La paura non è finita. Quando si parla di piogge abbondanti e costanti, non si può non tremare in Sicilia e in quei paesini abbarbicati sui monti a rischio di crollo o addirittura di essere cancellati dalla cartina geografica del territorio. Non c’è stato neppure il tempo di tremare nella provincia di Messina, lo scorso 15 febbraio, quando nel comune di San Fratello situato sui Nebrodi, è crollato un costone di montagna e 1500 persone sono state costrette a fuggire e lasciare le proprie abitazioni. Praticamente quasi la metà dell’intera popolazione di circa 4mila anime.
L’onda lunga della frana non ha risparmiato anche altri paesi vicini: Raccuja, Sant’Angelo di Brolo eTusa, dove sono state emanate ordinanze di sgombero per gli alloggi “a rischio”. Pertanto sono circa 2000 gli evacuati in questa parte della Sicilia, tra le persone raggiunte dall’ordinanza di sgombero e chi, per precauzione, preferisce rintanarsi magari nella propria casa di campagna o chiedere ospitalità a parenti o amici.
Tutti incrociano le dita (cittadini, politici ed i massimi esperti) sperando che, dopo due giorni di sole, il tempo si mantenga sereno. Ebbene sì, le condizioni idrogeologiche del Meridione d’Italia sono affidate alle condizioni meteo!
Il paese di San Fratello cade giù verso il mare e la maggior parte dei residenti senza dimora ha trovato prima riparo, poi rifugio nelle zone marinare di Acquedolci, un tempo frazione di San Fratello, a Sant’Agata di Militello, a Torrenova e persino a Caronia e nella piccola contrada Muto dello stesso San Fratello.
L’ex colonia normanna è sventrata dalla stessa terra su cui poggiava. Lo scivolamento della montagna ha “rimodellato” gli interni di case, scuole elementare e media e chiese provocando crolli e crepe, ha abbattuto pilastri, ha sollevato e piegato l’asfalto. La frana si è accanita anche contro la chiesa di San Nicola al punto che i fedeli hanno voluto mettere in salvo la statua del santo e il crocifisso.
Sembra uno scenario apocalittico dove regna il silenzio o solo il rumore dei mezzi che possono accedere tra i detriti e le masserizie e recuperare gli sfollati grazie appunto ai fuoristrada e le motoapi.
Lo spirito di solidarietà o, meglio, di “sopravvivenza solidale” in questi casi vince su tutto: vince sicuramente sull’aspetto puramente economico ed è per questo che si sono mobilitati residence, agriturismi, bed&breakfast e persino una “Casa di cura” del comprensorio nebroideo per accogliere i propri concittadini. Sicuramente, non poteva essere da meno il palazzo del Municipio di San Fratello dove, ormai da giorni, è stata allestita la sede operativa del Coc ovvero il Centro operativo comunale e dove lavorano alacremente operatori della Protezione civile, vigili del fuoco e tanti volontari della zona accorsi per dare il proprio contributo, anche piccolo purché si faccia capire a queste persone che non sono da sole con il loro dramma.
E’ stata approntata una macchina organizzativa di tutto rispetto che agli occhi di noi messinesi appare come una sorta di “Giampilieri 2” in cui però, fortunatamente, non è scattata “l’emergenza vittime o feriti” tipica dell’alluvione dello scorso 1° ottobre.
Ad abbandonare le proprie case, in particolare a Raccuja, sono state ben 21 famiglie nella frazione Zappa. Il sindaco del piccolo comune messinese, Cono Salpietro Damiano non si è potuto permettere alcun tentennamento nel firmare le ordinanze di sgombero immediato per far fronte alle minacce di frana che incombevano sulla borgata. Nel momento in cui le famiglie non hanno trovato ospitalità presso parenti ed amici, il Comune ha messo a disposizione l’alloggio in pensione completa presso un’azienda Agrituristica di Raccuja. Inoltre, gli amministratori comunali, come nel caso di San Fratello, stanno compiendo una ricerca di case libere e in buone condizioni da poter assegnare a quelle persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni.
I sindaci dei Nebrodi hanno costituito il Coordinamento per l’emergenza Nebrodi e, proprio questa mattina, hanno fatto sentire il loro malcontento durante un massiccio corteo, organizzato a Capo d’Orlando.
Nei giorni scorsi, era stato proclamato lo stato d’emergenza nel Messinese, quasi in concomitanza alla visita del governatore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo che ha presieduto un vertice operativo con la Protezione civile e il coordinatore provinciale Bruno Manfrè. Quest’ultimo ha dichiarato “la frana è in pieno movimento”. La politica non smette mai di stupirci con i suoi interventi provenienti da ogni schieramento. Questa mattina, per esempio, si attendevano il vicepresidente del Senato Domenico Nania e il vicepresidente dell’Ars Santi Formica che si sarebbero dovuti recare sui luoghi del disastro per avere contezza dei danni anche attraverso le testimonianze dei rappresentanti dei comuni alluvionati, dopo il vertice di ieri mattina al Ministero dell’Ambiente e dopo il sopralluogo svolto dai tecnici della Protezione Civile. Ieri sera, a San Fratello doveva arrivare persino Stefania Craxi, figlia del tanto discusso ex Ministro degli Esteri ed affezionata a questo paese di cui il bisnonno era originario.
Ma la notizia di oggi arriva direttamente da Palazzo Chigi. Sono stati approvati due stati d’emergenza da parte del Consiglio dei Ministri per i gravi episodi calamitosi che hanno coinvolto la provincia di Messina e la Calabria. Favorevole anche il parere sulle iniziative presentate dai deputati messinesi del PdL, Enzo Garofalo e Nino Germanà che chiedono soprattutto sostegno finanziario.
“Da un punto di vista tecnico, l’evento franoso ha colpito il versante orientale del comune che corrisponde al Torrente Inganno e la testata dello smottamento è andata a lambire la via Roma che è l’arteria principale di San Fratello. Per questo il paese appare spaccato in due”. A spiegarci l’accadutoè l’esperto della Provincia Regionale di Messina, Francesco Roccaforte.
“Questa tipologia di frana – continua – ha una velocità molto lenta e, fortunatamente, consente a chiunque si trovi nelle vicinanze di allontanarsi”. Interpretando alla lettera le parole del geologo: questo genere di frana dunque dovrebbe lasciare tutto il tempo di scappare a più non posso e non rimetterci la propria pelle.
Ma se la frana sopraggiungesse di notte?
“Ci sono circa 70 comuni in tutto il territorio provinciale “a rischio frana” – chiarisce Roccaforte – Se noi pensiamo che, complessivamente, sono 108 è facile fare il calcolo e concludere che per il 70 per cento la nostra provincia è soggetta a questo rischio. Ma tutto questo è scritto in un’ampia documentazione tecnica provinciale e regionale ed è scritto anche nella nostra storia idrogeologica.L’unico problema è che non si può ordinare a 70 comuni di spostarsi anche nell’arco di decenni. Delocalizzare un paese vuol dire anche trovare un altro posto più adeguato che, sicuramente, non è semplice da individuare nel nostro comprensorio collinare e montagnoso”.
“San Fratello è un comune che ha sempre subito la calamità naturale della frane – afferma. Nel 1922, si verificò uno smottamento dei Nebrodi che distrusse ben 1000 abitazioni senza causare vittime solo che, in quella circostanza, il versante interessato era quello occidentale del Torrente Furiano ovvero il versante opposto a quello colpito in questi ultimi giorni. In quel caso, fu emanato un decreto regio che disponeva il trasferimento dell’intero paese di San Fratello ad Acquedolci, la frazione che si era staccata durante il crollo e che, solo dopo, diventò il paese omonimo”. Un decreto che, evidentemente, non fu mai applicato se siamo ancora qui a parlare di frane che devastano e cancellano frazioni o interi paesi.
“Andando ancora più indietro con la memoria – riprende l’esperto di Palazzo dei Leoni – ci fu un’altra frana a San Fratello, nel lontano 1730, solo che anche in quell’occasione non ci furono vittime e neanche abitazioni rase al suolo perché, all’epoca, la zona era costituita prevalentemente da terreni agricoli e case rurali”.
Ma al di là dei cenni storici che ci aiutano a capire che il dissesto idrogeologico del nostro territorio non è da imputare unicamente all’abusivismo edilizio o comunque non era così negli anni ’20 o nel 1700, dobbiamo riuscire a fare un’analisi asettica della situazione.
“Non si può prevedere l’evento franoso – sostiene Roccaforte – però si può realizzare un’operazione di prevenzione attraverso studi approfonditi in sinergia con istituti specializzati in questo settore”. E questo sembra essere anche il concetto espresso dal presidente della Provincia di Messina, Nanni Ricevuto proprio questa mattina.
Ieri pomeriggio, il geologo di Palazzo dei Leoni ha effettuato un sopralluogo insieme ad altri esperti tra cui l’ing. Benedetto Sidoti Pinto anche nei comuni di Tusa, Motta d’Affermo e Motta Camastra. Questa mattina, sarebbe ritornato a San Fratello, monitorando anche Ficarra, Brolo e S. Angelo di Brolo.
“Esistono decine di mappe che mostrano i paesi della provincia “a rischio” – dice Roccaforte. Esistono frane che vanno tenute sotto controllo quali per esempio alle Isole Eolie dove Lipari è segnalata spesso per la caduta massi. Ma ci sono anche situazioni più pericolose come nel comune di S. Salvatore Fiditalia dove c’è la frazione Bufana completamente isolata; oppure Alcara Li Fusi dove il 50 per cento del centro abitato è soggetto al crollo delle Rocche del Crasto; oppure Castell’Umberto, paese sempre suscettibile di frane, che è stato addirittura spostato dal suo luogo originario proprio in seguito al cedimento di una slavina: deve appunto il suo nome al Re Umberto che decretò il suo trasferimento e la sua attuale posizione”.
“La gravità di certe situazioni – termina il tecnico – è stata anche osservata dal Dipartimento di Protezione Civile della Regione e dal PAI, organo che gestisce il censimento delle zone a rischio idrogeologico e che però non si aggiorna puntualmente. Al momento, per esempio, è fermo al 2006 per cui non ha documentato neppure gli ultimi eventi e le successive verifiche fatte sul territorio di Giampilieri dopo l’alluvione di ottobre”.
Ci sembra chiaro dai fatti e dai registri – documenti che non sempre tutto funziona come dovrebbe.
Vale la pena ricordare che i nostri “vicini di penisola” sono accumunati dal nostro stesso “destino di sfollati”, ora più che mai che il Consiglio dei Ministri ci classifica come “due terre in emergenza frane”. A Maierato, in provincia di Vibo Valentia, laddove c’era una vallata, ormai da giorni, ci sono tonnellate di terra. Si è staccato un costone da una collina che ha messo a rischio abitazioni ed edifici che potrebbero camminare fino a valle nel caso in cui riprenda a piovere e la frana diventi più cedevole. Continui gli smottamenti in questi giorni nel vibonese ed è emergenza in tutta la Calabria. Effettuata l’evacuazione di tutti i 2300 abitanti che sono stati distribuiti nella scuola di polizia e nel palazzetto dello sport di Vibo Valentia. Inoltre sono stati allestiti punti di raccolta in varie scuole dei paesi della provincia.”Stavamo verificando – ha raccontato il sindaco, Sergio Rizzo – una piccola frana che aveva ostruito una strada quando all’improvviso è venuto giù tutto. E’ stato spaventoso”.
Si sono registrate 180 frane e 27 arterie stradali tra provinciali ed ex statali completamente bloccate.
A Maierato, è arrivata anche la Commissione Grandi rischi per pianificare gli interventi più urgenti.
Impossibile anche qui fare previsioni, del resto, la frana ha un fronte di un paio di chilometri e ha danneggiato strade e acquedotto, tanto che il paese è completamente privo di acqua.