Erano gli anni della “Milano da bere” e Giuliano Ferrara amava fregiarsi di garofani rossi. Trascorso nel vecchio PCI, poi infatuato dalla via al riformismo di matrice Craxisiana. Il passaggio naturale al pensiero berlusconiano negli anni della “rivoluzione liberale” (da molti mai avvenuta) e negli ultimi anni mentore dei vizi privati e delle virtù pubbliche. Ultima perla: “la Sicilia è per essenza mafiosa”.
Fanno discutere le dichiarazioni gratuite rilasciate dal direttore de “Il Foglio” Giuliano Ferrara, durante il lancio del “film-evento” Il Divo di Paolo Sorrentino, su La7. Destinataria delle argomentazioni di Ferrara la Sicilia. Che il richiamo della trasmissione fosse il potere occulto incarnato dalla figura assai discussa del senatore a vita Giulio Andreotti, poche ore dopo la sua dipartita, lo si era capito ma che negli stessi studi televisivi del direttore del TgLa7 Enrico Mentana si consumasse l’allusione al malaffare della corrente andreottina estendendola alla cultura di un intero popolo, questo francamente no. Prima di far iniziare la messa in onda dello speciale del network Telecom, ecco il consueto approfondimento in studio. Tra gli ospiti c’è appunto Giuliano Ferrara, nom de plume “elefante rosso”, mentre per i più stizziti osservatori “il provocatore” dai trascorsi variegati. “La mafia – ha dichiarato Ferrara – è l’essenza della Sicilia”.
In precedenza, l’ ‘elefantino’ aveva messo in discussione le inchieste palermitane sulla trattativa stato-mafia. Un’affermazione che nel giro di poche ore ha fatto insorgere i telespettatori sintonizzati sul canale e la reazione della stampa per una considerazione che è andata oltre il motivo della sua stessa presenza negli studi televisivi. Il direttore de Il Foglio proseguiva nella sua argomentazione definendo poi la Sicilia “quella maledetta isola”. All’effetto sconcertante di tale affermazione, il peso di una tesi che sovrasta il dato diffamante. Un dato che suggerisce uno stereotipo diffuso soprattutto nelle stanze romane e che continua a consumarsi nell’indifferenza degli stessi rappresentanti siciliani. La sparata dell’Elefantino ha letteralmente fatto esplodere il web, che ha messo nel mirino sia il direttore del Foglio sia Enrico Mentana, “reo” di averlo ospitato e di aver fatto passare senza alcun accenno di dissenso la frase che ha destato le successive polemiche. Una distrazione del Direttore? Probabilmente un silenzio-assenso compiaciuto del giornalista d’assalto che ancora abita l’ex alfiere dell’informazione targata Mediaset. Ovviamente il popolo di twitter ha rispolverato anche le frasi che Ferrara pronunciò qualche tempo fa, quando parlando della trattativa Stato-mafia disse che “l’inchiesta di Palermo non sta in piedi. Non c’è stata una trattativa. In tribunale è finito Mario Mori, un generale dei carabinieri che ha arrestato Totò Riina. A Palermo – aveva concluso – dicono tante minchiate. Questa è una puttanata inverosimile…”.
A replicare a Ferrara è l’europarlamentare Sonia Alfano presidente della Commissione Antimafia Europea e dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, commentando le parole pronunciate da Giuliano Ferrara. “Le dichiarazioni rilasciate (ieri sera) in diretta televisiva da Giuliano Ferrara sono ignobili per più di una ragione: intanto perché appaiono gravemente discriminatorie e lesive dell’immagine dei tanti siciliani onesti e, in secondo luogo, motivo non meno importante, perché la Sicilia ha espresso uomini e donne antimafiosi, morti da innocenti nel tentativo di sconfiggere la prepotenza e la violenza della criminalità organizzata. Ma Ferrara di lotta alla mafia e per la libertà non può avere alcuna cognizione, essendosi occupato sempre di compiacere i suoi padroni. L’Ordine dei Giornalisti – prosegue la Alfano – dovrebbe procedere all’espulsione di Ferrara, per la manifesta indegnità di un soggetto che ieri sera ha dimostrato tutta la sua ignoranza e inciviltà offendendo milioni di siciliani onesti che tirano a campare anche per colpa dei suoi padroni, i quali hanno creato e alimentato un sistema clientelare indecente e, quello sì, mafioso. Ha offeso le vittime di mafia, del terrorismo mafioso e del dovere, il cui sangue innocente ha inondato le nostre strade. Tra queste persone, morte per amore della Sicilia, della verità e della giustizia, c’erano anche dei giornalisti. Giornalisti veri ai quali tutti coloro che fanno informazione dovrebbero ispirarsi. Ecco perché Ferrara non può più fare questo mestiere. Non ne è degno”.
Dal Parlamento siciliano a prendere parola è il Presidente ARS Giovanni Ardizzone a ricordare all’ex ministro di aver “perso una buona occasione per tacere. Della sua demagogia sulla Sicilia e i siciliani non se ne avvertiva il bisogno. A Ferrara vorrei ricordare che, invece, le vere essenze della Sicilia – aggiunge l’esponente Udc alla Regione Siciliana – sono l’accoglienza e la contaminazione fra le diverse culture e per questo mi sorprendo che da un giornalista colto e raffinato come lui sia arrivato un inaccettabile stereotipo”. Il falso storico di una Sicilia mafiosa, che da oggi porta anche la firma di Ferrara, meriterebbe una rilettura storica del fenomeno mafioso per una terra che nutre il riscatto e che ogni giorno subisce il pregiudizio di una comunità nazionale che decide anche dell’antropologia territoriale che le inchieste della magistrature hanno in parte sovvertito, ricordandoci come la mafia si annida dove c’è prosperità e potere finanziario.
A Ferrara non resta che fare un salto in Sicilia, confrontarsi con la gente che la abita, con la costellazione di associazioni antiracket e usura, con la miriade di giovani che dal progetto Policoro passando per, il Terzo Settore, l’impresa di merito, la cooperazione sociale e il volontariato si misurano con le fatiche di un giudizio che stenta – Ferrara docet – ad essere ribaltato, perché il pensare mafioso non è ascrivibile ad una comunità territoriale come quella meridionale o ad una Regione geografica, la Sicilia. Il pensare mafioso – va detto – è un atteggiamento spavaldo, prepotente che limita la libertà e la dignità altrui, che non rispetta le regole e vive di immoralità. Forse Ferrara dovrebbe recuperare maggiore sobrietà.