Tutto ha inizio così,
ma c’è ancora tanta strada da fare
Il 23 luglio 2013 Marco e Sandro, due dei quattro fratelli Biviano affetti dalla distrofia muscolare, partono da Lipari alla volta di Roma, fiancheggiati dal ‘Movimento Vite Sospese’, per intraprendere una battaglia che loro definisco “per il diritto alla vita”. Elena e Palmina faranno il tifo per loro da casa, insieme alla mamma Provvidenza. Il loro viaggio durerà ben 2 anni.
Dopo aver sentito parlare del metodo stamina, una cura che attraverso l’utilizzo delle cellule staminali prometteva un progressivo miglioramento, si aggrapperanno a questa speranza. Girano un video e lo caricano su you tube. Ricordiamo che al momento non esiste cura per questa malattia degenerativa. La loro dichiarazione è forte: “Se non possiamo curarci con il metodo stamina, allora permetteteci di scegliere di morire”. Toccando uno degli argomenti più dibattuti e che da sempre dividono l’opinione pubblica: ‘L’eutanasia’. Il loro video conta condivisioni su condivisioni e a breve li contatterà Barbara D’Urso. Ha così inizio un meccanismo che tra visibilità e speranza li porta alla volta di Roma e a presidiare di fronte a Montecitorio. Ad aspettarli lì, per unirsi in quest’avventura, altre tre persone diversamente abili contattate e conosciute su facebook. Solo loro e nient’altro, nonostante le promesse iniziali.
Sandro: “Ci siamo ritrovati a vivere la vita dei senza tetto, combattendo anche tutti gli abitanti della strada che durante la notte curiosavano in tenda. Di contro abbiamo assistito a più di 1500 manifestazioni di ogni genere. Ogni giorno osservavamo una sofferenza diversa. Ogni giorno qualcuno portava avanti la sua battaglia. Tutto quello che i nostri occhi hanno visto solo Dio lo sa. Abbiamo conosciuto brava gente, come cattiva gente. Vivendo per strada ti devi adattare. Solo chi cresce in un’isola sa quanta ingenuità vive, quanta tutela. Quanta poca conoscenza del mondo, e spesso solo in senso positivo”.
Le prime 24 ore a Roma, i fratelli Biviano, le hanno vissute in carrozzina, senza copertura né un posto dove potersi riparare. Solo più tardi la protezione civile gli procurerà una piccola tenda. “Quasi un gazebo”, dice Marco. Tenda che con le prime piogge cederà. Marco informerà il sindaco della città della situazione attraverso una lettera. Finalmente, dopo 3 giorni una delegazione, ed è già settembre, gli chiederà di cosa necessitano, procurandogli una tenda più grande e resistente.
Sandro: “Nonostante la cecità e l’indifferenza iniziale della politica, i cittadini romani ci hanno dimostrato una solidarietà che non dimenticheremo. Tramite la comunicazione e facebook, siamo cresciuti molto. Ci sono arrivate cartoline da tutto il mondo”. America, Marocco, Spagna, Inghilterra, ect…
Marco: “Oltre alla nostra caparbietà d’animo, ciò che ha permesso la nostra permanenza in piazza sono stati soprattutto i romani. Qualcuno ci ha solo usato, sfruttando i riflettori dei mass midia. Ma molti ci hanno sostenuto, portandoci da mangiare, qualche aiuto economico o solo sostenendoci moralmente. Difficile sarebbe stato stare lì e sopravvivere solo con la nostra pensione”.
Sandro: “Essere catapultati in una grande città come Roma, capitale d’Italia, centro d’Italia, da soli, senza le nostre comodità, ma soprattutto da soli, non è stato semplice. Non è stato facile dormire a terra per due mesi. Avevamo richiesto l’autorizzazione per dormire in qualche albergo della zona. Autorizzazione che non ci è mai stata concessa. Un modo per scoraggiarci. Senza bagni a disposizione nelle vicinanze ci ritrovavamo a fare i bisogni in mezzo alle macchine. Per poterci lavare riempivamo delle bottiglie dalla fontana più vicina e mettevamo a scaldare l’acqua al sole”.
A settembre finalmente i bagni chimici
Sandro: “Arrivano i bagni chimici ma avevano chiuso la piazza ed erano stati collocati a 500 metri di distanza dalla nostra tenda. Durante la notte era difficile non solo raggiungerli soprattutto quando sono arrivate le prime piogge e poi la neve. Parecchie volte ci siamo ammalati e combattevamo costantemente la polmonite”.
La mamma?
“La mamma ci sapeva in mezzo ad una strada. Ma credo che il suo momento più difficile è stato vedere i suoi figli messi in croce. Ha pianto tantissimo”. La voce di Sandro si spezza.
Il 23 ottobre Sandro, si è fatto mettere su una croce come gesto dimostrativo. Simboleggiando la ‘crocifissione’ dei malati da parte dello stato e delle istituzioni, per l’indifferenza mostrata. “Ho fatto questo gesto perché ci hanno condannato a morte, come fu per Gesù”.
Tante le speranze riposte nel metodo stamina. Speranze disilluse dall’annuncio della sentenza della Cassazione sul diniego relativo il dissequestro delle cellule custodite nei laboratori del nosocomio Bresciano. Nessuna cura può salvarli dalla loro malattia e mentre qualcuno già immaginava la Piazza sgombra, i fratelli Biviano ricordavano che la loro battaglia non era ancora conclusa. Il loro messaggio era ed è anche un altro: “Morire, ma vivendo dignitosamente”.
Il 20 giugno 2015 è stata istituita la prima giornata nazionale contro la Distrofia FSHD (Fascio Scapolo Omerale), giorno del compleanno della madre dei Biviano. Il Ministero della Salute ha, inoltre, messo a disposizione della famiglia una centrale operativa che h24 monitorerà i parametri vitali e manterrà adeguati i livelli di cure mediche necessari ai quattro fratelli. Il progetto pilota di telemedicina sarà esteso in tutta Italia e ai pazienti che ne necessitano.
A Lipari un pulmino sarà messo a disposizione dell’utenza disabile, e mentre a Messina sarà ampliato il Centro Neurolesi, il Governo ha promesso di stanziare dei fondi per la ricerca.
Ma a gran voce replicano ancora il diritto alla cura e una vita dignitosa.
Sandro: “Siamo quattro figli con la distrofia muscolare e viviamo con 279 euro al mese di pensione e 500 euro di accompagnamento. Mia madre ha 57 anni e non ha diritto alla pensione, gli hanno tolto anche quella di mio padre che ormai non c’è più e percepisce solo la riversibilità di 400 euro. Ogni due mesi paghiamo 600 euro di luce solo per i macchinari che ci alimentano la notte. Durante il sonno entriamo in apnea e quindi abbiamo bisogno dell’auto ventilazione e sono tutte macchine che assorbono elettricità. Avremmo bisogno di vitamine che non possiamo permetterci. Ed ad oggi le istituzioni fanno finta di ignorare la situazione e se la Regione non prenderà un provvedimento immediato, noi siamo costretti, obbligati a rimontare la tenda; ma questa volta a Palermo”.
Sandro: “Sai cosa mi chiedo? Mi chiedo cosa ne sarà di noi quando verrà a mancare mia madre. Noi che fine faremo? La Regione Sicilia si è pulita la coscienza mandando un’ora di assistenza a supporto di mia madre, 3 ore per mia sorella Elena e 3 ore per mia sorella Palmina. Ma un giorno è composto da 24 ore.
Sai cosa mi chiedo? Per le restanti ore mia sorella non deve, quindi, mangiare, uscire, andare in bagno?
Ad oggi mia madre fa il lavoro delle Istituzione con cuore e amore di mamma. Ma lo Stato non riconosce il suo lavoro e vive solo della reversibilità, 400 € ”.
Marco: “Non chiediamo la Luna, ma solo una vita più serena e dignitosa”.
Sandro: “Non tolleriamo e non vogliamo più vedere nostra madre soffrire. Tutto avviene sotto i nostri occhi e non possiamo aiutarla. Mamma ha 57 anni ed è stata operata due volte alle ginocchia. La Regione deve prendere un provvedimento serio. Non solo per la famiglia Biviano, ma per tutti quelli che ne necessitano”.
“Sai cosa mi chiedo? Se quando non ci sarà più mia madre sarà meglio un centro di accoglienza o l’eutanasia”.