Era il 1995 quando Leoluca Bagarella, il boss corleonese a capo dell’ala stragista, erede nonché cognato di Totò Riina, venne definitivamente arrestato. Catturato mentre ritirava dei capi in un negozio di abbigliamento, ‘Don Luchino’ aveva degli occhiali da sole ed al collo una catena con la fede della moglie. Responsabile di efferatissimi crimini, nonché del rapimento e dell’uccisione, insieme a Giovanni Brusca, di Giuseppe di Matteo, allora tredicenne, colpevole di essere figlio di un pentito.
Mafioso ‘da sette generazioni’, Bagarella fu consegnato alla giustizia grazie al lavoro della procura antimafia di Palermo, diretta, in quegli anni dal procuratore Caselli.
Alfonso Sabella fu uno dei magistrati che partecipò alle indagini che portarono alla cattura del boss corleonese e di molti altri, di cui ha sapientemente narrato nel libro “Il Cacciatore di Mafiosi”, edito da Mondadori nel 2008.
E’ proprio il magistrato a raccontarci che diversi pentiti si soffermarono su questo rapporto molto forte che Bagarella aveva con la moglie, al punto tale che, alla morte di lei, lui avesse sospeso l’uccisione programmata di molti nemici, colpevoli di complotto nei suoi confronti.
La donna, Vincenzina Marchese, si tolse la vita pochi mesi prima della cattura del marito, a causa di un forte stato depressivo in cui viveva a seguito delle gravidanze, che non riusciva a portare a termine, e per la vergogna del fratello divenuto collaboratore di giustizia. Il suo luogo di sepoltura è tuttora sconosciuto.
A partire dal 14 Marzo 2018, RAI Due ha messo in onda la fiction “Il Cacciatore”, le cui vicende sono tratte dai racconti di Sabella.
Diretta da Stefano Lodovichi e Davide Marengo, la serie ha come protagonista un giovane magistrato del pool antimafia, ispirato alla figura di Sabella stesso.
David Coco, invece, ricopre i panni del boss Bagarella, e accanto a lui, nei panni della consorte Vincenzina Marchese, la palermitana Roberta Caronia, già celebre per, giusto per citarne qualcuno “I Fantasmi di Portopalo” e i numerosi altri successi sia cinematografici che teatrali.
Non un ruolo marginale quello della giovane moglie del boss corleonese, finora mai raccontata dalla pur ampia cinematografia a riguardo.
Raggiunta telefonicamente, Roberta Caronia ha saputo con chiarezza definire per noi i contorni di questa donna dall’essenza enigmatica.
“Io non la voglio mistificare, perché questa donna sapeva perfettamente quello che faceva il marito. Lei sicuramente non si è sporcata le mani, come succede alle donne di mafia in quegli anni, pero’ sapeva. Questa donna, come dicono anche Sabella nel libro, perché io sono partita dal libro per interpretarla, e Tony Calvaruso (collaboratore di Bagarella, poi divenuto collaboratore di giustizia ndr) poi, viene descritta come una donna che ha respirato aria di mafia sin da bambina.
Questa donna si ritrova ad essere amata e a vivere questa grande storia d’amore, che appunto è reale, non è stata inventata, tra Bagarella e lei, pur essendo lei molto invisa alla famiglia Corleonese.
Invisa intanto perché palermitana, e poi perché il fratello che era stato affiliato al clan dei corleonesi, ed è stato il primo pentito, collaboratore di giustizia, odiato quindi dalla famiglia Riina.
Lei quindi è sposata con Bagarella, che è l’erede ideale di Riina, fratello della moglie. Immaginiamoci la sua posizione: molto amata da questo uomo, ma è già un personaggio di per se scomodo, che vive fra due fuochi. Schiacciata nel doppio ruolo: moglie del capo, sorella di chi è andata contro il capo.”
Una donna che poi trova la fine della sua vita perché, si dice, tra le altre cose, che collegasse i crimini del marito, che pur amava tanto, al non riuscire a diventare madre…
“Si, c’è questo paradosso. Questa cultura di morte in cui questa donna cresce, fa sì che lei non riesca a coltivare la vita, e lei non riesce a restare incinta. Sappiamo per certo che ha avuto più aborti. Entriamo nella storia quando lei vive già questi drammi, poi si vedrà meglio nelle prossime puntate…
E’ già una donna spezzata. Quello che a me urgeva raccontare era appunto il suo essere una donna spezzata, con dei chiaroscuri. Non la vogliamo assolvere, so che può apparire un po’ così. Ma il male è molto più complesso. Ce lo insegna Dostoevskij. Questi personaggi sono tali che, lo stesso Sabella ne parla come esseri che vivono vicende, come appunto è quella di vincenzina, drammatiche. E’ un personaggio un po’ da tragedia greca, lei.”
Ti affidano spesso questi ruoli…
“A me danno sempre questi ruoli. Se non altro, in questo caso sono la moglie dell’antieroe…
Ora vediamo un po’ come si sviluppa e vediamo se sono riuscita a rendere.
Qua, ovviamente, si parla ovviamente di una vicenda reale, e drammatica…
Non voglio anticipare nulla, ma un percorso nell’Acheronte questa donna lo fa.
Sia perché vive nell’ Acheronte, in quanto vive con uno che potremmo definire come un trasportatore dell’ Ade, sia perché è costretta. E’ un personaggio complesso, con una psicologia difficile da raccontare. A proposito ringrazio gli sceneggiatori perché secondo me hanno scritto molto bene e in modo molto delicato e chiaro. Il male e il bene in questa serie non sono mai netti, separati in modo totale.
In tutto ciò è chiarissimo da che parte bisogna stare, che è appunto quella della magistratura, che ha una storia forte, ovviamente di successi, fortunatamente. Però tutti i personaggi hanno la loro forza.”
La particolarità è il fatto che si racconti di questa grande storia d’amore che non ci si aspetta, paradossalmente, da una vicenda simile…
“Ti dirò di più. Abbiamo parlato di questa cosa anche con David Coco, (Bagarella nella serie ndr). Noi non vogliamo sapere. Noi, persone sane, che abbiamo vissuto l’ antimafia, che crediamo, che abbiamo degli ideali, non vogliamo sapere che questa gente avesse anche un risvolto così umano. Perché ci infastidisce, è scomodo, è sgradevole. Noi vogliamo vederli come dei mostri, e questo ci rassicura, ci tranquillizza il sapere che non possono vivere nella porta accanto, e invece è così. Bagarella è stato latitante per anni, e tuttora Messina Denaro è latitante. Questa gente, in realtà, vive nella porta accanto. Non è mostruosa, nell’aspetto, ed ha una vita. E’ scomodo, ma è così.”
All’epoca i Bagarella facevano una vita sociale quasi normale…
“Quasi normale. Lei era una donna molto solitaria, certo. Abbiamo raccontato questa solitudine in un modo un po’ speciale, poi vedrete, pero’ sì, facevano una vita normale. Lei si prepara, si veste per lui, va dal parrucchiere per lui… Cose che noi non pensiamo, perché ci fa più comodo pensarli lontani da noi. E’ più facile isolare il male e pensare ‘tanto quella è altra cosa da me’.
La cronaca ci insegna, ahimè, che il male si scatena in luoghi assolutamente non per forza estranei. Questa poi, è gente che ovviamente lo faceva con metodo, che uccideva pianificando, per profitto.”
Una storia, quella narrata dalla fiction RAI, dove si mostra il lato quotidiano di molti dei criminali più feroci degli ultimi anni, come nel caso del boss Bagarella e dell’amore incondizionato verso la moglie.
Ma Roberta ci tiene a sottolineare che: “ Noi siamo cresciuti in una cultura completamente diversa, noi abbiamo vissuto l’antimafia. Noi palermitani di questa generazione, post 92. Per noi è davvero difficile affrontare personaggi così perché ci siamo formati in un’ideale alto. Per noi, il nostro mito sono i magistrati. Tutti noi ovviamente volevamo fare i magistrati. Ma quello che deve fare l’attore è indagare la natura di un personaggio, cercare di capire perché agisce in quel modo. E l’attore, poi, deve farlo senza giudizio. E’ strano, è difficile, ma è così.”