Devi cedere al compromesso altrimenti qualcuno lo farà al tuo posto e tu resterai con un pugno di mosche in mano. Forse non è chiaro al Governatore Rosario Crocetta il disegno prospettatogli in queste ore dagli alleati di governo. Un po’ parafrasando il motto macchiavellico “se salgo io sistemerò tutto in meglio!”. Uno slogan assai diffuso soprattutto da chi si candida a pratiche di rimpasto.
Alle sirene della maggioranza però Crocetta non sembra cedere. In fondo a perdere di più sarebbero quei partiti che lo hanno sostenuto in questa traversata, rispetto ad un ruolo di rappresentanza dei siciliani che gli ha permesso di unire valori tradizionali di sinistra all’autonomismo, grazie anche alla determinazione del Governo regionale nei confronti delle scelte nazionali, prime fra tutte il rientro dal rischio paventato di default che aveva falcidiato il precedente governo Lombardo nella fase calante della propria azione politico- amministrativa.
“Voglio ricominciare a comunicare direttamente ai cittadini la rottura col vecchio sistema e la rivoluzione. E’ forte il bisogno di riprendere immediatamente il discorso di rottura attraverso il linguaggio chiaro dei ‘pizzini’, utilizzati durante la campagna elettorale, per parlare direttamente senza mediazioni”. Lo dice il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, annunciando domani a mezzogiorno su Facebook “il primo dei nuovi pizzini della rivoluzione”. Non solo azioni di governo, spiega nel mezzo di una fase di aspri contrasti con il Pd, l’azionista di maggioranza a Palermo, “ma anche linguaggio, per stabilire le linee nette di demarcazione con coloro che non vogliono rompere con il passato, contro le menzogne dei sepolcri imbiancati”. Insomma, il Governatore vuole il conforto del popolo e non nasconde l’amarezza per le richieste ricevute di mettere mano alla giunta con la designazione di assessori “più politici”.
E’ proprio dal passato che ritorna lo spettro di qualcosa che appartiene alla sinistra, almeno quella che dal 92’ in poi prova a governare indebolendo ogni leadership che si struttura in sintonia con la pancia degli elettori scavalcando quella degli apparati. Gli ex comunisti e gli ex democristiani, nelle diverse esperienze che hanno caratterizzato il centrosinistra italiano della Seconda Repubblica, non hanno mai creduto nella gestione solitaria del governo dei propri leader ma anche nella stagione del Partito Democratico continuano a temere il potere dell’uomo solo al comando.
“Non ho scontri ne’ con politica ne’ con il Partito democratico, ma soltanto punti di vista diversi rispetto a un metodo di governo che non puo’ richiedere un impegno part time, tenendo conto, ovviamente, che qualsiasi coalizione puo’ decidere anche di cambiare in qualsiasi momento la propria rappresentanza dentro il governo, ma concordando col presidente nomi, tempi e metodi. Altrimenti ci troviamo di fronte soltanto alla logica dell’occupazione del potere e alla delegittimazione del presidente”. Lo dice il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta sulle tensioni con il Pd che lo pressa sul rimpasto.
Il Partito democratico, ragiona il governatore anche in vista della delicatissima direzione di lunedi’, “puo’ modificare e ha tutto il diritto di proporre assessori che vuole, che vanno discussi pero’ col presidente della Regione poiche’ la responsabilita’ degli atti non e’ individuale ma collegiale”. A condizione, ribadisce Crocetta, “che non ci sia un rimpasto generalizzato, in una fase delicata della vita economica, sociale della regione e che in nome del metodo che loro invocano non si incrementi il numero di assessori concordati un anno fa, con il Pd”. Conclude il presidente: “Al mio partito chiedo un atto di responsabilita’ complessiva, che guardi agli interessi del partito ma soprattutto della Sicilia, in un confronto positivo e permanente, senza atti di forza. Nessuno si oppone all’ingresso di politici nel governo, ma si chiede loro, per esercitare al massimo le proprie indubbie capacita’, di scegliere l’impegno totale nell’attivita’ di governo, senza se e senza ma e senza creare pretestuosi scontri, facendo apparire il presidente come un antipolitico in scontro col Pd”. Infine, una stoccata al deputato Pd ed ex presidente della Regione Angelo Capodicasa, intervenuto sulla vicenda: “Quel metodo lottizzatorio della politica ha contribuito alla presenza nella sua giunta di Cuffaro”.
La reazione di Capodicasa non si fa attendere. “Il presidente della Regione insiste a far finta di non capire e a tentare di buttare tutto in ‘vacca’. Posso assicurarlo che non nutro nessuna nostalgia, tanto piu’ che la legge che introduce l’elezione diretta del presidente della Regione porta la mia firma. L’unica nostalgia che nutro e’ quella di avere in Sicilia un governo autorevole che governi ed affronti i problemi della regione e li risolva”. E’ la replica del deputato agrigentino, che aggiunge: “Per quanto attiene al governo da me presieduto, di cui faceva parte Cuffaro, all’epoca neanche indagato, desidero ricordargli che quel governo era eletto dall’Assemblea regionale e votato anche dal partito a cui apparteneva Crocetta. Quel partito esprimeva anche un assessore in giunta, di cui Crocetta era anche consulente”.
Per dovere di cronaca il Governo regionale presieduto dall’onorevole Capodicasa vide la luce nel 1998 e proseguì la propria esperienza fino al 2000 grazie ad un gruppo di deputati regionali nel frattempo transitati in Sicilia dal Polo all’Udr di Cossiga e Mastella, consumando in scala il ribaltone avvenuto settimane prima a Roma nel passaggio dal Governo Prodi I al D’Alema I. Un preambolo che a Rosario Crocetta non sembra procurare grande stima per questi compagni di viaggio.
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