Non è un caso, potrebbe pensare qualsiasi indovino, che nell’anno in cui la Città di Messina ha approvato un piano di riequilibrio da 370 milioni di debiti, ricorra il centenario non solo della costruzione del suo palazzo Comunale ma anche quello del suo primo debito fuori bilancio. E, meraviglie delle meraviglie, sono proprio i soldi e le parcelle che non abbiamo pagato al progettista ed al direttore dei lavori a cui era stato affidato il compito di ricostruire il palazzo comunale dopo il Terremoto del 1908 che sono anche il primo debito dell’Amministrazione Comunale.
“Considero Palazzo Zanca, l’attuale sede del Municipio di Messina, sangue del mio sangue e nulla tralascerò perché esso venga, per quel che non è stato ancora eseguito , ultimato secondo il mio intendimento”. Con queste parole si apre un carteggio del 05.10.1924 con il quale l’Ing. Arch. Antonio Zanca, il progettista ed il direttore dei lavori di quello che è diventato il Palazzo posto al centro della città di Messina, rivendicava il diritto, l’onere e l’onore di aver posto la prima pietra nel lontano 1914 di una delle prime opere ad essere state ricostruite dopo il Terremoto. Come allo stesso professionista è toccato l’ingrato compito di essere il primo creditore dell’amministrazione comunale e numerose epistole lo vogliono intento a richiedere il giusto compenso per il lavoro svolto. La vendetta per il ritardo nei pagamenti di quanto dovutogli , però, non si è fatta attendere e palazzo Zanca riporta tra i suoi fregi quelli che invece di essere delfini sono “buddaci” (pesce che vive alla giornata, dotato di grossa testa e di una bocca grande e piena, capace di inghiottire di tutto. Ironicamente viene riferito ai messinesi perché definiti creduloni, chiacchieroni a vuoto e politicamente indifferenti) e perché non si potesse equivocare, il professionista ha preteso che nella bocca del pesce vi fossero scolpiti denti umani.
La Storia di Palazzo Zanca, di cui ricorre il centenario delle posa della prima pietra 1914/2014, s’interseca con quella di una città che pur rinata dalle sue macerie era nelle prime intenzioni dei governanti e dei regnati dell’epoca destinata a non essere più ricostruita. Forse anche per questo i contemporanei cittadini di Messina sembrano non amare particolarmente la loro città. La trattano male, la sporcano, non ne curano i pochi beni architettonici rimasti e soprattutto sembrano non averne una memoria storica e culturale.
E la mostra fotografica che fino al 26 di Settembre è stata allestita nel Salone delle Bandiere del Comune di Messina è la dimostrazione di uno spaccato storico che bisogna recuperare, di una verità che deve essere detta e scritta per non dimenticare chi siamo e da dove siamo venuti. Potremo apprezzare, allora, le foto d’epoca che ci mostrano qual era l’aspetto del palazzo comunale prima del terremoto, notare poi, che i danni del terremoto almeno relativamente al palazzo non erano così ingenti, tanto da poterlo ricostruire salvaguardando il maestoso colonnato che lo circondava quasi a volerne proteggerne il cuore, per arrivare a concludere che una visione di città moderna e contemporanea ha preferito abbattere il bello e storico del passato barocco, in massima parte distrutto dal terremoto, per affidarsi ad uno stile di linee dritte e massicce come sono le nostre strade e i nostri attuali palazzi monumentali.
Ma per parlare di questo e di molto altro è già previsto per sabato 27 settembre alla ore 17,00 nel Salone delle Bandiere del Comune la collocazione del ritratto bronzeo di Antonio Zanca e l’intervento del Sindaco Renato Accorinti, del Presidente del Consiglio Comunale Emilia Barile e dei relatori designati a raccontarci una storia che dopo tanto tempo ancora non conosciamo.
Pietro Giunta