Come tutti il Lunedì sono in classe. Ma oggi è tutto diverso. E’ tutto irreale, un silenzio sottile e insinuante mi accoglie.
Me lo aspettavo, sapevo sarebbe arrivato.
Giosè (in realtà si chiama Giovanni) è seduto immobile nel suo banco in ultima fila.
Sembra ancora più piccolo quel banco oggi, incapace di contenere la furia di emozioni e rabbia che restano contenute in lui.
Persino Samatha non ha la forza di reagire, si limita a tentare un rapporto mediante messaggi che non trovano risposta.
Giosè è un ragazzo estremamente esuberante, istrionico ma al contempo un “capopopolo” capace di tenere a lungo l’attenzione su di lui con i suoi modi gentili e accattivanti, se ne è accorta pure Samantha che non nasconde la forte attrazione, quasi una dipendenza che contribuisce a creare il “personaggio Giosè”.
Samantha è sicuramente la più bella della scuola e, anche se ha solo dodici anni e frequenta la seconda classe, sa di reggere bene il confronto con le più grandi, anche con le ripetenti di terza.
Le giornate in classe ruotavano su di loro, fra una battuta e l’altra, una contestazione e un aneddoto riuscivano ambedue a dimostrare la loro attenzione alle materie.
Con me è diverso, io sono un “insegnate” strano, io parlo di storia e di donne, di donne si ma non come si fa al bar o in piazza ma donne di cui avere stima, donne storiche ma anche donne che conosciamo e che impariamo a guardare in maniera diversa come anche la nostra città e suoi monumenti, così impariamo a conoscere i “quartieri” per il loro tracciato culturale.
Ma Giosè il quartiere lo conosce con gli occhi dei grandi, l’avevo capito anch’io, e per questo un Lunedì parlammo di cavalli, di stalle, giovani e delinquenza.
Ma si può parlare all’infinito, un ragazzo non può capire.
E’ un ragazzo furbo Giosè capace di aggregare a sé altri coetanei, sa stare zitto; è fidato e quindi poteva frequentare gli adulti, quegli stessi adulti che lo avevano “selezionato” da tempo, prima che lui stesso potesse capirlo. E’ un privilegiato frequenta le stalle dei cavalli insieme ai grandi.
Questo l’hanno notato i suoi coetanei, lui non ne parla, e lo “rispettano”. Questo lo fa sentire grande responsabile, di quella responsabilità che in casa non gli hanno mai dato, di quella che a scuola gli hanno sempre volutamente negato, solo Samantha glielo riconosceva continuamente anche quando si allontanavano per fumare.
Era sempre allegro ma oggi no, oggi era arrabbiato, aveva odio negli occhi e nel cuore, tanto che nessuno riusciva a rivolgergli la parola oltre che lo sguardo.
Persino io mi sento in imbarazzo, capisco quel che è successo ieri, domenica. Decido di partire proprio da questo.
Non parlo a lui so che non ascolta e soprattutto non vorrà ascoltarmi, teme che io intuisca “troppo” e così inizio a parlare di come la comunità delinquenziale adulta ha bisogno di fare proselitismo fra i ragazzi, questo serve a determinare il loro potere sul territori e garantirsi continuità attraverso la manovalanza di soggetti “impunibili” perché minori di 14 anni.
Ma allo stesso tempo c’è bisogno di testare la fedeltà attraverso un rituale vigliacco come chi lo propone, selezionato il minore lo si avvicina al bar mostrandosi particolarmente affabili, là dove non viene mostrata ritrosia il rapporto si allaccia mediante metodiche collaudate. Il ragazzo viene fatto frequentare le stalle e, mentre a lui sembra così grande, a loro, gli adulti, serve a testare il grado di affidabilità.
Mi rendo conto che il silenzio adesso è tutto per me e questo mi dà la forza o l’incoscienza di continuare, la Professoressa che è in compresenza mi guarda impaurita ma non sa, non vuole fermarmi.
Vado oltre e continuo a parlare di come i ragazzi “prescelti” diventino un tutt’uno con l’ambiente della stalla, parlando con i grandi, fumando con i grandi e poi in macchina con loro sino in piazza, sino al bar: “mezza birra” e nessuno ti chiama picciriddu. Ma poi arriva la domenica, quella domenica.
Parlai in senso generico ma in realtà mi riferivo alla sua esperienza che mi sembrava di conoscere nei dettagli.
La gita ai colli era stata programmata da giorni e la mattinata di sole con un leggero venticello sembrava dare conferma alle aspettative, non aveva dovuto pensare a nulla era compito dei grandi, la griglia, la carne la salsiccia e la carbonella, il vino era abbondante e il pane lo avrebbero comprato strada facendo, di quello casereccio.
Avrebbe voluto avere accanto Samatha, si sentiva orgoglioso, ma non sarebbe stata accettata, l’unica “femmina” ammessa era Greta la sua inseparabile cagnetta, una trovatella rinvenuta una notte accanto un contenitore della spazzatura al quale si era deciso di dare fuoco, era lì impaurita e ferita, Giosè la prese in braccio e per quella notte un cassonetto fu risparmiato dal fuoco. Greta si era fatta bella, grande e vispa anche se quella ferita mal curata le causava spesso crampi alla zampa tanto da zoppicare vistosamente ma per lui era perfetta.
Siederanno insieme sul sedile posteriore lui e Greta e per loro fu una giornata intensa, fatta di corse e di giochi sull’erba dei colli. Mangiarono insieme la carne grigliata dai grandi e sembrava che partecipasse ai canti e alle risa. Sicuramente un giorno bellissimo, il primo vero giorno bello della sua giovane vita ma il sole cominciava a calare e quindi bisognava lasciare tutto in ordine e riporre le cose in macchina.
Quando tutto fu riposto stranamente si posero in cerchio e lui, solo lui lì in mezzo adesso spaurito, al suo fianco come sempre Greta. Colui che gli sta di fronte estrae dalla cintura dei pantaloni, nascosta sotto il giubbotto, una 7.65, l’arma e gliela appoggia sul palmo della mano indicandogli la cagnetta.
Pochi secondi sembrano anni, vorrebbe fuggire, piangere. Greta lo guarda magari aspettando un gioco nuovo. Sa cosa deve fare, vorrebbe puntare quell’arma verso gli altri, verso se stesso ma l’appoggia al capo dell’animale e fa forza sull’indice, lo sparo, ma questa volta non cadono le lattine poste sul muretto ma si spengono due occhi increduli, e con essi si spegne un’adolescenza.
Ho raccontato questa storia, la storia, aspettandomi un reazione, di Giosè o dei suoi compagni ma nessuno sembra aver percepito.
L’ora è finita e con essa la giornata scolastica, i ragazzi escono in silenzio e senza scambiarsi uno sguardo. Giosè è stato arrestato tre mesi dopo per aver accoltellato un suo coetaneo per la spartizione di una zona in cui spacciare.
Un’altra battaglia è stata persa.