Il Burkini che divide

Il Burkini: una “schiavitù” imposta, secondo il parere di molti, da un Corano troppo severo e maschilista che pare essere seguito alla lettera dagli uomini di religione islamica. Non è passato molto tempo da quando siamo stati sommersi dai notiziari a proposito del Trattato di Schengen e del pericolo che questo maxi Paese senza confini rischiava di correre. Peccato però che si faceva fatica a parlare della possibilità, all’interno del Trattato stesso, di misure speciali in stati di emergenza che prevedono la chiusura delle frontiere. Questo l’argomento in voga sui quotidiani, in radio, ai telegiornali. Adesso, abbandonato Schengen, in perfetta sintonia con “l’islamofobia”, nasce il dibattito più acceso del momento: burkini si o burkini no? Il burkini è un costume da bagno da donna che copre interamente il corpo e la testa come se fosse una muta da sub.  Il burkini quindi come argomento mediatico principale scatenato dai fatti recenti in Francia, dove in alcune città è stato posto come divieto l’uso di questo famigerato indumento. Riflettendoci su, sembrerebbe che la Francia, alla luce degli ultimi attentati suicidi che ha subito, abbia bisogno di lanciare segnali forti alla popolazione per farla sentire al sicuro. Del resto è importante controllare la percezione di sicurezza del popolo. Peccato però che così facendo la Francia rischia di alimentare ostilità tra culture diverse che, mai come adesso, hanno bisogno di unirsi per far fronte ad una minaccia terroristica ormai sempre più vicina. Burkini no quindi perché troppo estremista come indumento. Burkini no perché è un chiaro abuso nei confronti della libertà della donna che è costretta dal proprio uomo a indossarlo. Ma proviamo ad immaginare una donna di religione islamica “costretta” ad indossare il burkini se vuole recarsi al mare. Immaginate che a quella stessa donna piaccia molto il mare e ops.. le viene vietato anche quello, e non dal marito e neanche dalla religione. Burkini si quindi perché sarebbe una libertà vietata, una libertà vietata due volte. Una discriminazione bella e buona. E allora è proprio questo il momento per sottolineare ancora una volta che è importante costruire una società in cui vige il rispetto delle culture differenti; è importante sottolineare che gli abusi contro le donne di religione islamica sono da denunciare, ma è altrettanto importante sottolineare che ci sono altrettante donne di religione islamica che non vivono di soprusi da parte dei loro uomini. Sfatiamo i qualunquismi, il terrorismo non è islamico. Il terrorismo sfrutta la religione per poter giustificare ingiustizie, abusi, violenze e ogni sorta di scellerata azione compiuta in nome di Allah.  Dalla storia possiamo imparare che la costruzione di continui pregiudizi, che faranno fatica a disintegrarsi, non porta a nulla se non ad un odio che viene alimentato giorno dopo giorno verso colui che è diverso. A riguardo, l’Imam di Firenze ha postato su un social network l’immagine di suore al mare in abito monacale per dichiarare il suo dissenso a proposito del polverone creatosi riguardo il costume. Il burkini è un costume da bagno, l’abito delle suore non lo è. L’abito delle suore è una sorta di divisa che tutte indossano in qualsiasi situazione di vita; il burkini non è un abito religioso ma semmai viene usato come indumento che sta ai canoni di  un modo di vestirsi indicato (è davvero così?) dalla religione. Le differenze tra i due indumenti sono tante e le varie segnalazioni hanno persino bloccato per qualche ora l’account dell’Imam.  Che male avrà mai fatto questo burkini? È chiaro che questa tematica stia incrementando sproloqui contro l’Islam, contro gli uomini islamici e contro le donne che da vittima, diventano le colpevoli di un proprio destino: colpevoli perché non in grado di ribellarsi al mostro! Ci siamo mai posti la domanda: quanto ne sappiamo davvero di Islam e della cultura? Quegli uomini e quelle donne in quale contesto hanno vissuto? La loro cultura che valori richiama? L’essere umano ha questo grande difetto: giudica. Non riesce proprio a farne a meno. La costruzione di categorie si sa che facilita l’uomo e la costruzione di pregiudizi lo caratterizza. Avete mai fatto caso che per indicare un pakistano, un afghano, un iraniano, un iracheno, un siriano non ci riferiamo alla sua nazionalità bensì a quella che pensiamo sia la sua religione? “Quello? Quello è musulmano!” Quanti di voi si sono chiesti da dove viene? Qual è davvero la sua religione? Se della Siria, sarà mica cattolico? Si perché la Siria, prima di essere devastata, era caratterizzata da una concentrazione di religioni miste. 
Per tornare al burkini, credo bisogni pensare allo stesso come un’alternativa ai bikini, ai trikini e al topless. Magari non garantirà la stessa abbronzatura di un due pezzi, le donne che lo indossano non avranno problemi di depilazione e forse, fuori dall’acqua, farà un po’ più caldo.. o forse no. Rimane comunque una valida alternativa che garantisce la libertà a tutte quelle donne che vorranno andare al mare e che , grazie a questa creazione, potranno “comodamente” farlo senza stare a guardare da lontano le “libere” occidentali. L’estate comunque sta finendo e il “problema” burkini tra qualche giorno sarà scomparso. Arrivederci quindi alla prossima estate.. e al prossimo burkini.