Giovani: tra costruzione e sgretolamento dell’identità

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Droga, Alcol, disturbi alimentari. Sono considerati questi i problemi dei giovani. Non che in realtà non lo siano, ma spesso si parla degli adolescenti e delle loro problematiche in maniera troppo semplicistica, spesso senza andare a fondo, fino alla radice del problema. Questo è quello che si è cercato di fare nel sentire il parere della dottoressa Rosa Maria Dominici, psicologa e psicanalista di gruppo presso il consultorio familiare dell’Asl di Messina. Qui, decine di adolescenti si rivolgono per risolvere quei problemi che alla famiglia devono restare nascosti, o quanto meno per parlarne.

 

Il vero problema dei giovani? “La costruzione dell’identità”, ci spiega la psicologa. “È questo il nucleo attorno al quale ruota tutto il resto, tutte le problematiche annesse e connesse al mondo giovanile, ed è questo il nucleo che viene attaccato”. Oggi più di ieri. Ed ecco che si evidenzia come le problematiche giovanili abbiamo subito una mutazione negli ultimi venti o trent’anni. E non solo perché, ovviamente, venti o trent’anni fa non c’era Facebook e non c’era l’eroina liquida, ma proprio perché diversa era la concezione e la costruzione dell’identità. “In passato, come nelle varie epoche storiche si è visto come vi fosse una continuità, nell’evoluzione dell’identità, in qualche modo programmata: si raggiungevano delle tappe e queste davano il senso dell’identità”. E se da un lato, oggi, una visione meno definita, meno prefissata è sicuramente un bene perché lascia la libertà di costruire la propria identità, dall’altro lato proprio questa libertà apre dinnanzi una miriade di possibilità, di situazioni, che non sempre siamo in grado di affrontare.

 

È forse questa libertà nel determinare la propria identità a provocare tutti quelli che sono i problemi che gli adolescenti vivono. La libertà crea difficoltà perché, a differenza di una costrizione, comporta delle scelte e richiede responsabilità. Crea problemi quando non vengono posti limiti a questa libertà. E allora qualcosa di davvero illimitato diventa difficile da gestire. La stessa società in cui i ragazzi si formato è proprio volta ad una eliminazione dei limiti. Eccola, quindi, la causa primaria di tutte le problematiche giovanili. Quello dell’adolescente,  è un potere, sì, smisurato, ma che diventa, per questo, difficile da controllare e da esercitare. “Ed ecco che, allora, viene esercitato su se stesso, sul proprio corpo”. Può fare di lui ciò che vuole, bevendo, fumando o gestendo la sua necessità di alimentarsi. In quest’ultimo caso, quindi, non si tratta solo di uno stile sociale, di una moda consolidata, ma di un desiderio di esercitare un controllo che sul resto del mondo non si riesce ad avere. “ il giovane – ribadisce Rosa Maria Dominici – si concentra sul corpo come per dire: qua me la poso cavare, non c’entrano i genitori distratti, gli amici traditori, posso gestire tutto da solo”. È questo il modo in cui gli adolescenti cercano di crearsi quell’identità che la famiglia non è più in grado di aiutarli a costruire: “diventare potenti per poter affermare qualcosa di sé”. Esse bulimico, piuttosto che un culturista, è un tentativo di differenziarsi e dunque di trovare una collocazione, un’identità, fino all’estremo.

 

In questa difficile e frugale costruzione dell’identità, un’influenza “sicuramente determinante” viene dalla famiglia. “Non è possibile addossare alle dinamiche familiari tutte le colpe – rivela la psicanalista –     né la loro capacità di essere in qualche modo causa dei problemi giovanili può essere scissa dal desiderio dei ragazzi di sentirsi appartenenti ad un gruppo o di seguire una moda”. Certo è che la famiglia è essa stessa “espressione della cultura di un popolo ed espressione di identità”.  Ma oggi la famiglia non riesce più a contribuire alla costruzione dell’identità delle nuove generazioni. “Non ci riesce – spiega  Dominici – perché l’adolescente, incerto, si confronta con un mondo adulto apparentemente certo, ma in realtà esso stesso fragile ed insicuro”. Non ci riesce perché è una famiglia “distratta, così presa dalla propria sussistenza, dalla propria voglia di raggiungere un alto livello di benessere che non riesce ad accorgersi dei problemi dei figli” e non riesce ad comprendere se è essa stessa causa di questi problemi, proprio per la sua distrazione, per questa organizzazione familiare “stritolata da tutto ciò che è esterno”, e non solo, anche per la paura di accettare le difficoltà. “Il genitore, infatti, catturato dalla ricerca del benessere, teme che questo possa essere messo in crisi”.

La dottoressa Dominici ci tiene inoltre a fare presente che se, da un lato, determinati comportamenti dei giovani possono in qualche modo essere ricondotti anche un rapporto conflittuale con la famiglia o con uno dei suoi membri, dall’altro lato possono avere origine da una mancanza di conflittualità con la famiglia. La mancanza di quel rapporto di incontro-scontro che poi contribuisce a plasmare il proprio essere uomini o donne maturi. “Essendo l’adolescenza un laboratorio, è più preoccupante che non vi sia un confronto, un conflitto”, dichiara la psicologa. “Il conflitto – prosegue – è necessario, sia interno che esterno”.

 

È stato detto, però, che è un intreccio di condizioni a rendere difficoltosa, per il giovane, la costruzione del suo io e la gestione del potere che egli potenzialmente possiede, per poi portarlo a esercitare questo potere sul suo corpo, accostandosi all’alcol, alle droghe, alla privazione del cibo, pensando di poter controllare i meccanismi connessi. Se questi problemi sono in qualche modo indotti dalla società, l’uso della tecnologia ha un ruolo importante nell’ulteriore disgregazione dell’identità.

“Per la paura del confronto con l’altro e quindi – inevitabilmente con se stesso – l’adolescente si rifugia nel mondo tecnologico”. “Quell’identità difficile da costruire, dietro un monitor, in una realtà virtuale, diventa più facile da gestire”. Si può essere chiunque si voglia essere, si può assumere un’identità diversa a seconda dell’interlocutore con cui si dialoga o a seconda dello spazio virtuale in cui ci si muove. E dunque, come sostiene la stessa psicologa, se da un lato la tecnologia può essere ricchezza nella costruzione e nel mantenimento delle relazioni sociali, da un lato può essere non solo disgregazione di queste ultime – poiché si perde il  contatta personale – ma anche dispersione, poiché in rete l’identità si moltiplica all’infinito.

 

È quindi importante – dichiara la dottoressa Dominici – il senso del limite. Quel limite di cui si parlava all’inizio, senza il quale in realtà la stessa libertà non può esistere, se la si vuole gestire in senso positivo. Non è conversare via chat o Skype, né bere un bicchiere di vino, né voler perdere qualche chilo perché si è in sovrappeso ad costituire un problema. “Non è mai un aspetto in sé ad essere negativo, diventa negativo quando quell’aspetto è l’unico ad occupare la nostra mente”.

 

 

 

 

Anna Maria Fazio

Tag: rosaria maria Dominici, giovani, droga, alcool anoressia

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