Il C.I.R.S., centro italiano reinserimento sociale, è una realtà che sconoscevo. Quando, durante la scorsa riunione, Dino uscì fuori questa novità fui subito attratta. Cos’è? Una casa famiglia? Un centro formativo? Una casa di reclusione? Niente di tutto questo! È una bella storia che dura ormai da più di 30 anni e che continua a fare la storia silenziosamente. Verso metà mattinata mi reco alla sede dell’ente senza nessuna aspettativa, senza alcun pregiudizio; sono li per imparare prima di tutto e poi per osservare. La struttura è divisa in due parti : al primo piano si possono trovare gli uffici e le “aule” per i corsi . Di cosa si occupa in particolare? È un ente morale a carattere nazionale presente in tutta Italia dal 1950(con il nome di C.I.I.D) quando un gruppo di donne, compresa la senatrice Merlin, fondano un’associazione con lo scopo di aiutare e assistere tutte quelle donne che avevano scelto di uscire dal mondo della prostituzione e di reinserirsi nella società. Nel 1958 la legge n. 75(nota come Legge Merlin )venne approvata e stabilì la chiusura entro sei mesi dall’entrata in vigore della Legge delle case chiuse, l’abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l’introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui. Oggi il target di riferimento è sicuramente più ampio e le problematiche diverse e per certi aspetti più complesse ma l’obiettivo principale rimane la promozione della donna attraverso un servizio di assistenza e protezione sociale. Cosa significa? Significa che la mission del C.I.R.S. è quella di proteggere le fasce più deboli della nostra società con l’apertura di strutture come case famiglie, case d’accoglienza, laboratori protetti e con l’organizzazione di corsi professionali per introdurre i giovani nel mondo del lavoro.
La Sede Provinciale di Messina, operativa nel 1957, fu costituita ufficialmente nel 1959, presieduta dalla Dott.ssa Maria Celeste Celi Curatolo. Il C.I.R.S di Messina oggi gestisce la casa famiglia “La Glicine” che ospita ragazze madri, gestanti e donne in difficoltà; i posti disponibili sono in tutto 20: 10 per adulti e 10 per i bimbi in modo tale da creare e garantire un rapporto di tipo “familiare”. La struttura che ospita l’ente, una delle migliori sedi italiane, si trova in pieno centro e dà alle ospiti la possibilità di vivere in un ambiente salubre: un giardino con altalene e scivoli; una veranda dove, quando il clima lo permette, si organizzano festicciole, eventi e si celebra la sacra messa e naturalmente le stanze per le mamme e i propri piccoli. La quotidianità della casa famiglia non è diversa da quella di una famiglia “normale” infatti è proprio per questo che l’ente è stato creato: per dare alle donne piena autonomia morale e materiale.
La casa famiglia non è né un collegio né un rifugio sempiterno e chiunque sia ospitato li sa bene che è come essere sotto incubatrice: prima o poi devi uscire e respirare a pieni polmoni, deve affrontare la vita e saperla prendere dalle corna. Ecco se dovessi paragonare la casa famiglia a qualcosa la paragonerei proprio ad una incubatrice: un luogo nel quale i bimbi troppo deboli o nati prematuramente hanno la possibilità di rimettersi in pari, di essere forti come tutti gli altri per poter vivere con gli altri. L’equipe di lavoro del centro è costituita dalla presidente ,la vice presidente, la tesoriera e la responsabile della casa. Ad aiutare le giovani in difficoltà c’è anche una psicologa, un’assistente sociale e un’avvocatessa che offre consulenze legali a costo zero in materia di divorzio, separazione, assegni di mantenimento per il coniuge e i figli, mediazione per una risoluzione pacifica dei conflitti familiari, affidamento e riconoscimento dei figli e ogni problematica connessa al diritto di famiglia.
L’ente , in memoria della fondatrice, ha aperto il GRUPPO CASA PROTETTA “VIA F.TODARO” un progetto sperimentale di autogestione; infatti Il C.I.R.S. è proprietario di un appartamento in via F. Todaro che dopo essere stato ristrutturato ospita 4 giovani donne autonome che si autogestiscono. La casa protetta serve alle donne che hanno finito il programma educativo ma che non possono essere lasciate a sé stesse per carenza di alloggi o perché ancora non sono autonome dal punto di vista economico.
La mia visita al C.I.R.S in compagnia della signora Clara,che si occupa di formazione, non è finita! Proprio per garantire alle donne un futuro migliore è nata la Cooperativa sociale Gruppo Libero Città in Fiore il cui credo principale è : non c’è integrazione sociale senza quella lavorativa. Il progetto della cooperativa è nato dalla collaborazione del C.I.R.S. con il Dipartimento Salute Mentale Messina Nord dell’ASL N.5 . Attualmente questo progetto può contare di aver effettuato interventi di riqualificazione degli spazi verdi della nostra città e ha come obiettivo l’inserimento nel mercato solidale, attraverso la vendita alle amministrazioni pubbliche, alla catena alberghiere, agli organizzatori di congressi per offrire gadgets particolarmente significativi.
Come si entra a far parte della casa famiglia?
Il C.I.R.S. si affida agli assistenti sociali, al tribunale dei minori e agli altri uffici preposti per la segnalazione di casi borderline. Pensate che sia abitate solo da donne proveniente dalle borgate cittadine? Sbagliato! La presidente mi spiega che spesso hanno ospitato studentesse universitarie della Messina bene picchiate dal padre o violentate dallo zio. Insomma come è facile immaginare non bisogna nascere in periferia per essere picchiate o abusate.
Non è necessario entrare in casa famiglia per usufruire dei servizi del C.I.R.S. perché ha al proprio interno un personale vario :psicologhe e assistenti sociali sono in grado di intervenire qual’ora tramite una telefonata una donna sia in cerca d’aiuto. Il gruppo d’ascolto è innanzitutto un modo per placare situazioni ingestibili e per guidare l’utente che chiama verso la soluzione: carabinieri, polizia, 118…
Note dolenti
La presidente Maria Celeste Celi mi spiega che da anni cerca di sensibilizzare l’amministrazione locale e regionale sui finanziamenti economici del sociale. “Spendere nel sociale- mi dice- non è una perdita di denaro ma un investimento” ; è chiaro che una donna in galera o in un istituto psichiatrico costa molto di più allo stato rispetto ad una ragazza che studia, lavora per poi produrre e spendere. “Noi abbiamo dovuto organizzare tutta una serie di attività d’autofinanziamento che ci consentono di pagare il personale necessario (che deve essere presente per legge) e le spese per le medicine e i viveri. Abbiamo chiesto più volte fondi al Comune motivandoli con le carte, con le fatture e preventivi economici, il messaggio non è ancora stato recepito”. Il concetto è semplice il volontariato, in generale, da un servizio migliore a un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello del pubblico. “Ognuno deve dare qualcosa a questo mondo, è una questione di civiltà e democrazia, deve essere la normalità e non un fatto straordinario” e non si può non essere d’accordo con le parole della presidente Maria Celeste Celi, “ Non siamo eroine, nessuno qui lo è, quello di cui la società ha bisogno è CITTADINANZA ATTIVA.
Speriamo che l’appello e le lotte del C.I.R.S. non siano inascoltate e che presto potranno riprendere i preziosissimi corsi contro la dispersione scolastica che da quest’anno sono stati sospesi perché le scuole non denunciano e coprono queste situazioni. In bocca al lupo ragazze!