Nei locali del CNOG di Roma (Ordine di Giornalisti) si è svolta una giornata di confronto e studio per dare voce ai testimoni di Giustizia e chiedere degli impegni pubblici ai politici. Organizzata dall’Associazione Nazionale dei Testimoni di Giustizia e dal suo presidente Ignazio Cutrò, alla presenza del Ministro della Funzione Pubblica Giampiero D’Alia, del Senatore Giuseppe Lumia, del Presidente della Commissione Antimafia On. Rosy Bindi, del Viceministro dell’Interno Filippo Bubbico e da Don Luigi Ciotti, “è stata anche l’occasione per ringraziare il Ministro D’Alia che ad Agosto aveva realizzato l’impegno di adottare la legge 101, cioè la possibilità anche per i testimoni di giustizia di essere equiparati alle categorie protette e quindi avere un canale preferenziale per le assunzione di presso le pubbliche amministrazioni. A tal proposito vi era stata una certa resistenza in merito alla possibilità che i testimoni che erano usciti da programma di protezione potessero o meno usufruire delle stesse agevolazioni.”
Oggi i testimoni di giustizia in Italia sono 88 e ciò significa che queste persone hanno dovuto lasciare affetti, lavoro e spesso anche i luoghi di nascita perché hanno testimoniato nei processi di Mafia, Camorra ecc. Non sono pentiti, in altri termini non hanno commesso dei reati o parlano per avere degli sconti di pena.
“Perché oggi parlare dei testimoni di giustizia sembra sia diventato tabù, continua Ignazio Cutrò, come se il testimone chiedesse solo dei soldi, invece, più che di soldi vogliamo essere messi in grado di vivere una vita dignitosa ed il Ministro ha confermato che a Gennaio vi saranno delle importanti novità”.
Rispetto all’accusa che vi fanno di richiedere solo soldi, è vera ?
Non possiamo dire che alcuni errori non sono stati fatti, se il testimone aveva “l’amico” riusciva capitalizzare e dobbiamo dire che alcune volte è successo. Non ci dobbiamo nascondere, ci sono state capitalizzazioni di euro milionarie per alcuni testimoni. Questo però non deve penalizzare i testimoni che hanno fatto una scelta coraggiosa e continuano a combattere per la giustizia. .
Inoltre a fronte di coloro che hanno capitalizzato vi sono stati altri che hanno preso solo poche milioni di lire. Questo non deve succedere perché all’occhio del Ministero dovremmo essere tutti uguali. Io sono stato il più penalizzato di tutti perché avendo scelto di rimanere qua… non ho avuto capitalizzazioni. È stata una scelta di campo. Però il Vice Ministro Bubbico pubblicamente e privatamente ha detto che sarebbe stato giusto premiare chi rimane nella località d’origine rispetto a chi approfittando del programma di protezione preferisce cambiare luogo, nome e stile di vita, andando in un altro posto. Ricevendo una capitalizzazione e addirittura un vitalizio. Per questo riconosce che chi rimane nel luogo è il più penalizzato ed è a costo zero.”
Quello che non si riesce a capire è come mai essendo testimoni di giustizia alla pari, alcuni a scelta del Ministero hanno queste agevolazioni e altri no. Per questo è nata l’associazione, non per essere nemico dello Stato ma per essere accanto alle istituzioni.
Avendo due testimoni uno imprenditore e l’altro agricoltore perché dovrebbero avere la stessa capitalizzazione?
Un dottore, un impiegato o un agricoltore, una volta che esce dal programma di protezione dovrebbe avere lo stesso reddito che aveva prima di diventare testimone, ma questo il Ministero non l’ha fatto. In teoria come imprenditore, nel programma di protezione, dovrei avere il mio reddito, e quindi se il mio reddito era 1 milione di euro lo Stato mi avrebbe dovuto dare 1 milione di euro all’anno. Allo stesso modo non è mai stato applicato l’inserimento lavorativo che la legge prevede.
Io sono un nullatenente, va bene, però quando si perde la vita che si aveva, perché i testimoni di giustizia come sappiamo sono “ombre buie”, e si lasciano gli affetti, si lasciano la terra…in quel momento è lo Stato che ha perso. Invece, toglietegli il passamontagna e riportate i testimoni nelle loro terre ed in quel momento che lo Stato ha vinto perché riesce a dare un messaggio. Effettivamente non è una questione di soldi.
Io mi sto battendo invece, per dare al testimone di giustizia una dignità, e cioè il lavoro. Stato mi devi dare la possibilità di lavorare, devi dare alla mia azienda la possibilità di lavorare e all’agricolture la possibilità di coltivare la sua terra. Anche perché la testimonianza è stata fatta per quelle cose, tranne che se uno è testimone per degli omicidi ma è un’altra cosa. In altri termini chi denuncia per delle attività lo Stato deve metterlo in condizione di riprendere quell’attività proprio in quel luogo che ha dato origine alla testimonianza.
E’ Inaccettabile che a me che sono rimasto nei luoghi d’origine mi dicano che sono penalizzato perché non sono andato a Roma o a Milano ed ancora dopo tre anni mi trovo nel programma. L’ Arma dei Carabinieri con tutta la sua volontà non riesce a sopperire perché gli mancano i mezzi e a Roma non fanno niente.
Il processo è concluso definitivamente con il terzo grado e le condanne sono state confermate. Mi sembra che si faccia tutto questo perché si vuole che io la mia famiglia ci allontaniamo… un messaggio agli altri imprenditori di non denunciare più.
Pietro Giunta
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