Il capitolo più doloroso è quello della giustizia

Sono tante, troppe, le vittime della strada. Si calcola che ogni anno in Italia scompaia un paese di 7.000 abitanti. Circa 300.000 rimangono feriti e, di questi, 20.000 con disabilità gravi. Un numero altissimo che evidenzia la scarsa sicurezza della nostra rete stradale da attribuire alle responsabilità delle istituzioni e alla mancanza di una cultura civile diffusa tra gli automobilisti.

 

Le notizie shock che ogni giorno vediamo nei telegiornali non possono essere derubricate come il frutto delle “cose che capitano”. È difficile cercare di giustificare con la motivazione del “caso” la morte di ragazzi appena usciti da una discoteca e schiantatisi contro un palo, o della nonna anziana con a spasso il nipotino travolta sulle strisce pedonali.

 

Sono tanti i nodi critici su cui riflettere e intervenire.

 

A partire dalla prevenzione, le istituzioni fanno poco o nulla sul campo educativo per formare soprattutto i giovani ad una guida responsabile che rispetti il codice della strada. Certo è difficile spiegare ai ragazzi di moderare la velocità quando solo qualche anno fa il ministro delle infrastrutture dichiarò che il limite di 130 Km/h in autostrada era un fastidio inutile. Come pure è difficile che sia la scuola ad assumersi l’onere della prevenzione, visto il taglio di migliaia di insegnanti di diritto operato dal ministro Gelmini.

 

Altro nodo delicato è quello della manutenzione della rete stradale, carente a tutti i livelli: statale, provinciale e perfino comunale, sia quando questa è in mano pubblica o affidata al privato. Spesso e volentieri viaggiando in autostrada o per la città si scorgono manti dissestati, guard rail divelti. Ricordo che poco tempo fa cascò un pezzo di ponte sulla Caltanissetta-Gela a causa del cemento impoverito utilizzato durante i lavori di costruzione dell’opera; per fortuna non vi fu nessun incidente, ma poteva accadere una tragedia. Per non parlare delle condizioni delle strade che collegano le zone montane, abbandonate all’usura del tempo e senza segnaletica.

 

Il capitolo più doloroso è quello della giustizia, o meglio dell’ingiustizia. In Italia, infatti, non vi è la certezza della pena. Le condizioni in cui versa il sistema della giustizia italiana, a causa dei tagli di risorse alla magistratura e alle forze dell’ordine, allungano i tempi delle indagini e dei processi. I pirati della strada possono anche permettersi di sperare nella prescrizione, mentre i familiari delle vittime vengono lasciati da soli col loro dolore e, nel migliore dei casi, ad accudire il parente disabile.

 

Di fronte a tutto questo è evidente che la patente a punti sia una trovata pubblicitaria, uno spot che ha dato pure qualche risultato, ma che non affronta il problema in modo organico e coerente. È necessario intervenire su ognuno di questi aspetti senza scorciatoie o spot propagandistici. Le soluzioni sono semplici e immediate e molte non hanno neanche bisogno di una legge, come ad esempio lo stanziamento di più risorse per velocizzare indagini e processi. Lo stesso vale per la manutenzione: non serve un provvedimento normativo, ma una maggiore attività di controllo e ispezione. Per quanto riguarda la prevenzione, invece, basterebbe approvare un disegno di legge che ho presentato in Parlamento sull’istituzione dell’ora di educazione alla legalità, all’interno della quale insegnare ai ragazzi l’importanza di una guida sicura per se stessi e per gli altri.

 

Giuseppe Lumia