Il convoglio ignorato

Alla fine ce l’hanno fatta.

I 73 ragazzi italiani del Co.R.Um. (Convoglio Restiamo Umani) partiti per Gaza in occasione della commemorazione della morte di Vittorio Arrigoni ad un mese dalla sua scomparsa, sono riusciti ad attraversare il valico di Rafa, da decenni blindato e sorvegliato dall’esercito egiziano.

 <<Il nostro intento -racconta Max Valenti, attivista trapanese residente a Berlino- era ricordare Vittorio manifestando nel giorno del Naqba (il “disastro” che ha visto deportati nel 1948 migliaia di palestinesi dal neonato stato di Israele, ndr) insieme alle centinaia di giovani palestinesi che hanno condiviso con lui lotte e rivendicazioni. Non ci aspettavamo un risultato così importante. L’emozione è stata fortissima. Eravamo tutti consapevoli che in quel momento stavamo scrivendo un pezzo di storia. Il ministro degli esteri egiziano Nabil el Arabi aveva annunciato nei giorni scorsi la riapertura del valico, rompendo simbolicamente ogni forma di servilismo al governo di Israele, ma non speravamo, quando siamo partiti, di riuscire a passare. Fino a qualche giorno prima, alcuni giornalisti europei erano stati respinti e la stessa Farnesina si era mostrata pessimista.>>

 Ad aspettare i connazionali di Vik, al di là del muro, centinaia di giovanissimi palestinesi.

 <<Se non fosse stato per loro -continua Max- non sarebbe sato possibile organizzare il Convoglio ed il viaggio stesso. Attraverso un tam tam di email e messaggi sui social network, sono riusciti a farci giungere suggerimenti preziosi e a raccogliere un numero importante di adesioni alla nostra iniziativa. Durante le quattro ore che le guardie hanno impiegato per controllare i nostri documenti, sono rimasti tutti dall’altra parte del valico e non hanno smesso un attimo di supportarci. Quando alla fine il cancello si è aperto, ci hanno accolti cantando “Onadekom” (il pezzo dedicato a Vittorio Arrigoni, ndr,) e “Bella Ciao”.>>

 <<Che parte ha avuto la politica italiana nell’organizzazione del Co.R.Um?>>

 <<Nessuna. Abbiamo preferito lasciare fuori ogni rivendicazione partitica. Il nostro scopo era ripercorrere quanto Vik ha fatto in quei luoghi e commemorare il suo operato con le persone che a Gaza lo conoscevano meglio. Qualsiasi presenza istituzionale avrebbe snaturato il nostro intento.>>

 <<E i media? In Italia, che attenzione vi hanno dedicato?>>

 <<Molto poca. Solo i pochi giornalisti che ci hanno seguiti nel viaggio hanno parlato della nostra “spedizione”.>>

 <<Che palestina sognano gli “amici di Vik”?>>

 <<A Gaza abbiamo avuto modo di conoscere piuttosto bene le stesse persone che hanno combattuto fianco a fianco con Vittorio. Si tratta di ragazze e ragazzi giovanissimi, da tredici a non più di trent’anni, che sognano una vita ed un’identità nuove. Trascorrono le loro giornate facendo i conti con una vita distrutta dall’assedio e dall’embargo e sono continuo oggetto di vessazioni sociali ed economiche da parte di Israele. Basti pensare al razionamento dell’acqua, di cui il governo israeliano è al contempo proprietario ed unico fornitore, o alla condizione dei contadini nella “buffer zone”, zona cuscinetto al confine di Gaza, che rischiano giornalmente di diventare bersaglio dell’artiglieria nemica se soltanto si avvicinano alle proprie terre.  Nonostante tutto però l’attivismo dei giovani di Gaza non trova il proprio movente nell’odio, ma vuole costruire arte e cultura. È questa la loro vera “opposizione”. Si tratta  di un movimento esistenziale il cui motto, oramai, è “restiamo umani”.>>

 <<Dopo il successo dell’apertura di Rafa e all’indomani delle dichiarazioni di Obama su Isralele, che cosa si aspettano i giovani palestinesi dalla politica internazionale?>>

 <<C’è purtroppo molta disillusione nei confronti delle potenze occidentali. Negli anni sono stati troppi i compromessi con Israele e troppi gli accordi mai rispettati. Questi giovani ripongono una fiducia maggiore senza dubbio nelle azioni dal basso. Cercano appoggio per una capillare trasmissione di notizie e rivendicazioni, chiedono solidarietà per diffondere azioni quali il boicottaggio dei prodotti israeliani e contano molto anche soltanto sulla presenza fisica in palestina di chi, come Vittorio, sia disposto ad appoggiare attivamente e concretamente la loro causa.>>

 

Natya Migliori