“La vita rubata” ispirata alla storia di Graziella Campagna, la ragazza uccisa dalla mafia, è una delle tante fiction che trasmettono un messaggio sociale, un messaggio che fa discutere e, in alcuni casi, alimenta accese polemiche. Beppe Fiorello, stimato attore, che ne è stato il protagonista vestendo gli abiti di Pietro Campagna, il fratello carabiniere della vittima, spiega perfettamente cosa significa oggi interpretare e raccontare sceneggiature “scomode” agli occhi della criminalità organizzata e persino, a volte, di chi rappresenta il potere dello Stato, come la magistratura.
Beppe Fiorello, siciliano doc, di origine catanese, conosce perfettamente il sistema mafia, sa che questo attecchisce dove prevale il silenzio, dove l’omertà, spesso, vince sull’onestà, dove le vicende di personaggi coraggiosi e innocenti finiscono con l’intrecciarsi a quelle di personaggi senza scrupoli pur di arricchirsi e dominare sugli altri.
Incontrato in occasione della commemorazione di Graziella Campagna, qualche giorno fa, l’attore mediterraneo ha chiarito che il suo impegno civile nel cinema è una forma di riscatto della sua terra, del nostro Paese, di tutti coloro che hanno sofferto per l’indifferenza dello Stato.
“La cinematografia nel piccolo e grande schermo può stimolare la memoria – ha affermato. Può risvegliare le coscienze, può ricordare e sollevare storie insabbiate. Forse, non può risolvere i casi giudiziari perché ci deve pensare la giustizia che farà il suo corso. Sicuramente, il cinema può educare i ragazzi a non dimenticare o ad approfondire certi avvenimenti di cui non si parla.
Il film tv “La vita rubata” a cui sono molto legato ha avuto il potere di riaccendere un motore che si era spento nelle aule di Tribunale”.
Se da una parte con questa fiction firmata RAI Tv si è scatenata la macchina giudiziaria, d’altra parte dobbiamo sottolineare che Fiorello ha conservato il gusto per l’impegno civile negli anni attraverso la trasposizione cinematografica di tante storie riportate molto realisticamente al pubblico. Andando a ritroso, nel 2006, ha interpretato “Joe Petrosino”, il tenente italo-americano che rispecchia il protagonista della lotta alla mafia a New York.
Nel 2005, ne “Il Grande Torino”, ha ricoperto il ruolo di un giovane che voleva seguire le orme del campione Mazzola descrivendo i sacrifici dei calciatori anni sessanta. Sempre nel 2005, esce “Salvo D’Acquisto, altra fiction che lo consacra Eroe italiano dove si cala nei panni del vicebrigadiere che, durante la Seconda Guerra Mondiale, ha sacrificato la propria vita per salvare 22 ostaggi dal plotone nazista.
Senza contare, la sua recente partecipazione, piccola ma intensa nel film “Baaria” di Giuseppe Tornatore.
“Non sono un Eroe Italiano – ha puntualizzato Fiorello. Faccio il mestiere di attore e cerco di raccontare storie spesso dimenticate. Cerco di interpretare film che abbiano uno sfondo storico, politico, sociale però non rifiuto i film di intrattenimento: mi capiterà di farli. Non avrebbe senso rivolgersi solo all’intrattenimento. Nel corso della mia esperienza, oltre alla fiction dedicata a Graziella Campagna, mi appartiene molto anche un film in cui interpreto la storia un uomo che deve scontare la prigione per un errore giudiziario e tanti altri. Ma ci sono anche altri professionisti nel cinema, attori e registi che, con le mie stesse intenzioni, trovano nelle storie dimenticate gli spunti ideali per costruire film di interesse culturale”.
Il film importante a cui accennava Fiorello è “L’uomo sbagliato” con la sceneggiatura dello stesso Graziano Diana, regista de “La vita rubata”. Questa pellicola, datata 2005, racconta la vicenda di Daniele Barillà, uno degli sbagli più eclatanti nei procedimenti giudiziari e nelle indagini antimafia in Italia. Venne confuso per un boss mafioso semplicemente perché trovato alla guida di un’auto che aveva una targa simile a quella del latitante.
Il cinema è anche questo: la mafia vista da diverse prospettive.
“I ragazzi sono disorientati – ha dichiarato Fiorello. Oggi, non ha valore chiedermi l’autografo. Nella giornata in cui l’attenzione deve essere rivolta a Graziella, non si deve guardare al personaggio televisivo. Invece i giovani mi vedono così”.
“Per loro è importante diventare famosi a prescindere dal perché lo si è diventati, da quello che si è fatto – ha aggiunto. A volte, i personaggi diventano famosi anche per avere fatto qualcosa di sbagliato non perché sono simboli da imitare. Chi si definisce esempio positivo non necessariamente lo è nella realtà. Uno su tutti è un certo Corona che, fino all’altra sera, è stato ospite d’onore di una trasmissione vantandosi per due ore consecutive delle sue malefatte. Un uomo che ha saputo speculare sui propri reati firmando persino una linea di moda”.
Io consiglio solo loro di stare attenti – ha concluso.
“Graziella è per noi una persona viva attraverso il racconto cinematografico – ha ribadito Diana. Si scopre una ragazza che sognava, che aveva la gioia di vivere: non è solo un referto o un caso di omicidio. Non ci sono mai state ambizioni di spettacolo dietro questo progetto. Per noi l’importante era raccontare una famiglia e la sua angoscia per non avere più visto Graziella tornare a casa di sera. Il messaggio da passare al pubblico era questo: la compassione che abbiamo provato noi stessi durante le riprese del film. In questo il cinema ha un compito molto nobile”.
Diana non è nuovo ad esperienze cinematografiche di impegno civile come narratore. Un esempio è l’opera “Un eroe borghese” dedicato all’avvocato Giorgio Ambrosoli oppure l’altra collaborazione con Fiorello, “L’uomo sbagliato”. (Nell’intervista integrale, tutti i commenti relativi alla giornata e alla sua professione).
L’assessore comunale alla cultura, Giovanni Ardizzone ha spaziato sul ruolo educativo del cinema e ha detto: “Più film sulla mafia. Più se ne parla con arte più si sensibilizzano le coscienze”.
Per concludere, ci ha regalato una chicca sul teatro locale: “Ho preso contatto con Nando Dalla Chiesa per portare in città uno spettacolo che affronta il tema della mafia dal punto di vista di una donna poliziotta”. (Anche in questo caso, i dettagli nell’intervista).
A SEGUIRE, nel video box, LE INTERVISTE SUL RUOLO SOCIALE DEL CINEMA A:
– BEPPE FIORELLO, attore
– GRAZIANO DIANA, regista
– GIOVANNI ARDIZZONE, ass. comunale alla cultura