Il Carnevale Eoliano.

Il viaggio di una esploratrice, Vanessa Zerda Rueda, che indaga il lontano significato delle maschere eoliane, 2500 reperti, una collezione unica al mondo; ma il filone del viaggio, una sequenza di passi tra passato e presente, permette anche alla protagonista di fare  incontri eoliani;  con l’eterno rapporto del popolo delle isole con l’atto del mascheramento ma anche, ancestralmente e forse inconsapevolmente, con i riti di Dioniso il dio dell’ebbrezza che sovvertendolo rimarca l’importanza dell’ordine, il dio che dona anche la beatitudine eterna”.

Così sintetizza Francesco Cannavà il filo conduttore del suo documentario cinematrografico “Il Carnevale Eoliano – L’Isola delle Maschere”prodotto da B&B CINEMATOGRAFICA in collaborazione con SICILIA FILM COMMISSION  scritto da ALBERTO BERNAVA, FRANCESCO CANNAVA’, FABIO SAJEVA, musiche di Giovanni Puliafito e Riccardo Wanderlingh  e che conta un cast composto quasi completamente da messinesazzi  così afferma il produttore Alberto Bernava che aggiunge hanno raccontato attraverso un mezzo culturale fenomeni strani, unici della nostra terra. Penso ai turisti delle navi da crociera che il più delle volte  vagano senza una meta, perché questa città spesso non si racconta.  Il prof. Mauro Bolognari parla di un prodotto che può in parte essere un documento antropologico ma che sicuramente risulta interessante in quanto permette ai siciliani, con il sostegno del filmato e della fotografia, di riuscire a rappresentare sé stessi e raccontarsi .

La maschera come luogo di espressione e ritrovamento di una possibile alterità, di una fuga, premessa antropologica che nel Carnevale, ad esempio, sancisce la fine della morta stagione per festeggiare l’inizio della primavera. Il documentario si snoda attraverso una serie di interviste, principalmente a donne isolane, che raccontano attraverso il filtro del Carnevale, festa che Cannavà ha conosciuto grazie ai racconti di un eoliano Francesco Rizzo, il loro momento di oltrepasso del limite, stralci preminenti della loro personalità e della loro vita sull’isola. Questi ritratti sono intervallati da una serie di argomentazioni in merito allo straordinario patrimonio materiale ed immateriale che le isole possiedono; luoghi dove le donne pescatrici diventavano nell’immaginario collettivo le streghe buone, annunciate dal vento;aspetto che un luogo di Lipari, u volu di fimmini poi divenuto molu di fimmini ancora ricorda; luoghi dove il vulcano, origine di queste terre meravigliose, diventa con le sua presenza sempre viva, spazio in cui il diavolo si annida, in un continuo rimando di arrivo e trapasso. Il museo archeologico Luigi Bernabò Brea è l’approdo finale per la giovane, ad accoglierla la direttrice Maria Amalia Mastelloni che illustra la valenza e l’importanza di questo straordinario corredo funerario teatrale;la sua argomentazione si mescola con una toccante intervista storica a L. Bernabò Brea, che rinvenne le maschere a Lipari negli anni ’50. L’archeologo ne puntualizza lucidamente, comparandole con l’Onosmaticòn di Giulio Polluce e le più note tragedie antiche, il significato scenico nel mondo antico ma anche  gli aspetti storico-antropologici.

Vanessa nel suo intenso viaggio che la porterà a costruire il documentario incontra  ed osserva al lavoro il maestro Spada che ancora oggi realizza a mano nel suo piccolo e caratteristico laboratorio, le riproduzioni in terracotta delle antiche maschere eoliane a segnare una persistenza forte di quell’immagine.

Se oggi l’umanità conosce i tratti iconografici dei personaggi del teatro greco è proprio grazie a queste maschere; forse senza queste non sarebbe esistito Hollywood aggiunge Cannavà. 

Ed a proposito della valenza del tornare a fare qualcosa in Sicilia e per la Sicilia così risponde il regista

Vivo da diversi anni a Roma ma trovo la Sicilia un luogo sempre  di grande suggestione creativa ed intellettuale; mi piace raccontare ciò che ci permette di eccellere, le maschere sono solo un iceberg di un mondo ricco di cose da mettere in luce. Credo che sia anche una questione di impegno civile per provare a lottare contro la povertà e l’arretratezza che spesso è presente nella nostra terra. Per il futuro ancora Sicilia, infatti sto lavorando ad un documentario sul barone Von Gloeden

Raccontare permette, sempre e comunque, di non interrompere il filo della memoria, mette in luce e proietta saldamente nel futuro.