Fondo non autosufficienze, i limiti del Decreto 2013

Trovata l’intesa in sede Stato-Regioni già ad inizio di quest’anno. Nonostante i numeri, sono sempre a rischio le risorse che lo Stato ogni anno stanzia per andare incontro ai bisogni di famiglie con a carico soggetti in condizione di totale invalidità. Una discriminazione. Tuttavia, il Fondo Nazionale per le non autosufficienze potrà contare su 275 milioni di euro da ripartire alle Regioni secondo criteri che però fanno molto discutere e che intaccano diritti fondamentali come quello alla salute e alle cure sanciti dalla nostra Costituzione.

Dato positivo. Quest’anno il Fondo Nazionale per le non autosufficenze è stato ripristinato con maggiori risorse anche se lontane dalle cifre stanziate nell’ultimo governo Prodi (2006-2008).

Nato come forma di finanziamento autonoma, a carattere nazionale, che permette di ripartire annualmente le risorse alle Regioni sulla base dei dati relativi alla popolazione non autosufficiente che vi risiede, e di altri di indicatori demografici e socio economici, il Fondo nazionale per la non autosufficienza garantisce, per le persone non autosufficienti, i livelli essenziali, e non ha una funzione sostitutiva delle prestazioni sanitarie. Un concetto non sempre presente nell’agenda dei governi che proprio sulle prestazioni cosiddette “parallele” hanno deciso di ricavare tagli di risorse sempre più consistenti.

Per l’anno in corso sono stati destinati 275 milioni di Euro al fondo  – a cui si affiancano i 300 milioni previsti per il Fondo nazionale per le politiche sociali – che sarà ripartito tra le singole regioni. Di questo, il 30% è destinato all’assistenza domiciliare dei disabili gravissimi. Un’intesa trovata al fotofinish – come ogni anno – nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni ma che vede un vizio arbitrario sull’erogazione dei fondi alle singole Regioni, tanto da mettere in discussione diritti costituzionali come quello alla salute e alle cure (art.32 – Diritto alla Salute).

Un fondo così articolato dalla Conferenza Stato-Regioni

Le risorse sono insufficienti, ma sono state ripartite per fare in modo che non si blocchino. “La Conferenza delle Regioni ha dato il via libera al riparto del Fondo per la non autosufficienza e al Fondo Nazionale per le Politiche sociali per l’anno 2013, ma è tornata a sottolineare in sede di Conferenza Unificata il sostanziale prosciugamento delle risorse destinate alle politiche sociali e l’esiguità dei fondi previsti”, lo ha dichiarato Vito De Filippo (Membro dell’Ufficio di Presidenza della Conferenza delle Regioni e Presidente della Regione Basilicata) a nome delle Regioni nel corso della Conferenza Unificata. “Queste risorse – ha spiegato De Filippo – rappresentano solo un primo e insufficiente riscontro alle esigenze drammatiche del settore, ripetutamente ribadite dalle Regioni in ogni sede istituzionale.

“Sono stati previsti – ha spiegato Lorena Rambaudi (Coordinatrice della Commissione Politiche sociali per la Conferenza delle Regioni e Assessore della Regione Liguria) – 275 milioni per il Fondo per le non autosufficienze. La priorità riguarderà interventi in favore di persone con disabilità gravissime, inclusa la SLA, per il sostegno e la cura domiciliare con una presa in carico integrata socio-sanitaria. Nessuno può dimenticare la manifestazione che nei mesi scorsi aveva visto l’estrema protesta e i sit in dei disabili gravissimi del Comitato 16 novembre onlus.   In particolare, recentemente, c’era stato anche uno scambio di lettere tra il Sottosegretario Maria Cecilia Guerra e Fulvio De Nigris, direttore del Centro studi per la ricerca sul coma dell’associazione “Gli amici di Luca”. 

Per quanto riguarda invece il Fondo Nazionale per le politiche sociali – continua Rambaudi – sono stati stanziati alle Regioni 300 milioni per l’anno 2013, correlati alla spesa per i macro obiettivi di servizio approvati a suo tempo dalla Conferenza delle Regioni. L’obiettivo è quello di finalizzare quindi le risorse a bisogni essenziali”.

Il punto

Fin qui tutto normale. A mobilitare le famiglie e le associazioni i criteri utilizzati nel ripartire le risorse del  Fondo. I criteri utilizzati per l’anno 2013 sono basati sui seguenti indicatori della domanda potenziale di servizi per la non autosufficienza: a) popolazione residente, per regione, d’età pari o superiore a 75 anni, nella misura del 60%;  b) criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, nella misura del 40% (v.allegato).

Un welfare bistrattato

Nelle tabelle ministeriali sembra che il welfare non rappresenti una delle prioritarie voci per i governi anche se negli ultimi anni il taglio è stato netto, soprattutto nella gestione del dicastero dell’economia da parte del ministro del Governo Berlusconi Giulio Tremonti.

Da un’analisi condotta dallo SPI-Cgil sul welafre nel nostro paese, i Fondi nazionali per gli interventi sociali hanno perso negli ultimi 5 anni il 75% delle risorse complessivamente stanziate dallo Stato. 
Il Fondo per le politiche sociali – che costituisce la principale fonte di finanziamento statale degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie – ha subito la decurtazione più significativa, passando da una dotazione di 923,3 mln di euro a quella di 69,95 mln. Il Fondo per la non autosufficienza, la cui dotazione finanziaria nel 2010 era di 400 mln di euro, invece è stato del tutto eliminato dal governo Berlusconi.Ulteriori decurtazioni di risorse sono state apportate al Fondo per le politiche della famiglia (da 185,3 mln a 31,99 mln) e a quello per le politiche giovanili (da 94,1 mln a 8,18 mln).

“Ormai siamo davvero all’anno zero del welfare pubblico – ha dichiarato il Segretario generale dello Spi-Cgil Carla Cantone – con un continuo taglio di risorse che sta privando dei servizi di assistenza le fasce più deboli del paese, che in questo modo sono state letteralmente abbandonate al proprio destino”.

In Italia, sono 2.615.000 le persone non autosufficienti secondo i dati Istat (2011). Si tratta di donne e uomini che riferiscono una totale mancanza di autonomia per almeno una delle funzioni che permettono di condurre una vita quotidiana normale. Perché, se si considerano anche le persone che hanno bisogno di aiuto, anche in parte, per svolgereattività essenziali come alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi o vestirsi il numero sale di molto fino a quasi sette milioni, circa il 13 per cento dell’intera popolazione.

 

 

 

decreto_FNA_2013_23_gennaio_dopo_CU.pdf