Mentre diverse parti del mondo si riempiono di colori e di ritmi briosi per i festeggiamenti del Carnevale dalle calde terre del Brasile con Rio e San Paolo alla Germania con Dusseldorf e Colonia fino all’Italia, in prima fila Venezia e Viareggio passando per Roma e Catania, altri posti si tingono di un cupo nero.
Il 12 febbraio doveva essere un giorno di festa per il popolo sportivo perché si è dato il via alle Olimpiadi Invernali. Si è verificata però una tragedia a Vancouver in Canada che, quest’anno, ospita i Giochi: è morto un giovane atleta georgiano specialista in slittino che, a poche ore dalla cerimonia inaugurale, è andato ad urtare violentemente contro un palo durante le prove. Un terribile incidente che ha trasformato l’entusiasmo agonistico in pianto. Per il ventunenne non c’è stato nulla da fare e questa data sarà sicuramente ricordata con il lutto nel cuore.
Ma il 12 febbraio è anche e soprattutto per noi messinesi e siciliani il giorno dell’addio ad Attilio Manca, un addio che dura da sei anni per la sua famiglia e che, ancora oggi, è circondato da una robusta corazza di ingiustizia e di omertà. La dinamica oscura della morte del giovane medico barcellonese sopraggiunta nel 2004, nella sua casa di Viterbo, vuole condurre alla teoria del suicidio per overdose con un mix di droga, barbiturici ed alcol ma Attilio non aveva alcun motivo per dire basta alla sua vita appena 34enne. Sì perché Attilio si spense a pochi giorni dal suo 35° compleanno che ricorreva il 20 febbraio.
Medico urologo affermato aveva lasciato la cittadina natale dei suoi genitori, Barcellona Pozzo di Gotto dove si trasferì a soli 5 anni per studiare Medicina e Chirurgia e formarsi a Roma. In effetti, si specializzò tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Parigi compiendo numerosi interventi con la tecnica laparoscopica tra il Policlinico Gemelli e un importante istituto di Marsiglia. Conclusa questa sua intensa preparazione, finì per lavorare a Viterbo dove aveva vinto un concorso.
Per la sua bravura, forse, fu contattato proprio da Cosa Nostra per operare a Marsiglia uno dei più pericolosi boss esistenti, Bernardo Provenzano.
La sua specializzazione clinica e il suo soggiorno francese, durato un anno, avrebbero dovuto essere indizi essenziali per le indagini sulla sua morte.
Poco tempo fa, abbiamo raccolto le toccanti testimonianze della madre Angelina, del fratello Gianluca e del legale della famiglia Manca, avv. Fabio Repici.
La sesta commemorazione di Attilio mai come ieri è stata così partecipata perché su di essa pende la scure dell’archiviazione del caso, richiesta per la terza volta dalla magistratura di Viterbo lo scorso novembre. L’evento si è sviluppato con un corteo alle ore 15:00, dalla Prefettura di Viterbo al palazzo della Provincia, Piazza del Plebiscito – Presso il Comune. Successivamente, si è svolto un incontro – dibattito presso la sala conferenza della Provincia di Viterbo in Via Aurelio Saffi n. 49.
A partecipare Sonia Alfano, Presidente dell’ Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, il sen. Giuseppe Lumia, componente della Commissione Parlamentare Antimafia, Fabio Repici, Avv. dei familiari di Attilio Manca e Serenetta Monti, Associazione Grilli del Pigneto. Sono intervenuti i familiari di Attilio Manca e le Associazioni impegnate nella società civile. A moderare l’incontro Valeria Bonanno, che fa parte dello staff dell’on. Alfano. Ad organizzare proprio la europarlamentare di IdV insieme ai Grilli del Pigneto e ai giovani di Italia dei Valori di Viterbo.
Qui di seguito, riportiamo i commenti della stessa parlamentare attraverso un comunicato stampa diffuso due giorni fa per risvegliare l’operato della Procura viterbese:
“Il silenzio della città di Barcellona Pozzo di Gotto continua ad essere un ostacolo alla scoperta della verità sulla morte di Attilio Manca e l’indifferenza di molti impone una cappa su questo caso, creando disagio alla famiglia” afferma il Presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia. “La procura di Viterbo ha recentemente archiviato per la terza volta le indagini e – sottolinea Sonia Alfano – viene naturale interrogarsi sul perché di tanta leggerezza. Purtroppo in Italia è una consuetudine che i familiari delle vittime di mafia debbano indagare e trovare le prove sui mandanti e assassini dei propri cari, e io lo so bene perché ho dovuto farlo per l’assassinio di mio padre. Pertanto – aggiunge – vorrei sollecitare la procura ad approfondire ancora le indagini e a fare luce sui lati oscuri di questa terribile vicenda”. “La mia presenza a Viterbo – conclude la Alfano – per la commemorazione di Attilio insieme alla famiglia Manca intende ribadire il mio affetto e la mia solidarietà ed è fondamentale per continuare una battaglia che mi vede impegnata sia come Presidente dell’Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia che come cittadina.”
Il caso di Attilio fu frettolosamente archiviato come suicidio dopo un’autopsia che certificò la presenza nel sangue di quel cocktail di sostanze mortali tra cui anche l’eroina.
I genitori si opposero all’archiviazione sostenendo che il figlio fosse stata vittima di un delitto di mafia e che la sua morte sarebbe servita a coprire l’intervento eseguito a Marsiglia su Bernardo Provenzano.
Nel suo polso sinistro furono trovati due buchi, mentre sul pavimento fu individuata una siringa. E’ ormai nota la contestazione della famiglia Manca che si basa sulla condizione di Attilio di essere mancino e, se fosse stato lui ad iniettarsi la miscela letale, non lo avrebbe potuto fare nel polso sinistro ma in quello destro. Recentemente, la mafia – ha detto Angelina Manca in uno dei tanti incontri a cui partecipa – è riuscita a comprarsi uno dei cari amici di mio figlio facendolo testimoniare contro di lui proprio sulla storia del mancinismo”.
Siringa e sostanze stupefacenti nel sangue di Attilio (malgrado non ne abbia fatto mai uso, a detta di tutti i suoi conoscenti) non sono i soli reperti rinvenuti in quella casa: si fa riferimento anche a mozziconi di sigaretta e strumenti chirurgici posti sul tavolo del dottore e su cui si sarebbe dovuto praticare l’esame del DNA e verificarne le impronte. A tutt’oggi, ci sono molte incertezze su queste prove.
Nel gennaio 2005, saltano fuori le intercettazioni di Francesco Pastoia, che raccontava del viaggio di Bernardo Provenzano a Marsiglia nel 2003. Il 28 gennaio 2005, Pastoia fu trovato impiccato nella sua cella. In un altro fascicolo giudiziario, Provenzano si sarebbe sottoposto ad un intervento alla prostata alla clinica “La Ciotat” effettuato dal chirurgo Philippe Barnaud e dagli specialisti Breton e Bonin.
Durante questo viaggio, in base alla ricostruzione dei genitori di Manca, l’urologo avrebbe conosciuto il latitante corlenese. All’inizio del mese di novembre del 2003, infatti, il medico sarebbe stato a Marsiglia. Secondo la famiglia, la mafia di Barcellona Pozzo di Gotto avrebbe chiesto ad Attilio di unirsi all’équipe di Barnaud durante l’operazione boss. Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso non ha accettato questa versione dei fatti dichiarando Provenzano estraneo alla vicenda. “Dichiarare il suo coinvolgimento – affermano i congiunti di Manca – avrebbe significato ammettere che un latitante si fosse nascosto nel territorio messinese pur controllato dalle forze dell’ordine”.
Il legale della famiglia, l’avvocato Repici, il 17 giugno 2009 ha spiegato in più occasioni che la procura di Viterbo non ha esaminato adeguatamente né le prove trovate nell’appartamento di Attilio né le telefonate che riguardano i contatti con la vittima e quelle che confermano la latitanza del boss a Barcellona. Senza contare la figura del cugino di Attilio, Ugo Manca, che è stata totalmente trascurata dagli inquirenti malgrado avesse precedenti penali legati alla criminalità organizzata. Alla fine del 2008, la procura di Viterbo si è decisa a riaprire le indagini.
Tutti noi possiamo dare un giusto contributo a questa vicenda inviando mail alla Procura di Viterbo dove chiediamo di operare con maggior chiarezza nelle indagini di Attilio oppure aderendo ai gruppi su Facebook che lo riguardano (quelli seri): tutto purché non si rimanga INERTI ed IMPASSIBILI.