Da qualche giorno circola in rete un video dal titolo “U mari nun si spirtusa” con protagonisti Ficarra e Picone. Con l’ umorismo che da anni ormai contraddistingue la coppia di comici siciliani, il video mira a coinvolgere l’Italia intera nella lotta contro le trivellazioni nel Canale di Sicilia. La battaglia, condotta da Greenpeace, punta a frenare i progetti di prospezione e ricerca di idrocarburi nella porzione di Mediterraneo tra Pantelleria, Malta e Capopassero. Titolare del progetto, la compagnia petrolifera Schlumberger Italiana S.p.A., azienda leader che conta 120 mila dipendenti operanti in 85 Paesi, specializzata nelle ricerche di acquisizione geofisica. La compagnia conta di effettuare acquisizioni sismiche in due aree dello Stretto di Sicilia, una tra capo Passero e Malta, l’altra tra Malta e Pantelleria, per una superficie complessiva di 6.318 km quadrati (più delle province di Siracusa, Ragusa e Caltanissetta messe insieme).
Le problematiche evidenziate da Greenpeace sono molteplici, tutte avvalorate da studi e documentazioni. Si parla di disastro ambientale, di rischio geologico e di serio pericolo per la biodiversità del Mediterraneo, per la pesca e per la sopravvivenza di specie a rischio. La critica parte sin dai sistemi di rilevazione. Definito ‘air guns’ (fucili ad aria), il sistema di prospezione sismica per l’individuazione di idrocarburi prevede esplosioni prodotte con aria compressa, per generare onde sonore. Rimbalzando sul fondale marino, le onde riflesse permettono di individuarne la struttura e realizzare vere e proprie mappature. Secondo quanto contenuto nel briefing dal titolo “Le bugie dei petrolieri non finiscono mai”, reperibile sul sito di Greenpeace, gli effetti di queste pratiche su cetacei, pesci, crostacei e molluschi sarebbero devastanti. Con questo documento Greenpeace smonta chiaramente le numerose “bugie” impiegate dalla compagnia petrolifera, contando su un’accurata bibliografia che avvalora quanto sostenuto.
Altro punto su cui si basa la campagna anti trivellazioni, è il rischio di compromissione della biodiversità dell’intero Mediterraneo. Il sistema di prospezione sismica, unito alle eventuali trivellazioni, metterebbe in serio pericolo la riproduzione e la sopravvivenza stessa di specie quali, ad esempio, lo squalo bianco. Nella porzione di Mediterraneo interessata da Pantelleria infatti, è presente una spawning area (zona di riproduzione) del grande predatore. A essere potenzialmente in pericolo non è solo lo squalo bianco. La triglia di fango, l’acciuga, il nasello, il gambero rosso e il gambero bianco sono specie che, nell’area teoricamente destinata all’operazione, vedono la presenza sia di spawning areas che di nursery areas (zone di crescita). Le conseguenze sia in termini biologici che in termini economici sarebbero quindi evidenti. E la lista potrebbe continuare. Da quanto si legge nel briefing, durante la IV Riunione delle Parti di ACCOBAMS (Agreement on the Conservation of Cetaceans of the Black Sea, Mediterranean Sea and Contiguous Atlantic Area), la zona dello Stretto di Sicilia e le acque intorno all’isola di Malta e alla Sicilia sud orientale sono state inserite in una lista delle aree di particolare importanza per i cetacei del Mediterraneo e del mar Nero, in particolare per la balenottera comune, il delfino comune, il tursiope e la stenella. Al contrario di quanto sostenuto dalla compagnia petrolifera, per la quale i cetacei nella zona interessata sarebbero ‘scarsi’.
Al momento Greenpeace ha fatto sapere della propria diffida alla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale dal concedere parere positivo alle istanze di ricerca e perforazione nel Canale di Sicilia. L’azione sul campo della grande associazione ovviamente continua, sempre all’insegna della manifestazione pacifica: il 14 ottobre un gruppo composto da una decina di attivisti ha occupato la piattaforma offshore “Prezioso”, gestita dalla società Eni. Riportiamo il messaggio a chiusura del video, reperibile su YouTube, che racconta dell’impresa dello scorso ottobre:
Greenpeace oggi è in azione sulla piattaforma ‘Prezioso’ di Eni nel canale di Sicilia, davanti a Licata. Abbiamo un messaggio per il primo ministro, Matteo Renzi. Il suo decreto ‘sblocca Italia’ è in realtà uno sblocca trivelle che svenderebbe i mari ai petrolieri per pochi denari. Ma il nostro mare vale molto di più. Da esso dipendono il turismo, la pesca sostenibile, la vita delle comunità costiere. Abbiamo bisogno di rinnovabili ed efficienza energetica per far crescere la nostra economia e proteggere il clima. Non di trivelle!
Noi, ci limitiamo a dire che viviamo in via Roma 15.
Gaia Stella Trischitta