Di solito gli artisti si battono contro ogni forma di criminalità organizzata anche a rischio della propria incolumità. Ampi settori della cultura e dell’associazionismo ogni anno organizzano eventi e spettacoli con al centro attività di sensibilizzazione alla legalità soprattutto nei confronti dei giovani. Capita però che in una festa religiosa di uno dei tanti quartieri popolari di Palermo, consegnato il fercolo in chiesa, la comunità si ritrovi a rinnegare quanto professato in preghiera, applaudendo ad uno spettacolo che mette in dubbio i dettami del Vangelo stesso e della buona condotta.
Durante la serata di festa alla Kalsa, suggestivo quartiere palermitano sorto sotto la dominazione islamica, dedicata alla Madonna del Carmelo (festeggiata nel calendario liturgico il 16 luglio) il cantante napoletano neomelodico Raffaele Migliaccio (‘Raffaello’ nei cartelloni artistici) ha dedicato platealmente un reverente saluto a Gino Abbate, detto “U mitra”, ritenuto il referente zonale di Cosa nostra. Un fuoriprogramma che non viene colto dalla maggior parte degli spettatori i quali, coscienti o meno, applaudono il cantante dopo che quest’ultimo viene raggiunto sul palco da un ragazzo che gli suggerisce qualcosa all’orecchio. Un “bacione forte” – pronunciato da Raffaello – chiudeva così il saluto al boss locale e ai carcerati mafiosi che in quel saluto si riconoscevano.E’ risaputo in Campania che la Camorra utilizzi gli spettacoli per ampliare la comunicazione tra la gente circa la propria presenza e potere. Volti e voci che si prestano al messaggio fanno da corollario al controllo del territorio da parte della consorteria. Così come è stato dimostrato dalle indagini, le cosiddette feste di quartiere sono spesso organizzate dai “picciotti”, da comitati festa che fanno pensare, né più e né meno, a quello che osteggiava l’azione pastorale di Don Pino Puglisi, simbolo dell’impegno sociale della Chiesa in un quartiere, quello di Brancaccio, integralmente in mano alla mafia. “Le feste – spiegano ancora gli inquirenti – rappresentano anche uno straordinario mezzo diretto con i latitanti e con i detenuti delle famiglie mafiose in quanto attraverso la radiofonia, con il ricorso alle dediche fatte dai cantanti che si esibiscono, i rappresentanti delle famiglie veicolano i propri messaggi verso i soli detenuti o latitanti”. Il tributo del rione Kalsa impazza nella rete, il video quasi dimostra una pratica consolidata che mette in ombra la sia pure rinnovata Palermo, da qualche mese targata Orlando.
“L’Amministrazione comunale non ha organizzato ne’ ha sostenuto la stessa manifestazione musicale, limitandosi al rilascio, cosi’ come per qualsiasi manifestazione di questo tipo, dell’autorizzazione ad occupare il suolo pubblico per il montaggio del palco”. Lo precisa in una nota il Comune di Palermo. Nonostante le rassicurazioni però lo spettacolo in questione suscita un problema etico di uso delle risorse della collettività nelle feste popolari e religiose. Un episodio che certamente non farà piacere ai palermitani nel ricordo di un ventennale dalle stragi del 1992 che ancora chiede giustizia e verità.
La mafia dimostra la sua forza utilizzando la pietà popolare e questo nella Curia palermitana lo sanno bene. Quella stessa comunità diocesana che si appresta a celebrare con orgoglio un “beato” proveniente dal suo presbiterio. Don Pino è stato un modello di prete che ha saputo coniugare l’evangelizzazione con la promozione umana, senza mai scindere i due aspetti. C’è da chiedersi se il parroco del quartiere della Kalsa non abbia provato un po’ di imbarazzo nel tributo ostentato dalla stessa propria comunità festante sotto quel palco, a chi ancora oggi sta dalla parte opposta a quella del suo confratello che aveva intuito l’uso mafioso delle feste religiose e della raccolta degli oboli tra i parrocchiani. C’è da chiedersi, anche, come Raffaele Migliaccio, già arrestato nel novembre dello scorso anno per oltraggio a pubblico ufficiale e per avere aggredito un vigile del fuoco, condannato per direttissima ad un anno con la condizionale, abbia potuto calcare nuovamente il palco.
Ed intanto Palermo (almeno una sua parte) commemora i propri martiri.