A Maggio si parla sempre tanto di mafia. Si inizia il 1° maggio, ricordando la strage di Portella della Ginestra, i colpi di fucile su una folla di contadini e operai scesi in piazza per riprendersi la festa che il fascismo aveva cancellato. Si continua ricordando Peppino Impastato e il suo corpo dilaniato da una carica di tritolo esplosa il 9 maggio ‘78.Turi Carnevale, bracciante e sindacalista CGIL ucciso il 16 maggio 1955: lui, come tanti altri sindacalisti che nella Sicilia del latifondo guidarono le lotte dei braccianti per l’occupazione delle terre incolte, fu punito a sangue freddo. Colpi di fucile sparati dritti al petto, bombe fatte esplodere nelle camere del lavoro, morti ammazzati dalla mafia (col beneplacito della Democrazia cristiana e pezzi dello Stato) fatti passare per suicidi, delitti impuniti e archiviati.Il 23 maggio abbiamo ricordato Capaci, la strage che vent’anni fa tolse la vita ai magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Il giorno dopo abbiamo commemorato Placido Rizzotto, sindacalista e politico, quest’anno i funerali di Stato, coi resti di un uomo ritrovati nel 2009, 61 anni dopo la morte, e con un processo finito senza colpevoli.
E si potrebbe continuare a citare vite spezzate, morti impunite. Ma la mafia non è solo quella che ha insanguinato o insanguina le strade, non è solo quella che spara e fa saltare in aria. Noi della FILCAMS lo sappiamo bene, conosciamo la pervasività delle mafie nel sistema economico-imprenditoriale, sappiamo quanto sfumato sia il confine tra economia legale e economia illegale, come la criminalità organizzata entri nei circuiti dell’economica legale, ricicli i capitali che arrivano dal traffico di droga, armi, essere umani, di migranti. Sono le aree agricole trasformate in aree commerciali per realizzare i mostri della grande distribuzione, i megacentri commerciali, la sanità pubblica e privata, i finanziamenti nazionali ed europei, gli appalti di forniture e servizi, gare truccate, imprese legate ai clan, fornitura di materiali scadenti, imposizione di ditte sub-appaltatrici, luoghi blindati dove i sindacati non possono entrare, corruzione e assenza di controlli. Sono la gestione dei grandi eventi e degli stati di emergenza, L’Aquila, l’Expo di Milano, il G8 della Maddalena. Sono le grandi speculazioni edilizie, alberghi di lusso, palestre, strade, forse anche scuole e caserme. In Italia, mafie, corruzione e evasioni sommano 560 miliardi l’anno.
Dal Sud Italia le famiglie criminali sono approdate al Centro-Nord (Lazio, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna), hanno colonizzato e fatto affari in tutti i continenti. Dal narcotraffico in Sud America ai ristoranti e le pizzerie della Germania, dai diamanti del Sud Africa alla cementificazione delle coste in Spagna, dai paradisi fiscali nel cuore dell’Europa ai paesi dell’Est e ai finanziamenti dell’Unione Europea.
Un’economia mafiosa globalizzata che intossica il mondo. E allora se il fenomeno è globale, se la potenza pervasiva delle mafie non ha confini, se la partecipazione alle gare di appalto va oltre i confini del nostro Paese, le politiche di contrasto alle infiltrazioni mafiose non possono che avere un carattere e una dimensione sovranazionale, almeno europea: una normativa comune che abbia come caposaldo la trasparenza, il coordinamento e integrazione delle legislazioni, delle polizie e delle magistrature.
Fondamentale è intervenire su appalti e subappalti, uno dei principali strumenti attraverso cui le mafie si inabissano nell’economia legale con la faccia pulita di un prestanome, di società efficienti e moderne e senza alcuna evidente irregolarità. Il divieto di ricorso al massimo ribasso negli appalti pubblici deve essere sancito per legge. Nessun imprenditore onesto, che paghi tasse, contributi, rispetti il CCNL e utilizzi materiali di qualità, può competere con imprese criminali. Le imprese criminali non devono guadagnarci, devono solo riciclare i proventi illeciti e colludersi con la politica. L’Europa deve agire: sono utili, ma non bastano gli accordi e i manuali per l’offerta economicamente più vantaggiosa che le parti sociali europee hanno presentato qualche anno fa. Non bastano, perchè non sono vincolanti e immediatamente applicabili. E non bastano, perchè non nominano il problema e un problema senza nome è un problema che non si affronta.Da tempo la FILCAMS CGIL chiede che il massimo ribasso venga abbandonato a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in cui oltre al prezzo si consideri la congruità dell’offerta, la qualità del lavoro e del servizio, la regolarità contributiva e amministrativa di appaltatori e subappaltatori. Serve che si chiariscano le regole che normano gli appalti sotto soglia, che ci sia un coordinamento europeo che consenta a tutti gli enti pubblici di consultare una banca dati ad hoc per identificare le imprese vicine o controllate dalle mafie (appaltatori, subappaltatori o fornitori) e la possibilità concreta di escludere le imprese in odor di mafia dalle gare o in corso d’opera.
Anche se non si vedono nella dimensione criminale della violenza e del sangue nelle strade, le mafie puzzano ancora di morte, puzzano di soprusi, sopraffazione, puzzano di ricatti e di silenzio, sfruttamento del lavoro, puzzano di collusione alla politica, raccontano solitudine, uno Stato (e un’Europa) che non c’è, raccontano povertà, la resa al bisogno, al bisogno di campare. Per contrastarle serve volontà politica, la consapevolezza che la mafia non sia una vicenda italiana, serve coordinamento europeo.Finora a livello europeo è mancata la giusta consapevolezza, tanto che la riforma della direttiva in materia di appalti su cui la Commissione europea sta lavorando, sacrifica i controlli e la trasparenza sull’altare della concorrenza tout court. Di contro all’interno del Parlamento europeo si iniziano a fare alcuni passi nella direzione giusta.A Settembre 2011 la Commissione del Parlamento europeo sul Commercio Internazionale ha approvato un emendamento al Libro Verde presentato dalla Commissione europea che prevede l’esclusione dalle gare d’appalto indette in tutti i paesi UE delle imprese legate ai boss. L’emendamento recita: «(si) ritiene che il reato di mafia o di criminalità organizzata con sentenza passata in giudicato in uno Stato membro costituisca motivo di esclusione da una gara ad evidenza pubblica per un’impresa europea ed extraeuropea in tutti gli Stati membri dell’Unione». Bene! Peccato che il reato di associazione mafiosa esista solo in Italia… Senza che il reato associativo venga inserito in tutti gli ordinamenti, per dirla con Giovanni Falcone, “è come pretendere di fermare un carro armato con una cerbottana”.
Sempre il Parlamento europeo ha istituto a marzo 2012 una commissione speciale contro il crimine organizzato, il riciclaggio di denaro sporco e la corruzione. I deputati europei hanno un anno di tempo per indagare l’impatto dell’attività mafiosa nell’economia legale e ragionare attorno alla proposta di una direttiva per la confisca dei beni a livello europeo (e magari anche sul loro riutilizzo a fini sociali).
Nei prossimi mesi, la lotta alle mafie sarà uno dei terreni su cui si sperimenterà la capacità di integrazione degli Stati, la capacità di agire un’azione autenticamente politica, la capacità di essere “Unione” politica che si ponga il tema del benessere e della sicurezza dei suoi popoli.