I carabinieri smantellano un clan che appoggiava le strategie mafiose del latitante belicino. In manette anche un consigliere provinciale Pdl
Ad un anno esatto dall’ultimo blitz antimafia nel Belice i carabinieri del comando provinciale di Trapani e quelli del Ros sono tornati a colpire le cosche mafiose più vicine al super latitante Matteo Messina Denaro. Ed è stato un colpo inferto non solo alla solita organizzazione di capi mafia e gregari vecchio stampo, ce ne sono due in particolare, Paolo Rabito e Antonino Nastasi, capi mafia vecchia generazione – Rabito è indicato da Brusca come la persona che avrebbe accompagnato il senatore a vita Andreotti ad un incontro con i mafiosi, vicenda però ritenuta non credibile dai giudici che processarono l’ex premier – ma vi sono personaggi che certo non possono essere definiti insospettabili ma che nonostante l’alone che li circondava sono riusciti a fare carriera…politica, come il consigliere provinciale Pdl Santo Sacco, ex consigliere comunale a Castelvetrano, per anni sindacalista della Uil. In un rapporto della Dia, quello relativo alla proposta di sequestro dei beni contro il patron Valtur Carmelo Patti, del quale sarebbe stato ottima spalla per i suoi affari, di Sacco si parla come colui il quale all’inizio della latitanza di Matteo Messina Denaro, si occupava della raccolta dei pizzini da e per il boss, come ha raccontato il pentito di Alcamo, Vincenzo Ferro che era uno di quelli che portava a Sacco questi pizzini.
Stamattina è scattato il blitz dell’operazione denominata “Mandamento”, sono stati sei gli arrestati, tra Castelvetrano e Salemi, indagati, a vario titolo, per associazione di tipo mafioso, estorsione, corruzione aggravata, favoreggiamento aggravato, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo e fittizia intestazione di beni.
Contestualmente, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore stimato di 10 milioni di euro costituenti l’intero capitale sociale delle società “Salemitana Calcestruzzi S.r.l.”, con sede a Salemi e la “Spallino Servizi S.r.l.”, con sede a Castelvetrano, ritenute riconducibili alle famiglie mafiose indagate.
I provvedimenti restrittivi scaturiscono da un’articolata attività investigativa avviata nel maggio 2007 dal Nucleo Investigativo di Trapani, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, in direzione delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Salemi, facenti capo al latitante Matteo Messina Denaro. L’indagine ha consentito di documentare l’infiltrazione di Cosa Nostra nelle attività economiche delle provincie di Trapani, Agrigento e Palermo, attraverso la sistematica acquisizione dei lavori per la realizzazione degli impianti di produzione delle energie rinnovabili, i cui proventi venivano in parte destinati alle esigenze di sostentamento del latitante castelvetranese. E’ stato accertato come l’organizzazione fosse in grado di monitorare le opere di maggiore rilevanza sul territorio, mediante il sostegno del politico Santo Sacco e dell’imprenditore Salvatore Angelo di Salemi, chje sarebbe
stato anche in stretto contatto con gli allora latitanti Sandro e Salvatore Lo Piccolo di Palermo, gli eredi diretti di Bernardo Provenzano. L’infiltrazione nel settore delle energie alternative, favorita pertanto da rapporti collusivi con esponenti di rilievo dell’imprenditoria e dell’amministrazione pubblica, ha abbracciato diversificati ambiti di intervento, spaziando dal controllo delle imprese deputate allo sviluppo degli impianti di energia eolica a quello relativo alla realizzazione e produzione di energia solare, fino ad evidenziare l’interesse di cosa nostra per le cosidette “biomasse”. Attorno all’imprenditore Salvatore Angelo ruotava il sistema societario con cui l’organizzazione mafiosa si è infiltrata direttamente nel circuito produttivo e, in particolare, nei progetti di realizzazione dei parchi eolici di “San Calogero” di Sciacca (AG), “Eufemia” di Santa Margherita Belice (AG) e Contessa Entellina (PA); “Mapi”, di Castelvetrano (TP) e Montevago (AG), nonché del parco fotovoltaico di Ciminna (PA). Una percentuale dei proventi giungeva direttamente a Matteo Messina Denaro. L’indagine tocca anche un imprenditore da poco deceduto Paolo Forte, anch’egli di Castelvetrano, che a Matteo Messina Denaro avrebbe fornito la carta d’identità quando questi si diede latitante e che si sarebbe interessato a favorire un progetto per la costruzione di una stazione di servizio che era stato ideato da Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo e moglie di un altro mammasantissima mafioso, il palermitano Filippo Guittadauro. Tra gli episodi societari intercettati quello del trasferimento fraudolento delle quote della società “Ecolsicula” alla “Spallino Servizi”, intestate a prestanome ed in realtà nella disponibilità del detenuto Antonino Nastasi, organico alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, anello della catena di messaggistica che in passato avrebbe curato il recapito dei messaggi a Matteo Messina Denaro. Il blitz di stanotte ha fatto anche scoprire il luogo dove trascorse parte della latitanza il patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro, padre dell’attuale latitante Matteo; Francesco Messina Denaro morì nel 1998 proprio durante la sua latitanza, il suo corpo senza vita venne fatto trovare nelle campagne di Castelvetrano perfettamente vestito con gli abiti più eleganti e le scarpe in pelle lucida, la moglie, la signora Lorenza lo andò a coprire con un cappotto di astrakan, gridando anche la sua sfida alla Polizia presente sul luogo, “nemmeno da morto sono riusciti a prenderti”, perché prima dei poliziotti sul luogo erano giunti i parenti del boss.
Gli arrestati sono oltre a Santo Sacco, Paolo Rabito e a Salvatore Angelo, Gioacchino Villa, ex consigliere comunale a Terrasini, Salvatore Pizzo e Gaspare Casciolo. Avvisi di garanzia sono stati notificati a Gaspare Angelo, Antonina Italia, moglie del boss Nino Nastasi, all’imprenditore Melchiorre Saladino, a Calogero Murana, e ancora ad Antonino e Raffaele Spallino.
di Rino Giacalone