sono indispensabili”.