Siamo famiglie e ci mettiamo la faccia. Una rivendicazione, un ‘urlo’ in immagini quello che passa attraverso il progetto artistico di Rosalba Castelli. Dopo il successo delle esposizioni torinesi, l’artista piemontese sbarca nella capitale per una due-giorni (30 maggio a Palazzo Ferrajoli in occasione del convegno “Verso il matrimonio equalitario” organizzato da Gaynews e 31 maggio alla Casa Internazionale delle Donne) con il suo progetto “Famiglie: mettiamoci la faccia”.
Una raccolta di 20 ritratti a gessetto pastello di persone a volto scoperto all’interno della cornice “Noi siamo famiglia” e altrettante fotografie in bianco e nero, realizzate da Letizia Ponzio, degli stessi soggetti con una maschera bianca, anonima e spersonalizzante sul volto all’interno di una cornice con la scritta “Noi siamo formazione sociale specifica”, raccontano attraverso gli occhi dell’artista unioni che affermano il loro sentirsi “famiglia”, a dispetto dei termini neo-codificati a livello giuridico e sociale per meglio distinguerli dalle famiglie considerate tradizionali. Coppie di fatto e di conviventi, unioni omosessuali con o senza figli, coppie eterosessuali, famiglie allargate e mono-genitoriali che si raccontano e si espongono in prima persona scegliendo di non nascondersi e di metterci, appunto, la faccia.
Famiglie, nella loro diversità e nelle loro mille contraddizioni, accomunate da un unico fondamentale aspetto: essere «unioni basate sull’amore, sull’impegno e sul consenso reciproco di scegliersi ogni giorno», spiega l’artista. Nato sulla spinta delle polemiche suscitate dalla discussione del decreto legge Cirinnà e dalla creazione nel comune di Torino di un assessorato alle ‘famiglie’ – un plurale scomodo e fastidioso per molti – il progetto vuole trasformare in arte la frustrazione e il dolore di chi vede offeso e calpestato il proprio legame e il proprio diritto.
Una pluralità di famiglie e di realtà tali, quelle rappresentate e proposte dall’artista da rendere complicato se non impossibile dire “questa è più famiglia di questa”. Le ultime esposizioni sono state occasione di un esperimento sociale che, in modo spontaneo, ha voluto stimolare nel pubblico una riflessione attraverso una serie di brevi interviste casuali. Guardando le opere gli spettatori di fronte alla domanda “quale di queste è famiglia?” si ritrovavano a rispondere in modo univoco e spontaneo che tutte erano famiglie. Indifferentemente dalla loro composizione o dal sesso dei loro componenti, anche le cosiddette “formazione sociale specifica”, come la politica ha voluto definire le coppie unite da unione civile. «Non chiederò alla mia compagna di essere la mia formazione sociale specifica», dichiara Rosalba Castelli. «Le chiedo – continua – di essere la mia famiglia nel tempo, nello scegliersi ogni giorno, nella vicinanza, nell’attenzione e nell’amore».
Ad accompagnare la mostra una performance artistica intitolata “Tavolozze Armoniche” di Henni Rissone e Jordan D’Uggento. Musica e danza, insieme al disegno e alla pittura per raccontare, con diverse forme d’arte, il tema dalla mostra. Un corpo meccanico e robotico il cui volto è imprigionato dietro una maschera bianca si libera attraverso il colore da quell’identità imposta dal sociale rappresentata proprio dalla maschera recuperando il proprio sé nella fluidità del movimento ormai spogliato dalle definizioni che lo costringono. «L’arte – conclude Castelli – è un mezzo meraviglioso: permette di dire e di denunciare in modo elegante e toccando nel profondo le persone. L’arte é come una scala mobile. L’argomento trattato viene posto su un livello “altro” rispetto alla semplice parola e, anche se ci si trova a disquisire intorno a temi suggeriti dal percorso artistico, lo si fa salendo quel gradino e aggiungendo maggiore riflessione enunciando il proprio ragionamento».