Non bisogna abbassare la guardia perché la società resta (Di.Be.Ca. Sas), quei terreni sono ancora in mano alla società essendo stati dissequestrati. Per cui l’appello che uno può fare al Consiglio Comunale di Barcellona P.G. è di revocare tutti gli atti che hanno portato al cambio di destinazione d’uso dell’area e che ha consentito l’operazione del Parco Commerciale di Barcellona P.G.
A parlare è il Giornalista Antonio Mazzeo che abbiamo deciso di sentire in merito al definitivo annullamento del provvedimento che aveva aperto la strada al Parco Commerciale di Contrada Siena, promosso dall’immobiliare “Di.Be.Ca”, società che sarebbe riconducibile all’avvocato barcellonese Rosario Pio Cattafi, attualmente detenuto al 4 bis. e che già in secondo grado si è visto condannare a una pesante pena nell’ambito dell’operazione antimafia Gotha III.
Sull’argomento era intervenuta una nota dell’Associazione Antimafia Rita Atria che manifestava apprezzamento e soddisfazione per il passaggio in giudicato della Sentenza del Tar del di Catania che ha messo un punto fermo, almeno dal punto di vista amministrativo, all’intera vicenda del Parco. “Una sentenza che ha confermato le valutazioni espresse nell’esposto presentato il 4.01. 2011 dall’Associazione Antimafia “Rita Atria” e dalla associazione “Città Aperta” al Prefetto di Messina e alla Procura della Repubblica di Barcellona P.G.”, si può leggere nella nota.
Ma ovviamente la storia non è finita. Un processo penale con 15 indagati per reato di abuso d’ufficio in concorso determinato dall’altrui inganno, la costituzione del Comune di Barcellona P.G. e dell’Associazioni Antimafia Rita Atria quali parti civili nel processo penale e in sede civile una richiesta di risarcimento danni di 2 milioni di euro avanzata dalla società Di.Be.Ca. Sas – proprietaria dei terreni e composta in massima parte dai familiari dell’avvocato Rosaria Pio Cattafi- avanzata nei confronti del Giornalista Antonio Mazzeo- reo di aver con i suoi articoli scoperto verità scomode che hanno messo in moto la magistratura e impedito la realizzazione del progetto commerciale- stanno a dimostrare che la storia è tutta ancora da scrivere e che è ancora possibile fare inchieste di giornalismo antimafia che non si fermino all’autoreferenzialità e all’autocelebrazione.
La società Di.Be.Ca. Sas era di proprietà esclusiva di Cattafi e poi è stata trasferita alla madre alla sorella e al figlio, continua Antonio Mazzeo. Questo significa che la Società esiste, i terreni sono in mano a questa società e la variante al piano regolatore di Barcellona P.G. è operativa. Pertanto il Consiglio Comunale deve assolutamente, come del resto la Giunta, revocare le autorizzazioni date al Piano Regolatore.
In altri termini il Tar ha posto rimedio solo a dei problemi procedurali e ciò significa che si risolvono questi problemi nulla vieta che tra qualche anno potrebbe essere riproposto il progetto del Parco Commerciale o un altro progetto. In ogni caso, avendo già la variante al piano regolatore approvata, sarebbe la solita operazione speculativa da una parte e con un impatto ambientale devastante dall’altra parte. Se, infine, consideriamo che l’architetto, il dominus di tutta l’operazione era l’avvocato Rosario Pio Cattafi, diventa precondizione, per un principio di legalità e di giustizia, che il Consiglio Comunale di Barcellona P.G. metta una pietra tombale sopra l’intera vicenda.
Se, alla fine, prendiamo atto che sul progetto commerciale vi è un giudizio del Tar che conferma che vi sono state delle irregolarità procedurali, un procedimento penale in corso, una Commissione Antimafia che insediatasi a Messina ha dedicato una parte della sessione proprio all’intera vicenda, il silenzio del Consiglio Comunale di Barcellona appare assordante, come pretestuosa appare essere la richiesta di risarcimento milionario avanzata contro Antonio Mazzeo. Richiesta di 2 milioni di euro che invece d’apparire come il ristoro di un danno patito, ancora tutto da provare, sembra acquistare i contorni di un tentativo di farla pagare al giornalista impiccione e ficcanaso o un mezzo per tentare di riuscire a tappargli la bocca.
Ma oltre gli articoli di Antonio Mazzeo la storia ha visto la sua svolta anche con l’esposto dell’Associazione Rita Atria che nel Gennaio del 2011 aveva proceduto a denunciare la vicenda del Parco Commerciale ed è da esso che prendono via le indagini della Procura di Barcellona P.G e che vede un procedimento penale aperto per il reato d’abuso nei confronti di 15 persone tra tecnici del Comune di Barcellona e progettisti.
A parlarne è Carmelo Catania, rappresentante provinciale per Messina dell’associazione Rita Atria. Non mi sembra che su tutta la vicenda si sia valorizzato l’apporto dato dalle associazioni Rita Atria e Città Aperta, perché sono state queste due associazioni che hanno presentato il famoso esposto cha ha visto un processo penale aperto, una procedura prefettizia d’accesso agli atti al Comune di Barcellona, la costituzione di parte civile nel processo penale, la presentazione alla commissione antimafia di tutta la documentazione.
Documentazione che non si è limitata alla sola storia del Parco Commerciale ma che ha interessato anche altre realtà come da comunicato che riportiamo integralmente.
“Oggi, nel corso della seconda giornata della missione in provincia di Messina della Commissione nazionale antimafia, presieduta dall’On. Rosy Bindi, si è tenuta l’audizione dell’Associazione antimafia “Rita Atria”. È la seconda volta che l’Associazione antimafia “Rita Atria” viene sentita dalla Commissione. Recentemente sono state recepite alcune nostre proposte in tema di Testimoni di giustizia. L’Associazione, quale osservatorio sociale sul territorio, ha evidenziato ai membri della commissione come da un’analisi sintetica delle ultime indagini condotte dalla Dda messinese sia emerso che in provincia di Messina, e con particolare riferimento alla zona tirrenica, le associazioni mafiose abbiano: perseguito l’obiettivo del controllo, pieno e incondizionato, del lucroso settore degli appalti pubblici interessandosi alle più grandi e rilevanti opere pubbliche (raddoppio della linea ferroviaria Messina-Palermo, completamento dell’autostrada Messina-Palermo, lavori di metanizzazione, realizzazione di alcuni parchi eolici), realizzate nell’ultimo quindicennio nella provincia di Messina e nei territori limitrofi; pesantemente infiltrato la gestione dei servizi di pubblica utilità; condizionato l’attività politico-amministrativa di alcuni comuni che, in almeno due casi (2005 e 2009), hanno portato allo scioglimento degli organi amministrativi.
Sulla scorta di quest’analisi l’Associazione ha segnalato alla commissione due casi emblematici del tema oggetto dell’audizione odierna, ovvero le infiltrazioni nella pubblica amministrazione e negli enti locali: la vicenda del parco commerciale di Barcellona Pozzo di Gotto (denunciate da un’inchiesta giornalistica di Antonio Mazzeo), in merito alla quale è stato presentato il 4 novembre 2011 un esposto – a firma di Associazione Antimafie “Rita Atria”, Associazione “Città Aperta” Barcellona P.G., Presidio “Rita Atria” Libera Milazzo-Barcellona – al Prefetto di Messina e al Procuratore capo di Barcellona Pozzo di Gotto cui è seguito l’apertura di un procedimento penale presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto; l’interesse della famiglia barcellonese circa gli esiti delle amministrative del maggio 2007 presso i comuni di Furnari, Mazzarrà Sant’Andrea e Novara di Sicilia, l’imposizione di trasporti e forniture in numerosi appalti pubblici del comprensorio barcellonese e nella gestione del settore delle discariche di Mazzarrà Sant’Andrea e Tripi.
Nel corso dell’audizione, oltre a rispondere alle domande dei deputati sulla gestione del sistema di smaltimento dei rifiuti in Sicilia, l’Associazione ha avanzato anche una serie di proposte – alcune delle quali peraltro già contenute nella Relazione Roberto Garofoli “Per una moderna politica antimafia” – relative a: infiltrazione mafiosa negli enti locali (ampliare l’incandidabilità e il novero degli enti nei cui confronti possano essere effettuati i controlli sulle infiltrazioni mafiose, con esplicita previsione delle società partecipate o dei consorzi pubblici anche a partecipazione privata), collaboratori di giustizia (introduzione di correttivi al fine del superamento della rigida previsione del termine massimo entro il quale il collaboratore deve rendere le sue dichiarazioni), confisca e destinazione a fini sociali (cooperative di giovani lavoratori) dei beni mafiosi o frutto di corruzione o di evasione fiscale, per rendere più incisiva la lotta alla criminalità organizzata e per agire con più efficacia sul campo della prevenzione.”
Pietro Giunta