La certezza di un castigo, benché moderato,
farà sempre maggiore impressione
che non il timore di un altro più terribile,
unito colla speranza della impunità;
perché i mali, anche minimi, quando sono certi,
spaventano sempre gli animi umani.
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, 1763
A molti di voi sarà capitato di vedere, in qualche film o documentario, scene di vita ambientate in quel mondo complesso e ai più sconosciuto … il carcere. Lo fa in chiave ironica, la sitcom televisiva “Belli Dentro”, lo ha fatto anche la trasmissione “Matrix”, mostrandoci una realtà disumana e infernale.
Scene di vita che ricostruiscono momenti della giornata di un detenuto . Di solito, l’ambientazione è la cella, e il resto lo fanno le sbarre, tante sbarre … qualora volessimo farci un idea seria di com’è la realtà carceraria, con la sua architettura interna appositamente pensata, vi consiglio il servizio di Chiara Cazziniga che citavo precedentemente, anche se , va precisato che si tratta di un servizio riferito ad una Casa Circondariale in particolare, quello di Poggio Reale.
Altra scena comune, che ha fatto più volte da location agli attori della trasmissione “Belli Dentro”, è la rappresentazione della cosiddetta “ora d’aria”, ossia quelle ore in cui il detenuto esce dalla cella e si reca in un’area priva di tetti, all’aria aperta appunto …. ma attenzione, quest’area non è aperta del tutto .
Immaginate un campo di forma quadrata, che si estende per circa 300-400 mq …. e un centinaio di persone che si godono il sole, alcuni giocano a carte, altri fanno footing, altri ancora socializzano mentre passeggiano … questo è probabilmente quello che succederebbe in un campo … nella normalità di una vita “libera”, ma quella di un detenuto, non è una vita libera , un detenuto non ha a disposizione il bel prato che ho pocanzi impresso nella vostra immaginazione.
Pensate allo stesso campo … togliete l’erba, rimane solo terra battuta di color marrone … recintate il terreno con una grande gabbia perimetrale circondata da alte mura di cemento, e da guardie … solo detenuti e guardie … guardie … uomini che hanno un preciso mandato che è quello di controllare, per un periodo più o meno lungo, la vita di altri uomini , ovviamente secondo quanto stabilito dal regime penitenziario, che regolamenta e stabilisce tutto, nulla lascia al caso, neanche le modalità di svolgimento di questi momenti di “svago” .
All’interno della grande gabbia, ci sono loro , i detenuti … immaginate … cosa fanno un centinaio di detenuti di sesso maschile … riuscite ad immaginare cosa possono fare in un ambiente simile?
Nella vita normale, questi uomini sarebbero accompagnati da donne e bambini, avrebbero organizzato un pic-nic , piuttosto che giocare a pallone, socializzare piuttosto che fare altro … nel carcere, per ovvie ragioni, questo non può avvenire. Quello che avviene lo potete in parte immaginare ….
… i vostri occhi stanno vedendo un gruppo di persone che si muovono nevroticamente all’interno di una grande gabbia, avanzano da destra a sinistra e subito dopo da sinistra a destra, senza fermarsi …. la sincronia li fa sembrare più automi che a uomini. È una specie di marcia … avanti e indietro … indietro e avanti come un unico corpo che non cammina , non corre, si muove a metà strada tra questi due comportamenti … il risultato è una visione innaturale, uno scenario irreale spiegabile banalmente col fatto che stare 18 ore in una cella, costringe per necessità a quel comportamento … ma la visione è dantesca …
Il carcere è oggi come ieri un’istituzione totalizzante che ha un preciso mandato ossia la rieducazione di colui che, dopo aver avuto un “incidente di percorso”, dovrebbe essere restituito alla società possibilmente equipaggiato di strumenti che gli consentono di affrontare le difficoltà senza imboccate strade sino ad allora battute, di fare scelte diverse..
La detenzione non serve a “pagare” il reato commesso. La filosofia della retribuzione non ha mai dato i risultati sperati e per tale motivo si parla oggi di pena rieducativa. Il tempo di permanenza in carcere dovrebbe essere totalmente incentrato sulla rieducazione ossia la possibilità di ridisegnare i contorni della vita di una persona, attraverso l’apprendimento di valori altri, della pratica alla legalità e al rispetto delle regole.
Questo è l’obiettivo della rieducazione, ma i problemi che affliggono le carceri di quasi tutta Italia, la rendono difficile e evidenziano che oggi più di ieri, a seguito dell’emergere di nuove forme di criminalità, di mutazioni di quelle esistenti, e del perpetrarsi di forme di violenza sempre più sconvolgenti, quest’opera di rieducazione somiglia sempre più spesso ad una missione.
Questo per diversi motivi. Il sovraffollamento, non è il solo problema e non credo sia strettamente connesso alla disponibilità numerica di celle da utilizzare … quello che deve farci riflettere è che il sovraffollamento incide sulla possibilità di avviare un adeguato programma di rieducazione del detenuto.
L’aumento del numero di detenuti di quasi il 50% della capienza regolamentare, cioè il numero di detenuti che un carcere può ospitare, significa in termini pratici e detto in modo spicciolo, che l’operatore penitenziario, civile o militare, anziché seguire 50 detenuti, dovrà dedicare a 100.
Non è difficile immaginare che questa condizione, fa sorgere non pochi problemi che si vanno a ripercuotere sul percorso individuale del detenuto verso il cambiamento, ma anche sulla qualità della vita dei detenuti e sul benessere lavorativo degli operatori stessi.
Nel nostro paese, si preferisce parlare di “allarme sicurezza” … si propone sempre la stessa soluzione, quella di costruire nuove carcere. Personalmente non credo sia la soluzione al problema perché, utilizzando una metafora medica, la costruzione di nuove carcere per arginare la criminalità è pari alla scelta di curare il sintomo e non la malattia.
Forse quello che andrebbe fatto è una riflessione profonda su tutto il sistema sanzionatorio. Questo può essere fatto, prevedendo ad esempio, per reati commessi da persone di scarso profilo criminale, per quei reati infimi, forme diverse di esecuzione pena … la pena potrebbe consistere in lavori socialmente utili, come ad esempio l’obbligo di pitturare gratuitamente 10 appartamenti.
Ma è solo un dei tanti esempi che si possono fare. Forse, in tal modo si agirebbe su più fronti: si alleggerirebbe il sovraffollamento, si agirebbe in un’ottica preventiva per la popolazione più giovane, nel senso che si eviterebbe l’apprendimento in carcere di nuove condotte criminali, grazie alla conoscenza di navigati criminali; sicuramente si migliorerebbe la qualità del trattamento intramurario. Quello che voglio dire è che dobbiamo iniziare a pensare a forme di trattamento alternative al carcere.
Questa riflessione non deve indurre a pensare che, poiché il carcere e una realtà alienante, va abolita .… me ne guarderei bene dal solo pensare ad una cosa simile, significherebbe veder decadere un principio fondamentale su cui si fonda la giustizia che è quello della certezza della pena … ma la pena, secondo il dettato costituzionale deve essere rieducativa e in questo modo rischia di essere nella migliore delle ipotesi, rieducativa per pochi, forse pochissimi detenuti particolarmente recettivi, nella peggiore delle ipotesi, diventa una vera discarica sociale.
Nicoletta Rosi