Arrivano da Pisa al grido di “Vivere male, vivere tutti“, fanno folk/rock con testi impegnati e domenica hanno dato spettacolo nella nostra città. Abbiamo parlato con Andrea Appino, cantante e chitarrista degli Zen Circus, che ci ha raccontato qualcosa in più sulla sua band e sulla loro visione dell’Italia di oggi: “Sul palco ogni tanto sembriamo dei pagliacci, ci prendiamo poco sul serio, diamo spettacolo, come un circo“.
Appino è vistosamente esausto. Ha una birra fredda in mano, i capelli rossi tinti di recente e un entusiasmo ancora vivo, nonostante il concerto appena finito; il suo racconto comincia dalla nostra terra. Lui, Ufo (bassista) e Karim (batterista subentrato a Teschio) sono sulle scene da circa dieci anni, in cui hanno girato più volte l’Italia, incontrando più volte la Sicilia: “Suonare qua mi diverte tantissimo, c’è sempre un buonissimo riscontro di pubblico, si sente davvero il calore della gente. So che può sembrare un po’ una frase politicamente corretta, ma se dovessi trasferirmi e lasciare Pisa verrei quaggiù“. Parole non troppo di circostanza, dato che sua madre è originaria di Mazara del vallo. “In Lombardia suoniamo tre volte al mese in pratica, quindi è bello venire qui ogni tanto: non sempre ci sono esperienze positive al 100%, sarei ipocrita a dirlo, ma sicuramente quando lavori con gente che conosci i contrattempi sono ridotti al minimo e ti diverti di più“.
Il 2009 è stato un anno d’oro per i tre pisani, che con il loro ultimo lavoro (dal titolo quantomeno particolare) hanno raccolto consensi in ogni dove. Ma come mai è stato scelto come nome del disco ‘Andate tutti affanculo‘?
“È una provocazione, fondamentalmente. Un po’ un urlo liberatorio, ma dirlo a 16 è una cosa normale, quasi scontata; se -come noi- lo dici alle porte dei 40 è diverso. Con quest’album volevamo ritrarre la società odierna: 10 canzoni, ciascuna per un personaggio simbolo, ciascuno dei quali presente nell’Italia odierna. Sono ritratti qualunquisti, o meglio qualcunisti. Oltretutto anche il nome è quanto di più generalizzato e qualcunista possibile: andate tutti, non qualcuno in particolare. È lo specchio dell’Italia odierna, che generalizza tutto“.
Ecco, l’Italia di oggi: come la vedi dal punto di vista musicale e politico?
“Musicalmente siamo messi alla grande, c’è tanta roba bella in giro. Parlo specialmente per la nostra casa discografica, La tempesta: ci sono tanti ragazzi che sono in giro da tanto, e stanno tutti finalmente ottenendo il successo che meritano. Penso, per fare un esempio, al Teatro degli orrori o anche ad altri nomi importanti (Pan del diavolo, Moltheni…). Siamo messi bene, anche se -e parlo specie per noi- in Italia succede una cosa strana: se canti in italiano e fai un certo tipo di musica, vieni subito paragonato a nomi importanti come quelli dei cantautori del ’70. Non c’è niente di male, ne siamo onoratissimi, ma non è quello il nostro scopo, siamo abbastanza diversi. Comunque se dovessimo continuare così per altri dieci anni sarei davveri contento“.
E dal punto di vista politico?
“Io vedo una spaccatura totale. La gente è “arrabbiata”. Ai nostri concerti viene un certo tipo di gente, ragazzi che si rispecchiano in un certo stile di vita, in certe idee, in certi ideali, non condivisi dalla maggioranza del Paese. Io vedo in giro un clima di tensione che idealmente accosto a quello precedente alla seconda guerra mondiale. Ho paura della mancanza di curiosità della gente, ho paura dell’ignoranza che c’è in giro; Pasolini, è evidente, ci aveva visto lungo: questo è un processo che va avanti dagli anni ’60 e che non accenna minimamente a placarsi. Il brutto è che non c’è un unione di intenti, non c’è la rabbia collettiva, la gente non riesce ad unirsi per protestare. Ed è per questo che nei prossimi dischi ci andremo giù in maniera sempre più pesante, vogliamo contribuire a smuovere qualcosa“. A questo discorso va aggiunto quello che durante il concerto hanno detto a proposito del ponte sullo Stretto: “È giusto lottare per ottenere ciò che volete, anche se sembra che la democrazia non funzioni“.
Appino si accende un’altra sigaretta e prosegue.
“Anche qui da voi in Sicilia, o in Campania, purtroppo c’è la dominazione dell’ignoranza, che ha generato la mafia e la camorra. I territori più belli sono incredibilmente sprecati; la Campania è bella, bellissima, è un po’ la mamma d’Italia per le sue qualità, ma è in mano alla criminalità organizzata. Idem per la Sicilia, potenzialità enormi sprecate da presenze che ne danneggiano le principali qualità“.
Per finire, un paio di curiosità: da dove derivano i vostri nomi e quello del gruppo?
“Devi sapere in Toscana hai obbligatoriamente un soprannome: per me è stato facile, dato che Appino è il mio cognome, Ufo l’ho conosciuto proprio come Ufo e Karim usa il suo nome. Il gruppo invece prende il nome da due album degli Hüsker Dü, cioè Metal Circus e Zen Arcade. Li abbiamo uniti ed è venuto fuor Zen Circus“.
La birra è finita, il locale sta chiudendo e Appino sembra sempre più esausto: saluta, dando appuntamento a questa estate, quando a quanto pare dovrebbero tornare da queste parti. Sperando che, per allora, qualcosa stia già cambiando.