“Identità di genere: dai corpi rinnegati al riconoscimento dei diritti?”. Questo il titolo dell’evento che ha animato l’Aula Magna “Lorenzo Campagna” del dipartimento di Scienze Giuridiche e delle Istituzioni. L’incontro è stato promosso dall’Associazione di ex allievi ALuMnime in collaborazione con il CUG, Comitato Unico di garanzia dell’Ateneo, e l’Ordine degli Avvocati di Messina.
Al centro della tavola rotonda, la sentenza emessa il 4 novembre 2014 dal Tribunale di Messina che ha visto, per la prima volta in Italia, una ragazza ottenere dall’anagrafe il cambiamento del proprio genere, senza effettuare intervento chirurgico.
Come ha esordito Maria Antonella Cocchiara, coordinatrice dell’incontro e Presidente del CUG, “quando si parla di pari opportunità non si parla di donne ma di diritti ed iniziative. Non si parla di sesso, ma di lingua, razza, abilità, orientamento sessuale, sono differenze che di fatto esistono e vanno riconosciute”. Risulta pertanto importante valorizzare le diversità e creare una democrazia inclusiva che abbia al centro la persona umana. Continua la Cocchiara: “spesso noi pensiamo di sapere tutto, ma abbiamo un’infarinatura o peggio andiamo avanti per stereotipi”. Stereotipi che rischiano di trasformarsi in discriminazione, e chi discrimina lo fa per paura, per timore di ciò che non si conosce. L’evento ha avuto lo scopo di sottolineare quanto i concetti maschio-femmina siano solo due estremi, tra i quali considerare tante diverse realtà, degne di attenzioni e rispetto.
Tra i partecipanti Corrado Bonanzinga, giudice presso il Tribunale di Messina, Presidente del Collegio giudicante ed estensore della sentenza di cui sopra, che ha messo in luce le difficoltà del caso e quanto inizialmente sia apparsa ‘strana’ la richiesta. Prima d’ora per effettuare il cambio di genere nei documenti era fondamentale intervenire sul proprio apparato riproduttivo, ma Bonanzinga ha spiegato “il soggetto viveva con grande disagio la propria condizione giuridica, c’erano ragioni che meritavano una tutela e qualche precedente che apriva uno spiraglio”. E’ stato quindi possibile interpretare la norma in maniera diversa. “Dal punto di vista biologico non si potrà mai avere una perfetta corrispondenza – continua Bonanzinga – bisognava partire da quello che era un adeguamento minimo. Il sesso non può essere solo quello biologico”. Queste le ragioni che hanno portato il giudice a una sentenza che può definirsi storica.
Altro ospite dell’iniziativa, Raffaele Tommasini, ordinario di Diritto Privato dell’Università di Messina e legale di fiducia della parte ricorrente. Tommasini ha fatto notare che la sentenza non è rilevante solo per il risultato, ma soprattutto perché rappresenta uno sviluppo culturale importantissimo. Le motivazioni della ragazza erano più che condivisibili, anche in virtù del fatto che, come Tommasini ha affermato: “il 10 marzo 2015 la Corte Europea riconosce il diritto della modifica dei dati anagrafici a prescindere dalle modifiche di carattere anatomico” a conferma della sentenza messinese. Il risultato non è di poco conto perché ciascun soggetto può essere percepito nella realtà sociale come egli ritiene di voler essere, riconoscendo il valore inalienabile della dignità umana. Tommasini a riguardo della sua assistita racconta: “questa persona è arrivata da me col padre e la madre, felici di partecipare affettivamente alla scelta della figlia. Questo è il segno che la cultura è cambiata ed ora anche in famiglia si trova solidarietà, a differenza di qualche anno fa”.
L’evento non si è fermato però solo all’aspetto giuridico. Come ha infatti chiaramente espresso Mariella Crisafulli, consigliera provinciale di Parità in Messina: “rimuovere gli stereotipi dev’essere un lavoro da fare già nelle scuole primarie”. La consigliera ha così condiviso un punto di vista che vuole sottolineare quanto sia importante utilizzare un linguaggio di genere, dato che, a suo dire, non declinare al femminile determinati mestieri, significa offuscare talenti. Concetto ripreso anche da Paolo Valerio, ordinario di psicologia clinica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che ha evidenziato come questi errori vengano perpetrati soprattutto ai danni della comunità LGBT, e come sia importante promuovere una cultura della differenza da vivere come risorsa e non come qualcosa da combattere.
In quest’ottica uno dei provvedimenti che Maria Antonella Cocchiara ha proposto è quello dell’adozione di un doppio libretto nell’Università di Messina, uno dei quali destinato a contenere i dati del sesso già manifesto, in modo da non creare situazioni spiacevoli.
Quello che ha auspicato Ottavia D’Anseille Voza, responsabile Trans Nazionale di Arcigay, in collegamento via Skype, è che la sentenza di Messina non rimanga un caso isolato, ma divenga esempio per i legislatori, perché altrove il problema sussiste. L’evoluzione culturale richiede una svolta, soprattutto dopo la depatologizzazione della transessualità che, come ha ricordato Paolo Valerio, fino agli anni ’70 veniva “curata” con l’elettroshock e fino agli anni ’90 i transessuali erano considerati “malati di mente”.
Ad arricchire il quadro, l’intervento di Marco Liotta, psicologo, professionista e testimone diretto delle problematiche affrontate dagli individui che desiderano cambiare sesso. Grazie a un’esperienza continua, ha potuto osservare che in genere molte persone arrivano alla scelta definitiva solo dopo aver cercato altre soluzioni. Citando un paziente “ho pensato a vivere come donna, a vivere da omosessuale, ho pensato anche che sarei morta presto e tutto sarebbe finito, alla fine ho capito che non ci sono alternative, questo non vuol dire che io lo viva bene, perché io per prima sento di essere uno sbaglio, un errore”. Anche lo psicologo si è soffermato sull’aspetto riguardante i documenti, sottolineando quanto sia importante l’uso del nome utilizzato comunemente dal soggetto interessato. Riportando ancora un’altra testimonianza: “avevo parlato con il professore raccomandandomi che nei risultati dell’esame il mio nome uscisse al maschile, invece non solo è uscito al femminile, ma poi era tagliato a penna e riscritto al maschile, peggio perché così si notava di più”.
A chiudere gli interventi l’avv. Cinzia Fresina, che ha concluso: “la natura umana è talmente bella e diversificata che sarebbe limitato ridurla a due stereotipi uomo-donna”. Una frase semplice e diretta, contenente il senso dell’intero incontro: la consapevolezza di realtà diverse, aventi parimenti diritto alla comprensione e alla tutela. D’altronde, la conquista di un diritto da parte di una persona non toglie nulla a tutti gli altri.
Angela Masso